Conviene provare a contattare eventuali civiltà aliene o e meglio restare (nascosti) ad ascoltare? È questo, il succo del
dibattito che si è innescato nell'ambito del meeting dell'
American Association for the Advancement of Science (
AAAS) tenuto a San Jose qualche giorno fa. Da una parte,
Seth Shostak direttore del progetto
SETI e organizzatore della manifestazione è il capofila di coloro che sostengono la necessità di adottare una nuova modalità di ricerca di intelligenze extraterrestri che preveda l'invio di messaggi radio specifici e non solo l'ascolto di eventuali trasmissioni provenienti dallo spazio. Dall'altra ci sono coloro, tra cui lo scrittore (di fantascienza)
David Brin, che ritengono che non è ancora il caso di procedere con questo tipo di ricerca. Secondo Brin questo approccio potrebbe in qualche modo essere rischioso, in quanto potrebbe esporre l'umanità a qualcosa di sconosciuto e quindi di potenzialmente pericoloso.
C'è da considerare che il progetto SETI, fin dai primi tentativi - non ancora istituzionalizzati né sistematici - di ascolto del cielo attraverso i radiotelescopi nei primi anni ’60, non ha portato alcun risultato, naturale quindi che senta il bisogno di una specie di reboot, di un rinnovamento, di qualcosa che gli consenta di trovare nuove prospettive, nuova linfa, pena il rischio di morire per insufficienza di risultati. Non è da escludere dunque, che la posizione di Shostak sia in una certa misura (anche) di natura politica: trovare qualcosa per tenere in vita il progetto. E il progetto del cosiddetto
Active SETI potrebbe fare al caso suo. Naturalmente, credo che tuttavia la prima questione su cui interrogarsi dovrebbe essere: quali probabilità possono esserci che ci sia qualcuno là fuori in grado di captare/riconoscere i nostri segnali radio, dal momento che in trent’anni di ascolto sistematico non ne abbiamo ricevuto nessuno?
Ma a parte il fatto che si potrebbero tentare altri approcci di comunicazione oltre a quello radio (tipo impulsi di luce laser), quello su cui mi preme soffermarmi più che altro è la prima parte della questione cioè: è davvero pericoloso cercare di contattare eventuali intelligenze extraterrestri? O chi pensa questo è (magari) influenzato da luoghi più o meno comuni di matrice fantascientifica?
Mi pare evidente che innanzitutto sia necessario partire dal presupposto che là fuori ci sia effettivamente qualcuno da contattare, che costui sia tecnicamente in grado di captare il nostro messaggio, che in qualche modo lo possa comprendere e, infine, che voglia e sia capace di rispondere con qualcosa di intelligibile. Basta che una di queste condizioni non si verifichi e noi non potremo mai sapere se esiste qualcun altro là fuori. Dunque dando per buono quanto sopra, credo si possano fare alcune considerazioni:
1. Gli alieni sono più o meno al nostro stesso livello tecnologico. Questo significa che hanno grosse difficoltà a "staccarsi" dal loro pianeta. E questo implica che non dovrebbero esserci grossi problemi a farci vivi con loro. Comunque essi siano, buoni o cattivi, alti o bassi, pelosi o glabri, fino a qui non ci arriveranno mai.
2. Gli alieni sono un po’ più avanzati del nostro livello tecnologico, ma non abbastanza. Gli alieni riescono a gironzolare per i loro dintorni cosmici, ma altra faccenda è muoversi sugli anni-luce. Distanze astronomiche e leggi della fisica sono brutte bestie anche per loro. Qui non ci arriveranno mai.
3. Gli alieni sono molto più avanzati di noi. Possiedono una tecnologia che per noi è magia. Viaggiano in lungo e in largo per la galassia come noi per i cieli del mondo. Ebbene, in questo caso, con tutte le trasmissioni radiotelevisive accidentali che abbiamo mandato in giro per lo spazio nell’ultimo secolo, di scarsa potenza, certo, e quindi forse difficili da captare a grandi distanze, ma comunque in ogni direzione, potremmo esserci già fatti notare e, con la loro tecnologia, se volessero sarebbero già qui.
4. Gli alieni sono molto più avanzati di noi. Possiedono una tecnologia che per noi è magia. Viaggiano in lungo e in largo per la galassia come noi per i cieli del mondo. Noi mandiamo loro un messaggio e loro ci scoprono e, in un battibaleno, arrivano sulla Terra. A questo punto abbiamo altre tre sotto-casi:
4.1 Sono alieni buoni come ET. Ci salvano dalla barbarie, da Facebook e da Beppe Grillo e ci elevano verso nuovi stadi evolutivi Una cosa come
Le guide del tramonto di Arthur C. Clarke.
4.2 Sono alieni piuttosto indifferenti nei nostri confronti. Vengono, ma si fanno i cavoli loro. Danno una sbirciatina, si prendono qualcosa se gli serve e se ne vanno, o restano. Ma a noi non fanno niente. Magari siamo noi, noti bastardi in tutta la galassia, che facciamo qualcosa a loro. Una cosa tipo il film
Monsters (se non l'avete visto, vedetelo!).
4.3 Sono alieni pezzi di merda. Ci vogliono conquistare, mangiare, farsi le borsette con le nostre chiappe. Ci sterminano, ci spazzano via, ci fanno loro schiavi o loro fermacarte. Qui la questione si divide ancora in tre:
4.3.a Siamo capaci di difenderci e di organizzare una resistenza degna di Visitors. Alla fine vinciamo (o ci accordiamo), il mondo torna in pace e l'umanità ne esce rafforzata, migliorata, più evoluta.
4.3.b Ci spazzano via e fanno della Terra una specie di Sharm El Sheikh aliena. In questo modo ci fanno anche un favore, ponendo fine alle nostre sofferenze come razza.
4.3.c Ci schiavizzano, ci imprigionano, ci fanno soffrire come bestie, ma in modi che noi non siamo neanche in grado di immaginare, e noi non siamo in grado di ribellarci, di rialzare la testa. Siamo succubi loro. È la fine della civiltà umana, ridotta a servitù, a marionette, a cagnolini da compagnia.
Se supponiamo che questi scenari siano esaustivi e abbiano lo stesso peso, questi ultimi due, i peggiori, valgono (solo) 2 probabilità su 10. Questo significa che ci sono 80 probabilità su 100 che lo scenario non sia pericoloso. Non vi bastano? L'esplorazione, il raggiungere orizzonti dove nessuno era mai giunto prima, non ha forse sempre comportato un rischio di qualche tipo? A meno che quello che noi in questo caso chiamiamo "pericolo", non sia in realtà quello di confrontarsi con una razza molto superiore alla nostra che potrebbe facilmente metterci nudi di fronte alla nostra stessa, terribile, tragica barbarie. E questo, in effetti, lo potremmo sopportare molto meno della nostra stessa morte.