Punti di vista da un altro pianeta

sabato 16 aprile 2011

Restiamo umani

"Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola" mi dice Jamal, chirurgo dell'ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. "Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l'ultimo miagolio soffocato." Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua: "Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell'opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste..." Il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. "Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l'ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati." A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito.

Poco prima mi ero intrattenuto in una discussione con il dottor Abdel, oftalmologo, circa i rumors, le voci incontrollate che da giorni circolano lungo tutta la Striscia secondo le quali l'esercito israeliano ci starebbe tirando addosso una pioggia di armi non convenzionali, vietate dalla Convenzione di Ginevra. Cluster bombs e bombe al fosforo bianco. Esattamente le stesse che l'esercito di Tsahal utilizzò nell'ultima guerra in Libano, e l'aviazione USA a Falluja, in violazione delle le norme internazionali. Dinnanzi all'ospedale Al Auda siamo stati testimoni e abbiamo filmato dell'utilizzo di bombe al fosforo bianco, a circa cinquecento metri da dove ci trovavamo, troppo lontano per essere certi che sotto gli Apache israeliani ci fossero dei civili, ma troppo tremendamente vicino a noi. Il Trattato di Ginevra del 1980 prevede che il fosforo bianco non debba essere usato direttamente come arma di guerra nelle aree civili, ma solo come fumogeno o per l'illuminazione. Non c'è dubbio che utilizzare quest'arma sopra Gaza, una striscia di terra dove si concentra la più alta densità abitativa del mondo, è già un crimine a priori. Il dottor Abdel mi ha riferito che all'ospedale Al Shifa non hanno la competenza militare e medica, per comprendere se alcune ferite di cadaveri che hanno esaminato siano state prodotte effettivamente da proiettili al fosforo bianco. A detta sua però, in venti anni di mestiere, non ha mai visto casi di decessi come quelli portati all'ospedale nelle ultime ore. Mi ha spiegato di traumi al cranio, con fratture a vomere, mandibola, osso zigomatico, osso lacrimale, osso nasale e osso palatino che indicherebbero l'impatto di una forza immensa con il volto della vittima. Quello che ha detta sua è totalmente inspiegabile, è la totale assenza di globi oculari, che anche in presenza di traumi di tale entità dovrebbe rimanere al loro posto, almeno in tracce, all'interno del cranio. Invece stanno arrivando negli ospedali palestinesi cadaveri senza più occhi, come se qualcuno li avesse rimossi chirurgicamente prima di consegnarli al coroner.

Israele ci ha fatto sapere che da oggi ci è generosamente concessa una tregua ai suoi bombardamenti di 3 ore quotidiane, dalle 13 alle 16. Queste dichiarazioni dei vertici militari israeliani vengono apprese dalla popolazione di Gaza, con la stessa attendibilità dei leaders di Hamas quando dichiarano di aver fatto strage di soldati nemici. Sia chiaro, il peggior nemico dei soldati di Tel Aviv sono gli stessi combattenti sotto la stella di Davide. Ieri una nave da guerra al largo del porto di Gaza, ha individuato un nutrito gruppo di guerriglieri della resistenza palestinese muoversi compatto intorno a Jabalia e ha cannoneggiato. Erano invece dei loro commilitoni, risultato: 3 soldati israeliani uccisi, una ventina i feriti. Alle tregue sventolate da Israele qui non ci crede ormai nessuno, e infatti alle 14 di oggi Rafah era sotto l'attacco degli elicotteri israeliani, e a Jabalia l'ennesima strage di bambini: tre sorelline di 2, 4, e 6 della famiglia Abed Rabbu. Una mezz'ora prima sempre a Jabilia ancora una volta le ambulanze della mezzaluna rossa sotto attacco.Eva e Alberto, miei compagni dell'ISM, erano sull'ambulanza, e hanno videodocumentato l'accaduto, passando poi i video e le foto ai maggiori media. Hanno gambizzato Hassan, fresco di lutto per la morte del suo amico Araf, paramedico ucciso due giorni fa mentre soccorreva dei feriti a Gaza city. Si erano fermati a raccogliere il corpo di un moribondo agonizzante in mezza alla strada, sono stati bersagliati da una decina di colpi sparati da un cecchino israeliano. Un proiettile ha colpito alla gamba Hassan, e ridotto un colabrodo l'ambulanza.

