Punti di vista da un altro pianeta

lunedì 31 maggio 2010

Posteggiando il finale

Previously on Post...

5. Alternativo 1 (explicit spoiler)
Sai invece come lo dovevi finire, tutto l'ambaradan? Te lo dico io, che da qui le cose si vedono meglio. Tanto visto che siamo tutti Commissari Tecnici, non vedo perché non possiamo anche essere tutti Sceneggiatori, no? E la cosa divertente però, è che questa mia versione rende maggior giustizia e conformità al quadro d'insieme, per cui non posso immaginare che un barlume di quest'idea non ti abbia neanche sfiorato. Dunque, per tutta l'ultima stagione mi hai mostrato quelle che sembravano due realtà distinte. Una sull'isola che procedeva a valle dell'incidente aereo e una, alternativa, che sembrava essersi creata a seguito dello scoppio della bomba atomica. Giusto? Ok. La teoria quantistica prevede qualcosa del genere, per cui i riferimenti (fanta)scientifici sono veri, vivi e vegeti (chiedere a Daniel Faraday Widmore per conferma). Dopodiché a un certo punto i personaggi della realtà alternativa, dove peraltro le cose sembrano andare per il meglio (era ora!), hanno cominciato a prendere consapevolezza di quanto è accaduto dall'altra parte. Benissimo. Significa che deve esistere un legame esotico tra le due realtà. Però nel frattempo l'isola è assediata, e in pericolo. E proprio per il legame esotico, questo potrebbe facilmente mettere a repentaglio la realtà alternativa dove i personaggi si sono tutti salvati e stanno vivendo "felici e contenti". Quindi perché non fare sì che (in qualche modo - sono certo che se ti sforzavi giusto un po', il modo lo avresti trovato) i personaggi dell'isola si sacrificassero in blocco per salvare i loro alter-ego della realtà alternativa? Insomma, in un universo muoiono tutti per salvare quelli dell'altro universo, in cui vivono tutti felici e contenti. Dramma e lieto fine in una botta sola. Lacrime e happy end. Non sarebbe stato più "degno"?

6. Alternativo 2 (no spoiler)
Avrei preferito, giuro, avrei preferito (e sarebbe stato meno banale di come è stato) che alla fine si scoprisse che era tutto un incubo di Hugo che si era ingozzato di ali di pollo fritte in uno dei suoi fast food. E magari sul finale Hugo apriva l'occhio (sempre lui) e noi scoprivamo che i numeri erano il codice fiscale della sua società (che stava evadendo il fisco), che la botola era l'ingresso bloccato del suo magazzino, che i suoi compagni di avventura erano dipendenti, amici, clienti... ecc. (so che sforzandoti giusto un po' avresti trovato una connessione per ogni cosa). Non sarebbe stato più leale? E anche un tantino più divertente?

7. Alternativo 3
...
(Sii protagonista: scrivi tu quello che ti pare!)

8. R.I.P.
Invece no. Invece hai scelto il finale spiritual-lacrimevole (e io che, come marziano, ti assicuro sono un esserino molto sensibile, non ho versato neanche una goccia), banale, riduttivo, autoreferenziale e autocelebrativo dei tuoi personaggi, un po' come se l'avessi fatto più per te stesso e per le tue creature, che non per il tuo pubblico. Sei stato egoista, ecco. E anche un tantino presuntuoso. Però in ultimissima analisi c'è da osservare anche un altro aspetto tutt'altro che trascurabile. Che con la tua scelta ci hai fatto, forse non a tutti, ma di certo a molti, un favore. E mica un favore da poco! Perché dopo sei anni di compagnia, di attese, di sorprese, di appuntamenti, di elucubrazioni, di teorie, di fantasie, di illusioni, di emozioni e di serate in poltrona con la pizza, adesso - a dispetto di tutto ciò che è stato - non rimpiangeremo la tua dipartita. Quindi grazie di tutto, Lost. Anche di questo.

venerdì 28 maggio 2010

Losteggiando il finale

1. Filosofico-giuridico
Lo sai anche tu. E io lo so che lo sai. I finali sono (quasi) sempre deludenti. Tanto più quando pongono il termine a un lungo percorso. Tanto più quanto il percorso è stato emozionante. Tanto più quanto l'emozione è stata costellata di misteri. Tanto più quanto i misteri ti hanno lasciato a bocca aperta. Mai questi finali sono all'altezza. È più facile che Berlusconi regali le televisioni in beneficienza e si faccia processare. L'impossibilità fatta definizione. E il motivo è semplice e duplice: 1) questi finali devono competere con tutto quello che c'è stato prima di loro - e non è poco - e 2) questi finali devono fronteggiare il nulla che viene dopo di loro, giustificarlo, confrontarcisi e farlo digerire, come provare a farsi una ragione del confine della morte. Su questo siamo d'accordo, mio caro. Eppure non puoi mica portare questa roba davanti al giudice. Mi spiace, ma non c'è niente da fare, non lo accetterà mai come alibi.

2. Tecnico
Una produzione televisiva ha delle regole da rispettare. E sono regole dure, regole spietate. In confronto il Patto di Stabilità è Il Manuale delle Giovani Marmotte. Tanto più quando c'è di mezzo una produzione di grande, grandissimo successo planetario, anzi extraplanetario. C'è il budget e ci sono i tempi, c'è l'audience e ci sono gli sponsor. Soprattutto gli sponsor. E quando hai per le mani lo show più remunerativo del Sistema Solare e ogni singolo secondo di pubblicità dentro il tuo show vale centinaia di migliaia di dollari, non puoi permettere che il tuo network veda il grafico di simili stellari quotazioni invertire la pendenza. Per cui è normale, te lo concedo, che uno dei tuoi principali obiettivi sia stato innanzitutto far abboccare gli spettatori, ma non solo. Per mantenerli nel lungo periodo sei anche stato costretto ad alzare continuamente la posta, inserendo quindi sempre nuove ed enigmatiche suggestioni, misteri, ribaltamenti, coup de théâtre, così potenti e magnetici che la sola presenza era già la promessa di una spiegazione, come la vendetta di un omicidio ancora da compiere. Tutto vero. Inoltre non bisogna dimenticare il problema delle esigenze dettate dalla continuity, ovvero della modalità in base alla quale ogni episodio o è legato direttamente al precedente, o va comunque a fare parte, come il piccolo pezzo di un puzzle, del quadro generale. Esigenze stringenti e vincolanti, al punto che ormai ho abbastanza esempi per affermare che una serie TV con una continuità forte possa reggere con piena coerenza per più di due, tre stagioni al massimo. Comunque sia, okay, hai avuto le tue ragioni e hai fatto le tue brave promesse. Però certo che non dire a nessuno che eri un marinaio...

