Punti di vista da un altro pianeta

mercoledì 6 aprile 2011

Murato vivo

Sono posseduto. E questo post nasce come un maldestro tentativo di esorcismo fai-da-te. Perché ormai è da quattro giorni che sono in questo stato e non riesco a uscire dal tunnel, come la puntina impazzita di un disco che salta da un pezzo all'altro e non arriva mai in fondo, pietrificato come uno che si è trovato al cospetto di Medusa e non ha potuto fare a meno di guardarla dentro quei suoi occhi di mercurio. Come trovarsi di fronte a un mito. Che tu lo sapevi da ben prima che era un mito, sapevi quali erano le regole, eppure non potevi prevedere la tua reazione. Ma concedetemi un passo indietro. Anzi due.
Anzi tre.

Nel primo ci sono le pareti di una stanza. Da adolescente. Non ci sono poster di cantanti. Non mi sono mai nutrito di mitologie, né pop, né rock. A dispetto del fatto di essere sempre stato un vorace consumatore di musica, non ho mai sentito il bisogno di appendere altari cartacei intitolati ai miei idoli, cui affidare l'incertezza della mia identità. Forse perché non era poi così incerta? Non lo so. Vedo solo una vignetta di Snoopy e le locandine di due film: Indiana Jones e l'ultima crociata e Ritorno al futuro. Come se il mito potesse passare solo attraverso le immagini di una finzione conclamata. Anche se ho idea che fosse più che altro una questione di estetica e di colori. Nel complesso scorrendo il nastro del tempo vedo in giro una crescente quantità di LP dei generi più svariati, che poi sono diventati CD. Eppure mai nessuna Madonna votiva.

Il secondo parla di una scoperta. Non so perché sono sempre stato fissato con la musica. Forse per merito di uno strano giro di coincidenze che facevano sì che in pasto al mio mangiadischi in perenne crisi d'astinenza finissero quantità ziopaperonesche di 45 giri dismessi dal juke-boxe di un bar di amici. Perché nessun altro in casa aveva l'abitudine di ascoltare musica. C'era di tutto, da Battisti ai Beach Boys. Da Gigliola Cinquetti a Santo & Johnny. Roba da juke-box, insomma. Poi ci fu quella volta che finii a casa di un cugino molto più grande di me (saranno stati ben sette/otto anni) che vedevo di rado e lui aveva questo grande disco da grandi con una copertina da paura. Nera (nera!), con un triangolo in mezzo e una specie di bizzarro arcobaleno sghembo che spuntava da una parte. Per non parlare dell'altro zio, sempre con quei dischi là, bocconi troppo grossi per le fauci del mio mangiadischi. E una copertina con due tizi tutti elegantini, in mezzo a una strada desolata, che si stringono la mano, ma nel contempo uno dei due brucia. E veniva da chiedersi, ma è colpa della stretta di mano, se brucia? E perché l'altro non fa niente per salvarlo? Altro che vorrei che tu fossi qui. Sarebbe molto meglio se fossi da un altra parte! Ma quando li mettevi sul piatto dei grandi, quei dischi, usciva fuori una musica pazzesca, che mi faceva brillare pazzo come un diamante. E mi lasciava nell'orecchio la fame di quei suoni che non sapevo dove andare a ripescare. Del resto probabilmente con la lettura ero alle prime armi. Figuriamoci capire l'inglese. E comunque su quelle copertine non c'era alcun indizio, nessuna scritta, solo il più fitto, inesplicabile mistero.
Il terzo è sul riconoscimento dell'arte, della creatività, del talento e, in ultimo, di quella mescolanza indefinibile di attitudini denominata volgarmente genio. Sono faccende che si imparano con l'età, l'esperienza, la cultura. Come affinare la sensibilità di un'antenna per captare frequenze sottili e armoniche superiori. Non si finisce mai di farlo, perché il mondo è analogico e le sue sfumature sono troppe per una vita sola. Così, oggi è questa l'unica mitologia che riesco a contemplare. Una mitologia che dunque non è adorazione, ma inchino di fronte a qualcuno che è (stato) capace di creare qualcosa di unico, dal nulla. Qualcosa di cristallino, di levigato, di un materiale alieno immune alla corruzione del tempo e della noia, dotato della straordinaria proprietà dell'evocazione. Può essere un musicista, uno scrittore, un regista. Non importa. Alla fine è un demiurgo di spiriti ed emozioni. Ebbene, tutto questo sui Pink Floyd l'avevo già capito da un pezzo. Ma vedere The Wall dal vivo, e Roger Waters sul palco iniziare intonando questa e rendersi conto di aver perso la ragione per almeno dieci minuti buoni come non ti è mai successo in vita tua, come nemmeno pensavi potesse essere possibile, sopraffatto da uno scollamento mitologico, in preda a una crisi acuta da Sindrome di Stendhal, in viaggio solo andata dentro una sensazione d'altromondo, è qualcosa che lo capisci dai numeri da circo che fa la tua spina dorsale, che ti resterà dentro per sempre.

