Il punto è che oggi una delle due categorie sembra avviata verso l'estinzione, in fase di trasferimento dall'altra parte del confine creativo, o meglio ancora in via di smarrimento dei suoi connotati di valore, funzionali e, soprattutto, emotivi. In altre parole, essere spettatori per molti non vuol più dire alcunché. Se sei uno spettatore in fin dei conti sei un fallito, perdi il tuo tempo, sei solo una fiammella in mezzo a trentamila, un lettore tra migliaia. Non sei nessuno. Non servi a niente. La mediatizzazione della realtà ha fatto sì che siano viste come degne di essere vissute (per lo meno dalle giovani generazioni) solo le vite amplificate dal protagonismo, e la televisione non fa altro che alimentare sempre più la mitologia del successo, attraverso l'illusione dei talent-show, ma anche i paradossi dei non-talent-show. Così, pesantemente correa anche l'informatizzazione, che ha contribuito a distribuire in maniera capillare pericolosissime armi di creazione di massa chiamate OpenOffice, PhotoShop, GarageBand ecc., ma anche You Tube, MySpace, Lulu ecc., tutti nel giro di pochi anni si sono ritrovati nella troppo facile condizione di potersi infilare negli strettissimi panni dell'artista a caccia di immortalità e bombardare il mondo con le peggiori porcate.
Quanti potenziali scrittori avremmo in giro oggi, se ancora si dovesse - non dico scrivere a mano a lume di candela - ma anche soltanto picchiare sui tasti di una vecchia Olivetti Lettera 22? Quanti pittori, se bisognasse ancora dotarsi di cavalletto, tela e pennelli? Quanti cantanti, se non ci fosse stato il karaoke, la De Filippi e X-Factor? Per questo ho la spiacevole impressione che, per lo meno nelle nuove generazioni, si stia correndo il rischio della perdita del gusto e del valore di essere (solo) spettatori, lettori, contemplatori, in quanto recettori di un messaggio, elaboratori di un'idea, risuonatori di un'emozione, non solo dunque semplici partecipi del medesimo processo creativo originale, bensì protagonisti autentici del suo scopo finale. E nei confronti dell'artista, quello vero, sul palco o dietro un leggio, temo si sentano più che altro serpeggiare l'invidia e la gelosia, quando invece ci dovrebbe essere solo e soltanto riconoscenza.
ammetto di dover scappare senza leggere il tuo post, tuttavia ti ringrazio per la vista di Grisu che mi da felicità...Grisu è un bel riassunto di questa vita terrestre [ripasserò ad leggere il contenuto]
RispondiEliminaCiao, io ho iniziato a dipingere così per hobby perchè mi aiuta a scaricare le energie negative e mi rilassa poi se riesco a fare emozionare gli occhi altrui ben venga
RispondiEliminaBuona giornata
Dici una cosa al contempo banale e necessaria. Io scrivo per passione e perché mi piace condividere le mie idee, ma mai e poi mai mi sognerei di definirmi "Artista", e trovo insopportabile l'uso leggero con cui questa parola viene usata oggi. Per riconoscere gli Artisti veri bastano poche righe, una nota arpeggiata, e a quel punto l'unica cosa da fare è lasciarsi trascinare (per stare in tema, quando parte l'assolo di "Comfortably Numb" chiudo gli occhi e parto, e vorrei non tornare più...)
RispondiEliminaHai ragione, secondo me.
RispondiEliminaCi sono tante, ma veramente tante persone che si definiscono artiste, pur non essendolo, sopratutto tra i giovani. Tutti con un microfono in mano, o una macchina fotografica, o persone che solo perchè mettono i loro pensieri in un foglio in maniera tra l'altro sgrammatica, si definiscono scrittori e poeti. Hai ragione!
Però concordo anche con Alessandro qua sopra...un artista o comnunque una persona che ha talento si riconosce tra mille, si differenzia dalla massa, con le sue parole, il suo canto o i suoi scatti. Quindi...la massa può anche far credere di essere ciò che non è....ma chi ha una passione dentro e fa per le cose per piacere personale....stai certo che provocherà un' emozione ben diversa e speciale rispetto agli altri :)
@D.: sì, però mi chiedo, non sarebbe stato meglio che Grisu lasciasse perdere con 'sta storia del pompiere?
RispondiElimina@Gabe: i cosiddetti hobby sono necessari, perché hanno molto a che fare con la realizzazione della persona. Anche se la parola "hobby" a me non piace. Il concetto di "passatempo" è svilente, perché spesso sono quello che si vorrebbe davvero fare nella vita. E se sono quello che si vorrebbe davvero fare, non sono più hobby. Ne consegue che gli hobby veri per certi versi non esistono.