3. Letterario
Eppure voglio venirti incontro, perché quello che ho detto nel post precedente resta sempre valido. E non mi va proprio di buttare via tutto un bellissimo viaggio solo perché la destinazione finale mi ha fatto cagare. Quindi non è vero che dovevi spiegare tutto. Non c'è scritto da nessuna parte che lo dovevi fare. Non c'era una garanzia o un'assicurazione on-line. Alcune promesse - anche molte - potevi anche non mantenerle, come del resto non hai avuto alcuno scrupolo a fare. Del resto il Sistema Solare è pieno di gente che lo fa impunemente. Anzi. Giacché la spiegazione delude sempre perché sgonfia la tensione del mistero non riuscendo mai a esserne all'altezza, come paragonare la suggestione di un mito alla prosaicità della realtà, il fascino argenteo della notte alla piatta banalità del giorno, non lo dovevi proprio fare. Però è anche vero, mio caro, che dovevi essere leale. Quello almeno posso pretenderlo, in qualità di fedele utente della tua opera. E se mi dissemini pagine e pagine di indizi di natura pseudo-scientifica, mi parli di elettromagnetismo, mi mostri macchine strane, laboratori avanzatissimi, botole inconcepibili, bobine titaniche, calcolatori antidiluviani, campi di forza stravaganti, mi metti in giro nomi di filosofi e scienziati, mi accenni a visioni e appunti basati sulla meccanica quantistica, mi fai annusare questioni su universi paralleli e realtà alternative, poi non puoi improvvisamente lasciarmi perdere tutto, senza neanche un "sorry", e così, di botto, toglierti la maschera tipo Mission Impossible, e diventarmi tutto christian shephard-spiritual-new-age (campane-che-suonano, uccellini-che-cantano). Guardami negli occhi, per favore. Ti sembra di essere stato leale?

4. Volubile? (implicit spoiler)
Ebbene, in una situazione come la tua non ritengo possibile che tu non abbia preso in considerazione diverse alternative. Sei abbastanza esperto e intelligente del settore perché tu ti sia dato la pena di farlo. Quindi ritengo che a un certo punto tu abbia avuto sul tavolo diversi percorsi per giungere alla meta, quella che fin dal principio avevi sempre dichiarato (lo giuro!) di avere in mente. Ma la sensazione che mi sono fatto ora, è che questa meta non fosse tanto un concetto finale, quanto più un'inquadratura finale che chiudesse l'ellissi narrativa. Fidati, io ho occhio per queste cose. Senza contare che non ho potuto non notare tutte le tracce che hai seminato in giro (punto 3) e che avevano una loro brava coesione interna. Per cui la sensazione che ho avuto, ti dirò, è stata quella di una sterzata all'ultimissima curva prima del rettilineo finale. Da tempo avevi deciso di andare a sinistra, e invece all'ultimo hai banalizzato a destra. Forse l'hai fatto (se l'hai fatto) per compiacere un certo tipo di audience, forse perché te l'ha detto in sogno Padre Pio, forse perché l'hai tirato a sorte con I-Ching, forse perché esiste un universo alternativo dove il finale è diverso e noi abbiamo solo avuto la sfiga cosmica di capitare nell'universo con il finale più di merda del mondo.

Continua... (con il finale che avrei voluto e le ultimissime considerazioni)

Credits: a sinistra J. Locke, a destra D. Hume.

giovedì 27 maggio 2010

Quando certi nodi vengono al pettine

Elisabetta Gregoraci ha dichiarato: «Da quando siamo stati costretti ad abbandonare il nostro yacht, il piccolo Nathan Falco piange spesso, non è più tranquillo e sereno come prima.» E ha parlato addirittura di «terribile incubo.» È chiaro che qui l'errore è solo e soltanto dei genitori. Il piccolo avrebbe accettato di buon grado anche un monolocale da ristrutturare in zona Portuense, se solo l'avessero chiamato Luca.

mercoledì 26 maggio 2010

Travolti da un insolito destino...

Anche i marziani hanno le loro debolezze e non fanno grossa fatica a parlarne. Certo quando le debolezze provengono dal vostro pianeta, è un tantino più imbarazzante per noi ammetterlo. Ma tant'è ormai, visto che c'è un rapporto speciale con voi, vuoterò il sacco. Ebbene sì, sono un fan di Lost. L'ho detto. E adesso che Lost è finito, mi sento un po' strano, come quando ti si arricciano le antenne, non so se avete presente. Dubito. Tuttavia non voglio aprire una discussione sul The End (per quello mi riservo un post a parte). No. Voglio dirvi, invece, perché questa volta non ho paura a uniformarmi consapevolmente a milioni di appassionati. In genere è intellettualmente più vantaggioso (e sicuro) assumere il ruolo del bastian contrario, del non-allineato, del dissidente. È la minoranza insomma che può fregiarsi della detenzione del potere illuminato, disincantato e sovversivo della critica, che non segue pedissequa la massa del gregge (televisivamente) globalizzato. Ma per quanto mi sforzi, con Lost non ce la faccio. E voglio provare a spiegare in poche righe perché, soprattutto a voi, che non l'avete mai visto, o di cui vi è capitato di guardare due puntate, dopodiché avete scosso la testa e avete detto: «Ma che cazzata!» E l'avete piantata lì.

È probabile che in più d'un posto abbiate letto che Lost ha cambiato il modo di fare e vedere fiction in TV. Che Lost non è "un" telefilm, ma "il" telefilm. Che non si potrà più parlare della storia della televisione non solo senza nominare Lost, ma anche senza metterlo in cima alla lista dei programmi che hanno contribuito a plasmarla, la storia, a reinventarla, un po' come accadde al mitico Ai confini della realtà tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60. Ma se non l'avete mai visto, Lost dico, vi starete chiedendo come ciò sia possibile, oppure starete dicendo che noi - Lost addicted - siamo tutti pazzi, ingenui, immaturi, nerd, dissociati, disadattati ecc. e che un umano normale (figuriamoci un marziano) non se ne starebbe lì sei anni, puntata dopo puntata, a inseguire le improbabili avventure di un branco di improbabili sopravvissuti a un improbabile incidente aereo su un'improbabile isola con improbabili abitanti e improbabili energie nascoste assortite. Il punto è che, come spesso accade nei bei romanzi moderni, non è tanto il cosa, ma il come. La potenza di Lost infatti non sta tanto nelle idee "mirabolanti" che pur ci sono e fungono da potente motore della narrazione (e io stesso sono convinto che Lost sia l'apoteosi televisiva dell'applicazione del concetto di "mistero", per quanto questo possa valere e quanto possa essere, naturalmente, discutibile) quanto piuttosto nel modo con cui sono state narrate e quanto questo significhi nell'economia del disegno generale.