D'accordo, ma cazzo, almeno vorrei riuscire a togliermi dalla testa Comfortably Numb!



/continua

20 commenti:

  1. Se la vita ha un senso e il senso è un frutto, i Pink Floyd ne sono il nocciolo.

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  2. Dio, leggendo questo a distanza di anni sono tornata nel vortice...Hello,is there anybody in there?

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  3. indipendentemente dai cambi di gusti nel tempo (di cui parlavo proprio nel commento a quel tuo vecchio post) i Pink Loyd, e in particolare Roger Waters, fanno parte di quegli Artisti davanti a cui volentieri mi inginocchio riconoscente.

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  4. Be' io con quella canzone ho il ricordo di una ragazza che mi ha spezzato il cuore,
    anche se per dirla alla Hemingway ora l'ho rimsseo insieme:-)
    è poi c'è un'altra canzone in "The Dark Side Of The Moon" dove c'è una risata identica alla mia:-)

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  5. Da sabato scorso passo da Mother a Run like hell, senza intervalli. A volte penso che la musica dei Pink Floyd sia un fenomeno naturale, qualcosa di necessario, che non avrebbe potuto non esserci. Vorrei avere la macchina del tempo, per rivivere quei primi 10 minuti di concerto e quella sopraffazione.

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  6. @magneTICo: e quel frutto è allucinogeno.
    Bella questa!

    @sabrina ancarola: in realtà in quel vortice ci sei sempre rimasta...

    @Zio Scriba: hai tirato fuori il concetto giusto: "riconoscenza". Da tenere a mente in vista del prossimo post. ;-)

    @Ferruccio gianola: pare che la risata in questione sia di Peter Watts, all'epoca road manager del gruppo e padre di Naomi Watts. Se mai ti capiterà di incontrare Naomi, hai una scusa per attaccar discorso. ;-)

    @knitting bear: mi consolo di non essere l'unico ad avere subito questi effetti e ad avere di questi desideri. Mi fa sentire meno... alieno! ;)

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  7. @Ubi Minor: superiorità netta, tecnica e fisica. Non c'è mai stata partita.

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  8. Il problema non è togliermi "Money" dalla testa, ma metterla nella testa del resto dell'umanità...

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  9. @notizie: secondo me il resto dell'umanità si ferma al loop del registratore di cassa...

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  10. @Inneres Auge: no, sono io che sono sceso giù per l'occasione. Anche se su Roger ho il dubbio che sia anche lui un alieno, ma molto più alieno di me.

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  11. Un pezzo di Storia, Marziano.
    A saperlo, se non al concerto, dato che non ero presente, almeno in giro per la Pianura Padana ci si incontrava!

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  12. @MrJamesFord: mi spiace, ma non posso rivelare i miei piani di volo. Sono un UFO e in quanto tale non voglio deludervi. ;)

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  13. Grazie mille, la risata è qui dentro:
    http://www.youtube.com/watch?v=T1bgxfxchkQ

    giuro sono io

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  14. Direi che è un alieno, come Dante Alighieri, Mozart, Goya, Pirandello

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  15. Grande! Anch'io ero a quel concerto..hai saputo dar voce a quello che ho provato, ero praticamente sotto il palco. Per fortuna ha fatto la pausa in mezzo perchè stavo perdendo i sensi. Comfortably numb è sempre lì... cantarla insieme al genio che l'ha pensata è stato...

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  16. @Anonimo: sì, in effetti mi pare di averti visto. ;) Gran bella storia davvero.

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  17. non hai un'email, scrivo su un vecchio post...mi dispiace aver creato confusione con questa storia dei followers :(

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  18. @Ubi: sì che ce l'ho una mail [ilgrandemarziano(at)gmail.com], è indicata nel Disclaimer. Comunque non preoccuparti, un po' di confusione fa bene ogni tanto. Tiene svegli, per lo meno. ;-)

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