Siamo arrivati a quota 688 vittime, 3070 i feriti, 158 i bambini uccisi, decine e decine i dispersi. Solo nella giornata di ieri si sono contati 83 morti, 80 dei quali civili. Il computo delle vittime civile israeliane, fortunatamente, è fermo a quota 4. Recandomi verso l'ospedale di Al Quds dove sarò di servizio sulle ambulanze tutta la notte, correndo su uno dei pochi taxi temerari che zigzagando ancora sfidano il tiro a segno delle bombe, ho visto fermi ad una angola di una strada un gruppo di ragazzini sporchi, coi vestiti rattoppati, tali e quali i nostri sciuscià del dopoguerra italiano, che con delle fionde lanciavano pietre verso il cielo, in direzione di un nemico lontanissimo e inavvicinabile che si fa gioco delle loro vite. La metafora impazzita che fotografa l'assurdità di questa di tempi e di questi luoghi.
Restiamo umani.
Vik

di Vittorio Arrigoni
Fionde contro bombe al fosforo bianco, Il manifesto - 8 gennaio 2009

11 commenti:

  1. Gaza è una vergogna per il genere umano.

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  2. Si leggerà mai nelle nostre scuole superiori , questo testo?
    E' tutto sempre più ...disperante...ciò che accade.

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  3. sì anch'io come Sandra riflettevo su quest'aspetto.. avevamo bisogno di un 'giornalista' come Vittorio perché ci raccontasse sulle pagine di un blog, chi scriverà la sua storia e quella di tanti bimbi, pescatori, ragazzi che rischiano la vita all'interno dei cunicoli per portare cibo agli altri? :(

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  4. The Road Not Taken

    Two roads diverged in a yellow wood,
    And sorry I could not travel both
    and be one traveler, long I stood
    And looked down one as far as I could

    Then took the other, as just as fair,
    And having perhaps the better claim,
    Because it was grassy and wanted wear,
    Though as for the passing there
    Had worn them really about the same,
    And both that morning equally lay
    In leaves no step had trodden black.
    Oh, I kept the first for another day!
    Yet knowing how way leads on to way,
    I doubted if I should ever come back.

    I shall be telling this with a sigh
    Somewhere ages and ages hence:
    Two roads diverged in a wood, and I
    I took the one less traveled by,
    and that has made all the difference.

    Robert Frost

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  5. Speriamo che siano in tanti a raccogliere il testimone lasciato da Vittorio.

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  6. Sandra e Petrolio: nelle scuole no, è roba da eversivi. Roba da CCCP

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  7. Un pezzo bellissimo. Ed è bellissimo quel titolo: "Restiamo umani".

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  8. @Tutti: vi ringrazio dei commenti. In effetti non c'è molto da aggiungere, se non che le testimonianze di chi ha il coraggio di vivere in prima persona certe situazioni sono sempre molto importanti, per l'informazione, per la comprensione, per la memoria. Non mi illudo che la morte di Arrigoni possa cambiare qualcosa. La situazione a Gaza è complessa e le contrapposizioni che la animano sono talmente radicate nelle coscienze e nelle culture delle fazioni in lotta che solo l'emersione contemporanea di due grandi e autorevoli personalità conciliatrici sui fronti opposti potrà portare qualche risultato. Temo che sperare che la sua morte non sia stata vana, sia un'illusione per dare un senso a ciò che senso non lo ha.

    Riguardo la bellissima poesia riportata da ciku (grazie!), giro una traduzione per chi non conoscesse l'inglese:

    La strada non presa, di Robert L. Frost (1916)

    Divergevano due strade in un bosco
    ingiallito, e spiacente di non poterle fare
    entrambe uno restando, a lungo mi fermai
    una di esse finché potevo scrutando
    là dove in mezzo agli arbusti svoltava.

    Poi presi l'altra, così com'era,
    che aveva forse i titoli migliori,
    perché era erbosa e non portava segni;
    benché, in fondo, il passar della gente
    le avesse invero segnate più o meno lo stesso,

    perché nessuna in quella mattina mostrava
    sui fili d'erba l'impronta nera d'un passo.
    Oh, quell'altra lasciavo a un altro giorno!
    Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
    dubitavo se mai sarei tornato.

    lo dovrò dire questo con un sospiro
    in qualche posto fra molto molto tempo:
    Divergevano due strade in un bosco, ed io...
    io presi la meno battuta,
    e di qui tutta la differenza è venuta.

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  9. Grazie! E grazie a Ciku. Posso prelevare Frost e -appeno ho tempo, chè son di corsa-pubblicare sul blog con i due link?

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  10. ....mmmm...ma Ciku non è linkato....

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  11. @Sandra: grazie a te. Puoi fare tutto quello che vuoi, naturalmente. Non c'è neanche bisogno di chiedere. :-)

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