Se fosse stato solo per i misteri, trascinati - anzi moltiplicati - episodio dopo episodio, rimasti quasi intatti fino alla Stagione Sei e quasi tutti addirittura oltre il The End, lo spettatore si sarebbe stufato ben presto. Lost invece, complice una lungimiranza e una capacità degli autori senza dubbio non facile da mettere in pratica nell'ambito di una produzione televisiva che ha tempi e modi molto serrati da rispettare (questo aspetto non bisogna mai perderlo di vista), annega i misteri dentro le vite dei protagonisti che dunque non sono più i classici burattini comandati dai fili dell'avventura, ma partecipano con le loro vite all'avventura stessa, perché convocati esplicitamente (ancorché nolentemente) da essa. Esattamente come la chiamata di tutti noi a vivere su questa Terra. Così non solo l'avventura e il mistero diventano parte della vita di Jack e soci, ma la vita di Jack e soci diventa metafora profonda di tutte le vite umane alle prese con l'avventura di scoprire perché siamo qui, che senso ha tutto ciò che ci circonda - che a ben vedere sembra non averne nemmeno uno, proprio come l'Isola -, qual è il nostro ruolo nell'ambito del destino, se siamo davvero liberi di scegliere la nostra strada, che cosa sarebbe successo se in determinati momenti delle nostre vite avessimo svoltato a destra invece che a sinistra, che è il viaggio a essere fondamentale e non la meta, che tanto quella è uguale per tutti, che c'è sempre un modo per riscattarsi finché non è finita, e perché bisogna farsi una ragione che a certe domande si può rispondere solo con altre domande, in un domino senza fine che non lascerà mai l'essere umano davvero soddisfatto.

Il modo e lo stile (e il coraggio degli autori che - bisogna ammetterlo - è sfociato anche nell'impertinenza o a tratti in un'irritante sfacciataggine) diventano dunque cruciali, perché le esistenze dei tantissimi protagonisti sono intrecciate e non sono mai del tutto indipendenti. Perché sulle medesime cose ognuno ha prospettive differenti. Perché il bene e il male, il buono e il cattivo, il bianco e il nero, non esistono mai come entità sole e separate, a dispetto di quello che sembra, e chi fino a un minuto credevi "dei-nostri", non è detto che non tiri fuori una pistola e faccia fuori un paio dei tuoi, e chi credevi "pezzo-di-merda" potrebbe anche aiutarti a salvarti la pelle all'ultimo secondo. Perché sull'isola anche un protagonista ci può lasciare le penne senza preavviso, da un momento all'altro, lasciandoti col respiro a metà, come un amico in un incidente d'auto, il sabato sera, dentro la notte nera come fumo. Perché il destino è quello che è, o forse no, ma bisogna comunque trovare il coraggio di seguirlo fino in fondo. Perché a volte ci si trova a doversi sacrificare, ma farlo in due è una benedizione. Perché vincere alla Lotteria non è detto che basti e perché puoi anche essere un grandissimo pezzo di gnocca, ma questo non deve essere sufficiente per salvarti le chiappe. Perché perché perché...

Insomma, alla fine le esegesi pignole e puntuali (e fini a se stesse) vorrei lasciarle ai filosofi in cerca di gloria e ai ghost writer degli autori di manuali televisivi, e quelle di certo ce ne saranno in abbondanza. A me è bastato il viaggio. Che non è niente, sia chiaro, però qualcosa deve pur avere lasciato, se ho sentito il bisogno di scriverci sopra qualcosa, come un'orazione funebre, come per cercare di elaborare un lutto o di esorcizzare un fantasma sul cadavere ancora caldo. Forse lo scoprirò piano piano, che cosa era, o forse non lo scoprirò mai. Non è importante. L'importante, adesso, è trovare un'altra isola.

Ah, comunque il finale è una cagata pazzesca.

lunedì 24 maggio 2010

Il vangelo secondo Frau Blücher

«Un ulteriore segno della grande intelligenza dell'uomo, dono di Dio per conoscere meglio il creato e poterlo meglio ordinare». È stato questo l'illuminato commento del Presidente della CEI, Cardinale Angelo Bagnasco alla notizia della creazione della prima cellula vivente "artificiale" (in realtà di ingegnerizzato geneticamente c'era "solo" il nucleo) da parte di Craig Venter.

Lasciando da parte tutto quanto di discutibile aleggia da anni intorno alla figura di Venter, e restando sul mero aspetto ideologico della faccenda, rapportandola però ai territori della religione cattolica, dalle mie parti (e da quelle di Mary Shelley) costruire una vita in laboratorio dovrebbe significare mettersi in competizione con Dio, unico possibile dispensatore di Vita, se non addirittura volersi presuntuosamente sostituire a Lui, con tutti i pericoli del caso. In effetti poco dopo altri ecclesiastici si sono affrettati a precisare che (a) non si tratta di vita, ovvero (b) non c'è stata creazione. E se su (b) potrei anche essere d'accordo, su (a) nutro qualche dubbio.

Comunque sia per Bagnasco si! può! fareee!, fatta salva ovviamente la dimensione etica, che peraltro sarà anche la più difficile da disciplinare e impossibile da controllare (a riguardo sono già aperte le scommesse, ma le quotazioni sono bassine). Se poi ci si ricorda di altre questioncine marginali, quali l'utilizzo delle staminali o la fecondazione assistita, diventa difficile non notare da parte della Chiesa l'adozione di tanti pesi e tante misure, almeno quante sono le sfaccettature della convenienza.
Convenienza? Quale convenienza?

venerdì 21 maggio 2010

Cos'hanno in comune Mara Carfagna e Darth Vader?

Il caschetto? Il sorriso smagliante? L'abito nero? Il chirurgo plastico? O il legame con l'Imperatore? La realtà non è così semplice, anzi. Tutto nasce dalle dichiarazioni che il Ministro più sexy della Galassia ha fatto la settimana scorsa in occasione della Giornata Galattica contro la Wookiefobia quando, smentendo apertamente se stessa, sia nelle dichiarazioni, sia nell'esercizio delle sue recenti funzioni pubbliche (per es. negò il patrocinio al Wookie Pride nel 2008), dunque non esattamente in linea col concetto di "Pari Opportunità", dicastero di cui lei è ministro, ha di fatto avuto il coraggio di manifestare pubblicamente un cambiamento radicale di posizione. «Chiedo scusa alle comunità Wookie per essere stata inizialmente guidata da un pregiudizio nei confronti delle istanze del loro mondo» ha detto infatti il Ministro, rivelando poi di non aver fatto tutto da sola, ma di essere stata guidata nel suo percorso di avvicinamento e comprensione dal deputato del PD e leader Wookie, Chewbecca.