@Alessandro Cavalotti: e se ti dicessi che la differenza che passa tra uno come te e un artista, è la stessa che c'è tra una superstizione e una religione?
@Dreamy Melrose: che ci sia pieno di gente che si crede chissà chi, è cosa nota. Quello su cui folevo focalizzarmi, anche se forse non ci sono riuscito come volevo, è il fatto che molti di coloro che si credono artisti sono i primi a non sentire il bisogno e l'importanza di essere innanzitutto spettatori. E da questo punto di vista sono i primi a rompere il paradigma fondamentale dell'arte.
RispondiEliminaParole (purtroppo?) Sante, da rivestire in oro. Sia la parte sull'importanza dell'"essere letto" (una volta, quando ancora pensavo che non avrei MAI pubblicato, dissi a una persona che aveva letto un mio romanzo inedito che la sua lettura era stata per me un brivido indescrivibile, perché la differenza fra zero lettori e UN lettore era, paradossalmente, paragonabile a quella fra uno e diecimila, ma lei non mi credette, disse che la mia era una posa filosofica, o che sopravvalutavo la sua lettura).
RispondiEliminaMa soprattutto è perfetta la tua analisi sulla graduale Estinzione dei Fruitori, e l'inflazione del protagonismo becero e mediocre, e, specie in campo letterario, della sotto-arte a pagamento. Persino la grande editoria sta scoprendo che i mitomani (gente disposta a indebitarsi per confezionare un libro, ma che non ne compra mezzo) sono un bacino più pescoso di quello dei lettori, e si stanno adeguando: stanno cioè copiando, a suon di autopubblicazioni online e corsi di scrittura, quegli stessi editorucoli imbroglioncelli che un tempo tanto disprezzavano, e che su APS e corsicchi semitruffaldini ci campavano da decenni, ma in piccolo (vedi recenti iniziative del Korrierino e di Rebbubbliga).
Bello anche l’accenno finale a riconoscenza e invidia. Io davanti ai grandi scrittori, e agli artisti in generale, mi commuovo, mi inginocchio, li ringrazio di esistere. E proprio per questo odio, invece, la fecciolina ambiziosuccia e raccomandatella che trionfa in italiA con qualità scrittorie buone tutt’al più per scrivere gli auguri di Natale alla prozia (a patto di copiarli da qualcun altro e di avere qualcuno che glieli corregge!) dopodiché, incredibilmente, vengo definito dai mafiosi “invidioso” proprio per questo!!
@Zio Scriba: per lo meno da un certo punto di vista iniziative come Lulu.com e Ilmiolibro.it hanno il pregio di sottrarre illusi alle grinfie dell'editoria a pagamento, benché non facciano altro che trasferire semplicemente il concetto del "pagamento" a un altro soggetto con altre modalità. Ma almeno il rapporto è più onesto e trasparente. Dall'altro punto di vista invece sono strumenti del demonio, in quanto incoraggiano la massa a intraprendere con troppa facilità pratiche che dovrebbero essere riservate solo a coloro che sentono davvero dentro la spinta a volerlo fare. Spesso mi chiedo quale fosse la percentuale di aspiranti scrittori prima dell'avvento del wordprocessing.
RispondiEliminaGrazie per la placcatura in oro! ;-)
p.s. poi mi è piaciuta molto la risposta in cui dici che questi pseudoartisti non spettatori sono i primi a ROMPERE "il paradigma fondamentale dell'arte", laddove io, rozzo e cattivello, al posto "paradigma fondamentale dell'arte" ci avrei messo "I COGLIONI"... :-))))
RispondiElimina@Zio Scriba: dunque secondo il sillogismo "il paradigma fondamentale dell'arte" sarebbe "i coglioni". In effetti per essere artista vero bisogna averli. E belli grossi! ;-)
RispondiEliminaLavoro in una scuola di musica e mi trovo davanti a questo problema, che mi sta molto a cuore, ogni giorno. Troppo spesso organizziamo concerti durante i quali i gruppi, una volta che hanno suonato se ne vanno senza ascoltare il gruppo successivo. Oggi conta solo essere protagonisti, apparire e si perde il piacere di assistere, di godere dell'arte e della bellezza.
RispondiEliminaTornando dal concerto di Roger Waters sabato scorso, pensavo a quanto mi sono sentita viva e protagonista ad avere il privilegio di assistere a quello spettacolo fantastico e a quanto perdano quelli che non sanno stare dalla parte buia del palco o dietro la copertina dei bei libri.