Inutile negare che un mutamento di rotta così netto, palese, oserei dire audace e sfrontato, ci colpisce. Dovrebbe farlo. In una politica fatta di inciuci, affarismo, abuso, immagine, ma soprattutto radicalizzazioni e strumentalizzazioni, il gesto di Mara Carfagna anche solo per la sua rarità, assume una valenza nobile, quasi d'altri tempi e d'altri luoghi, benché quali tempi e luoghi non sia dato sapere, forse Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana... Così, la ragazza vituperata, sbeffeggiata, calendarizzata, cui ne sono state dette di tutti i colori in tutta la Galassia per la sua provenienza, il suo percorso e le sue curve lucide e pericolose, ha finito per dimostrare un teorema finora ritenuto impossibile. Si può (deve) ragionare con l'altra parte. Ci si può (deve) avvicinare. Si può (deve) cambiare idea. Si può (deve) evolvere. Il Jedi che cede alle tentazioni del Lato Oscuro non è perduto per sempre. E l'eventuale coraggioso abbandono delle proprie posizioni non corrisponde a una perdita di credito, ma a un guadagno e a un beneficio, perché significa avere ascoltato, essersi confrontati, avere usato l'intelligenza e avere compreso qualcosa che avvicina le persone e, solo per questo, rende migliore la società.

Certo, non è con questo che Mara abbia di dimostrato di essersi affrancata dal Lato Oscuro e dalle sue perverse connivenze con l'Imperatore Palpatine(1) ed è difficile che possa essere proprio lei la Prescelta per riportare l'Equilibrio nella Galassia. Però lo si percepisce fin su Marte. È come un inaspettato e improvviso acquisto di coerenza nella Forza. E, ancorché fuggevole, è comunque qualcosa. Insomma...«C'è del buono in lei.»

(1) alle escort.

giovedì 20 maggio 2010

mercoledì 19 maggio 2010

Oltranzismo e pregiudizio (3 di 3)

In buona sostanza, visti da Marte - e qui giungiamo finalmente al cuore del discorso - scetticismo oltranzista e creduloneria sono due aspetti opposti ed estremi di un medesimo fenomeno che mette i bastoni tra le ruote al progresso della conoscenza, in quanto difettano entrambi (a dispetto dei proclami del primo) nell'utilizzo della razionalità. Lo stesso tipo di discorso si applica anche a certe idee o teorie della cosiddetta "fisica di frontiera" giudicate non ortodosse, per le quali a volte gli scienziati vengono messi al bando della comunità scientifica o vengano ostacolati nelle loro ricerche, o magari cordialmente invitati a lasciar perdere per non compromettere la loro carriera. Ce ne sono stati e ce ne sono tuttora.

Sotto certi aspetti non è tanto diverso dalla faccenda dell'"ateismo", oggi così di moda. Ebbene, l'ateo ha bisogno delle stesse estreme categorie di assoluto di colui che - al contrario - crede. Il fatto che l'ateo demandi al credente il compito di dimostrare e si manlevi così da qualsiasi problema, mantenendo una falsa posizione di forza e dicendo di non credere a niente che non possa essere dimostrato scientificamente, non lo rende un razionalista duro e puro. Un rinunciatario piuttosto. In ogni caso i due modi di pensare finiscono per essere sullo stesso piano perché sono "estremi" e "chiusi" al cambiamento. Per questo su Marte è l'agnosticismo ad andare per la maggiore. Quando ci addentriamo nei territori dell'ignoto, sappiamo di non sapere. La storia della scienza è piena di scoperte di fenomeni che, prima, "non si vedevano" o "non si capivano". Il fatto che un fenomeno ha aspetti non (ancora) spiegati, non significa che si deve credere alla prima spiegazione che ci viene somministrata, ma nemmeno che sono tutte palle. Semplicemente, si sospende il giudizio e - per quanto possibile - si ricerca. Scientificamente, è ovvio, e razionalmente, nei limiti degli strumenti che si hanno a disposizione. E magari inventandone di nuovi.

Quindi gli "spiriti" potrebbero esistere? Chissà. Magari esistono forme di energia organizzate in modi al di là della nostra comprensione, o magari ci sono esseri che occupano dimensioni superiori alla nostra. Magari ci sono miliardi di miliardi di universi simili al nostro. Oppure invece non esiste proprio un accidente di niente. E gli extraterrestri allora? Stessa cosa. Non. Si. Sa. Ciò che si sa è che esiste una realtà ed esistono dei fenomeni a volte non immediatamente classificabili. Spesso sono spiegabili con un po' di sforzo razionale. Ma non nel 100% dei casi. E non dobbiamo mai dimenticare che l'universo è senza dubbio più misterioso e complesso di quanto presuntosamente si voglia credere, per illuderci di poterlo dominare e avere sotto controllo. L'importante è non lasciarsi suggestionare dai territori del mistero e di volta in volta continuare ad agire con raziocinio dialettico per smascherare le truffe (quelle soprattutto), ma liberarsi anche dai pregiudizi e mantenere la mente umile e aperta a ogni possibilità. È quasi solo una sfumatura di pensiero, ma a mio avviso è l'unica che permetterà a tutti gli esseri senzienti, marziani come terrestri, di capirci davvero qualcosa.

Ah, un'ultima cosa. Se non vi scoccia. Almeno sui marziani. Non dite che non esistono, vi prego. Ci rimarrei male.

lunedì 17 maggio 2010

Oltranzismo e pregiudizio (2 di 3)

Ricordo una puntata di qualche tempo fa de La gaia scienza, programma di La7 a cura di Mario Tozzi, in cui a un certo punto veniva affrontato l'argomento fantasmi e spiritismo. Nella fattispecie il geologo e ricercatore del CNR, giustamente stigmatizzava la fenomenologia, legandola, come purtroppo spesso succede, alle truffe e ai raggiri volti a far leva sulla speranza, la disperazione, l'ignoranza o la buona fede delle persone, che alla fine si vedono così alleggerite del portafoglio a fronte di una bella dose di fuffa esoterica assortita. Bravissimo, Mario. Però, lo stesso Tozzi chiudeva il servizio aggiungendo: «Gli spiriti e i fantasmi non esistono». Per la serie: lapidario.

Orbene, questo è un po' il prototipo della modalità con cui in genere si vedono trattate queste faccende. Tozzi, in quell'occasione, non ha detto: «Non abbiamo alcuna prova - scientifica - che spiriti e fantasmi esistano», ha invece affermato «Non esistono». E questo è indice di un certo tipo di "scetticismo oltranzista" e un tantino "pregiudizievole", come per esempio anche quello del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) che a noi marziani in generale fa un po' arricciare le antenne. E lo stesso è più o meno accaduto con la tipa della notizia di cui vi ho accennato nel mio post precedente, anche se non è proprio la stessa cosa, perché in questo caso c'è di mezzo un articolo che ha molto poco di giornalistico, non citando praticamente alcuna fonte verificabile e dunque un giornalista dalle discutibili capacità. Comunque, molti siti, e anche blog, si sono precipitati a dire "tutte cazzate", senza preoccuparsi di documentare le proprie affermazioni. Capisco che si tratta di un atteggiamento conservativo, ma da chi si vanta di essere razionalista sopra ogni altra cosa, pretendo comunque razionalismo sopra ogni altra cosa, anche nella confutazione. Quando è possibile, s'intende.

Quando invece la confutazione razionale non è possibile, da marziano pretendo almeno apertura mentale. Non "creduloneria", si badi bene, ho detto "apertura mentale", ovvero "massima attenzione alla possibile (probabile) bufala in vista", ma anche "concessione al dubbio". Prendiamo per esempio un fenomeno di oggetto volante non identificato. Se esso non riesce a essere confutato razionalmente o spiegato scientificamente - e seppur in minima percentuale casi del genere ne esistono - tu "credulone" non sarai legittimato ad andare in giro a dire che per questo si trattava di marziani, ma nemmeno tu "scienziato" sarai legittimato a dire che di sicuro non si tratta di marziani "perché i marziani non esistono". E allora che cosa dovrei dire io, eh?!

Nota: mi sono accorto che il discorso è più lungo del previsto e per finire ci sarà bisogno ancora di un post. Lo so, vi sento scalpitare sulle tastiere. Abbiate pazienza. Ancora una puntata e poi - giuro - vi lascio parlare.

Continua...

venerdì 14 maggio 2010

Oltranzismo e pregiudizio (1 di 3)

Noi marziani almeno una cosa in comune con voi terrestri l'abbiamo: siamo immersi nel mistero. Non serve essere esperti di meccanica quantistica, informarsi di energia oscura, bazzicare la teoria delle stringhe, darsi del tu col DNA per capire che della nostra realtà vediamo (e capiamo) solo la punta di un iceberg molto più profondo e dalla forma più articolata e complessa di quanto la nostra immaginazione possa anche solo concepire. Basta un'occhiata al cielo (che da Marte è praticamente uguale al vostro) in una notte di quelle scure o sorbirsi due minuti di Porta a Porta (che - ahimé - arriva anche su Marte). Dopodiché, tutto ciò che è in nostro potere fare - noi marziani, come voi terrestri - è usare gli strumenti della scienza per cercare di svelare (o almeno ipotizzare) i contorni di ciò che sta nascosto sotto la superficie dell'ignoto. E di certo è molto, ma se vai a vedere mica poi tanto.

Tuttavia, per forza di cose, il dominio dell'oscurità è foriero di mitologie, perché ha a che fare con l'immaginazione, la suggestione e la paura, e questo fa sì che lì dentro nascano, si riproducano e si diffondano aspetti para-fisici della realtà che in ultima analisi possono essere fatti confluire in tutto quel gran calderone fumante e ribollente chiamato "pseudoscienze". Per questo magia, astrologia ed esoterismo in generale non conoscono crisi, perché si nutrono degli ingredienti dell'ignoto, e di conseguenza continuano a trovare - anche in un'epoca come la nostra, apparentemente votata ai principi di ragione, scienza e tecnologia - seguaci, estimatori, lestofanti e creduloni.

E siccome da sempre tutte queste "pratiche" hanno avuto sovente a che fare con la truffa del prossimo, è giusto che in un'epoca (presuntuosamente?) illuminata si sia sviluppato un approccio difensivo rispetto a questo genere di fatti, che in una parola va sotto il termine generico di "scetticismo". Orbene, cominciando a entrare nel vivo della questione, queste considerazioni - e quelle che seguiranno -, anche se mi frullavano in testa già da un po', mi sono state catalizzate dalla lettura, qualche giorno fa, della notizia della tipa russa che diagnosticava le malattie guardando attraverso i corpi, e di alcuni siti che l'hanno commenta liquidandola senza tanti complimenti come l'ennesima bufala.

Per ora non entro ancora nel merito. Vorrei solo che deste un'occhiata alla notizia, se non l'avete letta, e vi faceste un'idea vostra sulla faccenda, anche magari in senso lato, ovvero rispetto a tutto questo genere di cose, come pure all'approccio dei media e degli uomini di scienza nei loro confronti. Poi finisco il post e, dopo, apro ai commenti.

Continua...

giovedì 13 maggio 2010

Il falò delle verginità

Qualcuno scuoterà la testa dicendo che il peggio ha sempre qualche nuovo asso nella manica e che non si può andare avanti così. Qualcuno scrollerà le spalle mormorando che era solo questione di tempo e tirerà diritto. Qualcuno sbaverà chiedendo con urgenza informazioni sul casting. Mi riferisco a questo nuovo imminente reality show americano, in cui i concorrenti - naturalmente femminucce, ma pare anche maschietti - venderanno la loro verginità all'asta. Adesso, per favore non fate a gara a chi si straccia per primo le vesti e posate per qualche istante ancora gli anatemi che state per lanciare. A parte il fatto che vorrei (tanto) sapere come hanno intenzione di garantire la verginità dei concorrenti maschi (forse con l'autocertificazione?), per il resto che male c'è? Ci sono ragazze che la piazzano in giro per molto meno. E ragazzi che addirittura ci fanno sopra dei mutui. Quindi.

Certo, qui su Marte è diverso. Qui se provassero a mettere in piedi una cosa del genere, al casting non si presenterebbe nessuno. E non sarebbe una questione di prezzo. Ma ormai sto imparando che voi terrestri siete diversi e, nel momento in cui c'è qualcuno disposto a farlo, non vedo proprio dove stia il problema. Dunque, siore e siori, si parte da un prezzo base di 20.000 dollari. Non fate i soliti bacchettoni. Chi offre di più?