@Il grande marziano: ma che differenza c'è tra una superstizione e una religione? ; )
"Io devo scrivere perchè se no sclero non m'interessa che tu condivida il mio pensiero, mi credi il Messia? Sono problemi tuoi" cit. Caparezza
RispondiEliminaQuando scrivo poesie e le faccio leggere a qualcuno io spero di suscitare in lui/lei delle emozioni, il che non significa incondizionatamente positive. Mi va bene tutto, nei limiti della decenza
Impara l'arte e mettila da parte... :)
RispondiElimina@knitting bear: la differenza sta nel numero degli adepti e nell'istituzionalizzazione codificata e ufficializzata di un'appartenenza. Visto dal punto di vista dell'arte, l'artista vero ha schiere di appassionati che lo seguono (adepti), ed esiste una sorta di consenso pubblico condiviso che lo certifica come appartenente al genere "artista" (istituzionalizzazione).
RispondiElimina@Inneres Auge: come dicevo a Dreamy, qui sopra, non è tanto il fatto di sentirsi artisti (ed esserlo sul serio oppure no), quanto piuttosto il fatto di perdere di vista il senso e la passione della fruizione. Per assurdo, se tutti diventeranno artisti come dice knitting bear (cioè che tutti vogliono suonare, ma nessuno ascoltare gli altri che suonano), sarà la stessa fine dell'arte e dunque degli artisti stessi.
@sblog: mica facile, però! ;-)
Il post è sacrosanto, però ci sono punti d'appiglio per la mia discordia. Per esempio credo che il fotoritocco, come altri software di composizione musicale o cinematografica siano uno strumento e come tali possano essere usati benissimo e malissimo. L'arte è nel contenuto, non nella modalità di composizione.
RispondiEliminaPoi dividi chi crea l'opera da chi la guarda, però chi la crea ha sicuramente guardato altre altre volte l'arte. Penso sia difficile riuscire a dividerle e comunque a permettere la sopravvivenza dell'una senza l'altra.
@magneTICo: ma difatti non mi pare di aver contestato gli strumenti tecnologici, né quindi la modalità di composizione. Naturalmente tutti gli strumenti possono essere usati da talentuosi artisti, come da mezze calzette, con i risultati che ne conseguono.
RispondiEliminaContesto invece il fatto che la facile disponibilità di certi strumenti tecnologici utilizzabili per creare "prodotti (pseudo)artistici" ha fatto sì che una miriade di gente ci provasse. Come dicevo, per esempio, di tutti coloro che oggi vorrebbero fare gli scrittori, quanti ci proverebbero se dovessero scrivere a macchina? Prova a scrivere un romanzo con la macchina per scrivere, invece che con il PC... Solo per le correzioni ortografiche ci diventi scemo.
La divisione poi tra chi crea e chi fruisce c'è sempre comunque, di volta in volta. Gli stessi artisti sono naturalmente fruitori di altre opere, come dici. Ma sono certo che quelli veri non perdono mai di vista il senso del valore della fruizione delle opere altrui.
Però se tra questa miriade fuoriesce un solo artista che non sarebbe potuto diventare tale, beh amico, allora ne valeva la pena...
RispondiEliminaComunque non sono riuscito a dire quello che volevo: secondo me l'opera d'arte è quella cosa che ti scaturisce emozioni. Tu ci vedi il panorama della finestra di quand'eri bambino, io magari ci sento il sapore del mio piatto preferito.
Il fatto è che se non la guardiamo, non vale niente. Non può esistere la serie A senza i campionati cadetti (detto da me che il calcio mi fa cagare, vale doppio!!).
Non credo che ci sia bisogno di dire che questo è solo il mio punto di vista.
RispondiEliminaE allora perchè l'ho fatto?
Preterizione forse.
Complimenti! Quadro esaustivo della realtà odierna, della società degli opinionisti dove la verità (in questo caso i canoni estetici) sono stati surclassati da opinioni, non importa quanto becere, l'importante è dire la propria, giudicare per pura invidia,per protagonimo, per sentirsi paladini di una morale superiore. Ed ecco da dove arriva il morboso "guardare dalla serratura" che contraddistingue i talk show stile D'urso, i reality stile grande fratello. E la tragedia è che della cosa pubblica, dell'arte e della cultura non importa più davvero a nessuno. Sono diventati non più fini per il piacere ma mezzi per il possedere: potere,fama,soldi, successo e chi più ne ha più ne metta.
RispondiEliminaC'é molto di vero in quello che tu asserisci, ma é altrettanto vero che da sempre la maggior parte dei grandi artisti vengono molto tardivamente riconosciuti come tali. Vale a dire che il genio ha sempre avuto e, temo, sempre, avrà difficoltà a farsi riconoscere subito.