Pagamento sicuro disponibile con:

(credits: nell'immagine Giovane vergine sodomizzata di Salvador Dalì.)

mercoledì 12 maggio 2010

No grazie, il porno mi rende nervoso

Notizia ormai scaduta da una dozzina di giorni, ma Marte è quasi in congiunzione e ci vuole il suo tempo. Abbiate pazienza. Ne vale la pena. Dunque è successo che l'Hot Star Team, ovvero la Nazionale Italiana degli Attori e Attrici Porno stava organizzando una serie di partite di calcio per beneficienza. Ed è successo che tra i destinatari di parte del ricavato, l’organizzazione abbia chiesto di inserire l'Istituto Giannina Gaslini di Genova (ancora Genova, ma che c'avete voi genovesi in questo periodo?), forse la più quotata struttura ospedialiera d’Italia in fatto di medicina pediatrica. Benissimo. Del resto quando c'è qualche evento benefico potete giurare che c’è il Gaslini di mezzo. Ri-benissimo. Però che è successo stavolta? È successo che il Gaslini abbia risposto no grazie, i vostri soldi (immorali) non li vogliamo.

Ora, va detto che il Gaslini è ospedale cattolico - difatti pare che il cortese rifiuto dell'offerta sia venuto su indicazione del Cardinale Bagnasco (per statuto la Fondazione Gerolamo Gaslini è presieduta dall’Arcivescovo di Genova dal 1988) - e va anche specificato che tutti i benefattori pare vengano ringraziati con una targa che viene affissa all'interno dell'ospedale a imperitura memoria del generoso gesto. E sai dunque che rossori sulle guance dei genitori e dei parenti dei ricoverati, alla lettura che la tale nuovissima macchina, che è riuscita a salvare centinaia di bambini (tra cui magari anche il loro), è stata comprata grazie alla donazione dalla Nazionale Italia degli Attori e Attrici Porno? O forse il punto è che tra quei bambini ci potrebbero essere futuri pornoattori o, peggio, pornospettatori?

In realtà sono le mie antenne che ogni tanto fanno contatto e mi rendono malpensante e incline alle illazioni. Ho capito cos'è che non andava e che cos'ha fatto storcere il naso a quelli del Gaslini, ritenendola faccenda poco seria, quando ho letto il titolo della manifestazione: "In mutande per regalare un sorriso." Mutande? Ma quando mai!

martedì 11 maggio 2010

Quella febbriciattola del venerdì mattina

È quella che adducono gli studenti il sabato mattina, quando presentano la giustificazione a scuola, sopra la firma ricalcata. Okay, mi direte voi, dacché in qualche caverna del pleistocene qualche sciagurato ha inventato la scuola, ci sono quelli che marinano. Come da quando hanno inventato la politica, ci sono i corrotti. È roba bipartisan. Lo fanno maschi e femmine, quelli delle scuole private e quelli delle pubbliche, quelli del classico e quelli dell’alberghiero, quelli delle scuole dei ricchi con l'ultimo iPhone, e quelli delle periferie con l'ultimo iPhone, quelli di destra e quelli di sinistra. Insomma, si tratta di fenomeni endemici del tutto conosciuti e naturali. Al punto che nemmeno risulta esistano dei tentativi di porre loro un rimedio, né tantomeno un freno. Okay, è vero. Resta però il fatto che da un paio di mesi a questa parte ci sono quelli del venerdì.

Eppure non li si può nemmeno accusare di avere mentito più di tanto. Perché quella febbre lì ce l'avevano sul serio, venerdì mattina, altro che tutte le palle dell’influenza suina e del vaccino-sì, vaccino-no. Lo sanno tutti che basta il classico colpo d’aria del giovedì pomeriggio, lieve come un SMS, e via, quella febbriciattola ti piglia e non ci puoi fare mica niente. Anzi, a dirla tutta, pare sia meglio lasciarsi andare, non contrastarla, farsela scivolare addosso, e nel giro di poche ore sarà solo un ricordo. Soprattutto se si può andare a smaltire l'eccesso di temperatura su una bella pista da ballo.

È l'ultimissima frontiera in fatto di marineria (non quella del mare, l'altra): la discoteca del venerdì mattina, a Genova. Avete. Capito. Bene. Così verso le 8:30 arrivano gli studenti. Tre euri di ingresso, più un tot per il guardaroba, ché gli zaini sono ingombranti, soprattutto se c'era il compito di latino col Castiglioni-Mariotti che pesa un diavolo con tutte le corna. Poi altri tre euri per la consumazione obbligatoria, ché un bel cuba libre al venerdì mattina è un toccasana per la trigonometria. Quindi via, a dimenarsi in pista fino alle 13:00, ché è meglio di due ore di educazione fisica in quella palestra che sa di muffa. Poi, rigorosamente alle 13:00, campanella e in fila per due, per mano, in silenzio, tutti a casa per non insospettire i genitori. Alito permettendo.

Se va male la colpa sarà dei soliti bidelli che spacciano grappini durante la ricreazione. Se invece va bene saranno già pronti per replicare tra qualche decade a Montecitorio, mentre il Ministro dell'Economia riferirà circa la grave crisi economica che avrà colpito un paese dell'area Euro di fronte a un'aula pressoché vuota. E in sottofondo il tunz-tunz della discoteca nel seminterrato.

lunedì 10 maggio 2010

Una maestra su tre assume abbastanza calcio

Credo abbiate sentito anche voi della storia di Maria B. (nome di fantasia), 48 anni, maestra elementare di Barra (NA), la quale tentando di sedare una rissa tra due alunni della sua classe, si è vista rifilare un violento calcio da Francesco T. (nome di fantasia), ragazzino di 10 anni, che le ha spappolato la milza, facendole così rischiare la vita e subire un intervento chirurgico di tre ore, per fortuna riuscito. Quello di cui forse però non siete a conoscenza, sono i provvedimenti presi a carico del ragazzino. Innanzitutto Francesco è stato espulso con un rosso diretto ed è stato accompagnato fuori dalla scuola dai fischi degli alunni delle altre classi. In secondo luogo, il Giudice Sportivo gli ha comminato tre giornate di squalifica e la confisca della Playstation. I suoi genitori tuttavia hanno fatto sapere di voler ricorrere per far ridurre la squalifica di almeno due giornate e fargli ottenere la restituzione della console. Le motivazioni principali risiederebbero nelle reiterate provocazioni della maestra nei confronti del ragazzino solo perché non faceva regolarmente i compiti a casa e, relativamente alla revoca della confisca della Playstation, nel fatto che «Altrimenti dobbiamo giocarci noi con lui», ha dichiarato la madre in conferenza stampa.

venerdì 7 maggio 2010

Sesso, comodini e fantasia (VM 7 anni)

L'Uomo, le mani forti aggrappate ai fianchi di velluto, la prende con una lenta, dolce decisione. Allora la Donna lo guarda negli occhi. Un breve sorriso come un arcobaleno fugace. Gioia e malizia. Poi li chiude. Il preludio di un gemito. Sembrano vent'anni che attendevano questo momento. Quindi l'Uomo comincia a darci dentro, come fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita, come fosse l'unica cosa che avrebbe dato un senso alla storia della sua vita. Dal canto suo la Donna si lascia cullare dalla marea di piacere che s'innalza a ogni colpo, come il seggiolino di un'altalena spinto verso l'infinito del cielo ogni volta proprio al momento giusto. Dura il tempo d'un soffio oppure un'eternità. Di certo alla fine l'Uomo esplode e la Donna con lui, vulcani gemelli sopiti per millenni, che si lasciano andare all'ebbrezza di un'eruzione negata troppo a lungo. Quando poi l'Uomo, madido, la lascia e crolla supino ansimante, come se avesse appena concluso il giro dell'Universo, allunga una mano verso il comodino e prende in mano... la vera ragione di questo post.

No, non si tratta del classico pacchetto di sigarette, bensì di un libro. È inutile che facciate quella faccia, so benissimo che (troppo) pochi di voi sarebbero arrivati fin qui, se dalle prime righe aveste intuito che volevo parlarvi di un libro di fantascienza. Così, se adesso che lo sapete volete lasciar perdere, sappiate che i nostri due protagonisti potrebbero anche non avere ancora finito... Dunque, il libro in questione è Storie della tua vita, raccolta di racconti di Ted Chiang, uno dei migliori autori di narrativa fantastica in circolazione, ovvero uno scrittore marziano a tutti gli effetti. Punto. Fidatevi delle mie antenne. Ma la particolarità di questo scrittore americano, che curiosamente si cimenta solo nella narrativa breve, è il suo particolare approccio al genere, che in una parola definirei obliquo. Molti infatti, forse più per comodità catalogativa che per sua effettiva appartenenza, considerano Chiang un autore di fantascienza [L'Uomo ha iniziato a leggere, ma la Donna non ne ha abbastanza e, come una gatta volitiva, gli stuzzica il birillozzo con le unghie lunghe, laccate del colore dei sogni...]. Eppure, a dispetto del suo bagaglio culturale tecnico - Chiang è laureato in informatica -, la sua narrativa si snoda su binari sì non realistici, ma inconsueti e trasversali, a volte più vicini a un Buzzati o a un Calvino o a un Bradbury, che a un Asimov o a un Clarke o a un Dick, a volte un insieme dei sei, a volte distante anni luce da tutti quanti, ma sempre con una potenza evocativa tale da rendere la sospensione dell'incredulità un gioco da bambini anche nei lettori più refrattari.

Insomma è vano tentare di rinchiudere Ted Chiang dentro i rigidi stilemi di un genere, perché Chiang il genere lo reinventa ogni volta che mette mano a un nuovo racconto. Dove mai si può collocare la storia della costruzione di una torre che, raggiunta la volta del cielo, ora scava nella terra che la sovrasta senza sapere se sia possibile oltrepassarla, né quali pericoli nasconda (Torre di Babilonia)? Oppure quello di una realtà dove le regole della Cabala e i nomi possono sul serio animare le cose (Settantadue lettere) [Ecco, senza distogliere gli occhi proprio da questo racconto, l'Uomo allunga le dita verso il sesso di lei, umido e caldo...], o quello di un mondo dove paradiso e inferno sono tangibili e interferiscono direttamente nelle vite degli uomini (L'inferno è assenza di dio)? O, infine, quello - geniale - di un'America pseudo-contemporanea in cui è stato sviluppato un trattamento in grado di eliminare l'influenza della considerazione della bellezza dal giudizio delle persone (Il piacere è ciò che vedi: un documentario)?

Queste sono solo alcune delle chicche di Chiang racchiuse in quest'antologia, che include otto opere di questo autore, classe 1967, di cui molti sperano di vedere presto un romanzo, ma che si ostina a pubblicare solo racconti, e anche col contagocce, ma che nel contempo non manca di sbancare tutti i premi internazionali più importanti (Hugo, Nebula, Locus). [Anche se una parte dell'Uomo vorrebbe proprio finirlo di leggere, il racconto di Chiang, il birillozzo non ama il genere e comincia a inturgidirsi come una fenice che risorge dalle proprie ceneri, mentre la Donna gli solletica un orecchio con la punta della lingua e lui sente la tensione crescere e la voglia riattizzarsi...] E anche se forse l'unico suo difetto sta nei finali, in media lievemente un po' giù di tono rispetto al resto (niente a che vedere coi "finali" dei nostri protagonisti), vale davvero la pena fare l'esperienza di leggerlo. Se poi vi capita l'occasione della scopata che aspettavate da vent'anni, non deludetela e date il meglio di voi. Chiang non è tipo che si offende, se lo mettete ad aspettare sul comodino.

Storie della tua vita, di Ted Chiang - Stampa Alternativa & Graffiti

[credits: foto di Karimahlending]

giovedì 6 maggio 2010

Questioni di lingua

Ieri sera sul Satellite Extraplanetario mi sono imbattuto in Otto e Mezzo, l'approfondimento giornalistico quotidiano condotto da Lilli Gruber su La7. E come ospite c'era Italo Bocchino, il deputato del PdL, il finiano, l'ex-vicecapogruppo alla Camera, l'"epurato" eccetera. Ora, mi rendo conto che fin da piccolo costui deve avere avuto una vita assai difficile, con quel cognome lì. E personalmente mi ritengo abbastanza adulto, maturo e avvezzo ai cognomi assurdi (dovreste sentire che razza di nomi ci sono qui su Marte), da non lasciarmi tentare dal luogo comune - e anche un tantino infantile - della presa in giro di un cognome. Però c'era la Gruber che continuava a ripetere con quelle sue labbrone rosse, Onorevole Bocchino, Onorevole Bocchino, Onorevole Bocchino, che già ti veniva da restarci un po' spiazzato, perché non ti era ben chiaro se si trattasse di un appellativo o di un'offerta. Fatto sta che sarà anche stato quello, non lo so, ma a un certo punto, durante i titoli di coda, nel mio cervello marziano è comparso dal nulla un quesito. Non l'ho fatto apposta, voglio dire, è venuto a galla da solo. E per questo so già che ci sono fior fior di strizzacervelli, lì fuori, pronti a offrirmi i loro servigi a prezzi stracciati, pur di avere un marziano sul loro divano. Comunque a un certo punto mi è venuto da chiedermi:
Meglio un onorevole bocchino o un bocchino onorevole?
A quel punto non ho spento la TV, no. L'ho buttata dalla finestra.