RispondiEliminaL'arte non è un mestiere come quello del falegname.
RispondiEliminaA prescindere dal fatto che produca o meno un reddito, l'arte è espressione di emozioni, comunicazione sublimale di sensazioni, irrazionalità, umori, sentimenti, amore, passione.
Come tale è in dotazione ad ognuno di noi.
Tanto premesso, qualsiasi strumento possa contrinuire, amplificare, aiutare a "comunicare" tali cose è una grazia di Dio. Naturalmente sull'uso che se ne può fare interviene il buon gusto, l'abilità etc. ma, in sintesi, nessuna preclusione per qualsiasi mezzo o sistema che aiuti ad esprimere "l'arte".
Ciao
Direi che mi stai facendo un enorme complimento :-)))))))))))))))))
RispondiElimina@magneTICo: non sono certo che quella che dici sia una cosa positiva, anche per il solo artista tra un milione. Quell'unico artista tra un milione di mediocri che ci provano, probabilmente sarebbe riuscito a creare un'opera d'arte anche senza tutti gli strumenti "facilitatori" di cui parlo. Senza contare che per quest'unico artista, farsi notare in mezzo a questa massa di gente che ci prova, diventa estremamente più arduo.
RispondiEliminaE anche questo, è - naturalmente (e tautologicamente) - solo il mio punto di vista. ;-)
@Eva Luna: grazie Eva! E quello che aggiungi alla fine è tristemente vero: "dell'arte e della cultura non importa più davvero a nessuno. Sono diventati non più fini ... ma mezzi per il possedere" Del resto è il "possedere" che è diventato il fine di ogni mezzo, dunque perché non anche quello di arte e cultura?
@Adriano Maini: è vero. Ci sono moltissimi, soprattutto tra gli scrittori, la cui grandezza è stata riconosciuta dopo la loro morte. Ma questo non cambia la sostanza delle cose. Anzi, come dicevo qui sopra a magneTICo, il fatto che oggi gli strumenti tecnologici abbiano conferito la facoltà (e l'illusione) a masse di persone di essere "artisti", fa' sì che per gli artisti veri sia ancora più difficile farsi riconoscere.
@Gianni: non sono del tutto certo che l'arte sia in dotazione a ognuno di noi. Non basta l'espressione "di emozioni, comunicazione sublimale di sensazioni, irrazionalità, umori, sentimenti, amore, passione" per creare l'arte. Perdonami la metafora un po' surreale, ma mandare a "quel paese" qualcuno, pur essendo la comunicazione di un'emozione, di una passione, di un umore e di un sentimento, non è arte. Ovviamente. Arte è qualcosa di più. L'arte ha a che fare con la "creatività", con la capacità di tradurre, metaforizzare e comunicare le cose di cui parli secondo mezzi espressivi particolari, che richiedono cultura, capacità tecniche ed estro creativo. E come tale non direi che sono in dotazione "di default" a ognuno di noi. L'arte è sempre una coniugazione di sensibilità e di tecniche, e se le prime forse non si imparano (ma si possono ben affinare), le seconde hanno bisogno di studio e applicazione. Quindi di "innato" in un'espressione artistica non c'è più del 50%.
RispondiEliminaDetto questo, la diffusione esagerata di strumenti che possono essere impiegati per creare arte, a mio avviso è una cosa demoniaca. Il "vero artista" sarebbe emerso - magari attraverso espressioni artistiche diverse - anche senza il bisogno di tutti questi strumenti. Tutti gli altri sono invece solo degli illusi che non si rassegnano alla "normalità", ma che - come dicevo sopra - contribuiscono a rendere arduo al vero artista a farsi riconoscere in mezzo a tutta questa massa.
@Alessandro Cavalotti: ;-)
Concordo con lo spirito dell'articolo. Trovo troppi testi scritti da persone, magari laureate in lettere, pieni di ingenuità imperdonabili; persone che hanno ambizioni del tutto sproporzionate rispetto ai loro mezzi. C'è una cosa che vorrei aggiungere, a proposito della proliferazione di mezzi tecnici: una piccola provocazione. Il cellulare ha fatto grandi danni, mettendo a disposizione il completamento automatico delle parole. Lo ritengo uno dei responsabili dei delitti ortografici che vedo in giro.
RispondiElimina@Danilo: a proposito della tua provocazione, la tecnologia apporta sempre e comunque dei cambiamenti nella vita delle persone, e le mutazioni danno fastidio, fanno paura, comprese quelle della lingua, che non è cosa statica e ferma, ma in continua evoluzione. E di questo bisogna farsene una ragione. Per questo fa molti più danni l'incapacità formativa della scuola, rispetto al cellulare.
RispondiElimina