mercoledì 5 maggio 2010

Bandiere

Se c'era uno che vedeva lontano e aveva già capito tutto, questi era Massimo d'Azeglio. È a lui che infatti viene generalmente attribuita la celebre frase: «Abbiamo fatto l'Italia. Ora si tratta di fare gli Italiani.» Alcuni a dire il vero, la attribuiscono a Ferdinando Martini, ma la paternità della citazione importa tanto quanto il Q.I. di Monica Bellucci. Importano invece le sue misure, ovvero che qualcuno un secolo e mezzo fa avesse già capito perfettamente che l'impresa di Garibaldi era stata solo una misura "politica e amministrativa", ma che "socialmente e culturalmente" l'Unità era tutt'altro che compiuta.

Oggi perfino la Bellucci capirebbe che quella frase è ancora valida (difatti è scappata a vivere oltralpe). Così, mentre il Presidente Napolitano si sbatte a inaugurare le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'impresa di Garibaldi, come festeggiamenti di un matrimonio dove un testimone è l'amante della sposa (o viceversa, a voi la scelta), non serve essere Bossi per chiedersi che cosa stiamo celebrando, perché lo stiamo celebrando e se ha senso celebrarlo. Che cosa commemoriamo quando l'unico sentimento di unità nazionale che proviamo è quello di fronte all'icona canonizzata di Cannavaro che alza la Coppa? Che cosa glorifichiamo quando l'unica sensazione di coesione ce l'abbiamo sfogliando la Guida TV? Che cosa abbiamo da festeggiare se l'unico vago presagio di unità nazionale ci viene suscitato come un fremito sordo e lontano da un terremoto notturno di 5,9 gradi della scala Richter, dal rombo di una rossa di Maranello e dai calendari della Bellucci (sempre lei) ormai scaduti, ma ancora nostalgicamente appesi nelle motrici dei TIR in viaggio tra Merano e Lampedusa come vecchie bandiere risorgimentali?

Tra individui il sentimento di "unità" scaturisce e si radica sul concetto di "condivisione", perché dunque nel caso di una società intera non dovrebbe valere un principio analogo? Parlo della condivisione di esperienze che hanno segnato un popolo intero e da cui un popolo intero ha saputo risollevarsi, parlo della condivisione di leggi in cui tutti si riconoscono e che dovrebbero sentire il dovere di rispettare, parlo della condivisione di basilari valori sociali, morali e culturali che tutti dovrebbero sentire propri, parlo della condivisione della salvaguardia di un territorio meraviglioso, parlo della sensazione di appartenenza a qualcosa di più grande e di cui si sente di poter andare fieri e che ha a che fare con i concetti di orgoglio e identità. Invece cos'è che ci contraddistingue? Una prima risposta la trovate in Lazio-Inter di domenica scorsa. Le altre le lascio a voi.

lunedì 3 maggio 2010

Tutta la verità, nient'altro che la verità sul 2012

Domanda: non è che per caso potete smetterla con gli accostamenti tra le manifestazioni naturali terrestri (uragani, terremoti, eruzioni...) e l'approssimarsi del fatidico anno della profezia Maya? E sul fatto che essi siano sempre più frequenti, e ravvicinati, e numerosi, e distruttivi eccetera? E sul fatto che tutto questo sia il Segno che qualcosa di anomalo sta accadendo al Pianeta Terra? E sul fatto che è colpa delle energie negative degli uomini che si ripercuotono sull'equilibrio di Gaia? E sul fatto che, qualunque cosa sia, avrà il suo picco proprio nel dicembre 2012, per cui sottoscrivete pure finanziamenti impossibili, purché la prima rata sia a partire da gennaio 2013? Ebbene, vorrei che vi convinceste che: 1) si tratta di fenomeni del tutto naturali, con una distribuzione statistica entro la norma e 2) i Maya non hanno previsto alcuna distruzione del mondo.

Quello che hanno previsto i Maya - e che vi potete aspettare - è (semplicemente) la fine di un ciclo cosmico e l'inizio di uno nuovo, ovvero un cambiamento radicale del mondo quale lo avete conosciuto finora, che dunque verrà spazzato via e rimpiazzato da un altro, tutto da scoprire e da vivere sulla vostra pellaccia. Ma non è mica detto che sia meglio. Praticamente come un cambiamento dell'inquilino di Palazzo Chigi. Ma quello che c'è di nuovo e di clamoroso a riguardo, è il recentissimo rinvenimento di una tavoletta nella zona di Yaxchilàn che, per ovvi motivi, è stata finora tenuta supersegreta e che snocciola uno per uno gli (incredibili) eventi che accadranno a partire dai primi mesi del 2013. Eccone una traduzione (parziale) avuta in esclusiva grazie a una fuga di notizie dalla redazione della trasmissione Voyager - Ai confini della conoscenzaA tra poco, dopo la pubblicità, tutti gli approfondimenti. Non cambiate canale!» - Roberto Giacobbo):

1) Il Vaticano riconoscerà le coppie di fatto e abolirà la castità obbligatoria per gli ecclesiastici;
2) Il Partito Democratico vincerà le Elezioni Politiche del 2013 con maggioranza assoluta;
3) La televisione vedrà l'abolizione della pubblicità nei film;
4) Bruno Vespa si darà all'apicoltura;
5) Mario Balotelli diventerà guida boy-scout;
6) Paolo Brosio si convertirà al buddhismo;
7) La Virgin metterà sul mercato dei profilattici per restare vergini;
8) Vittorio Feltri diventerà direttore de L'Unità;
9) Belèn Rodriguez si aggiudicherà il Nobel per la Pace;
10) Il Genoa vincerà lo scudetto.

sabato 1 maggio 2010

7 Note dal Concertone

1. DOminazione
La schiavitù umana ha toccato il punto culminante alla nostra epoca sotto forma di lavoro liberamente salariato.
(George Bernard Shaw)


2. REalizzazione
Il lavoro non mi piace – non piace a nessuno – ma mi piace quello che c'è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi.
(Joseph Conrad)

3. MInistero
La democrazia divide gli uomini in lavoratori e fannulloni. Non è attrezzata per quelli che non hanno il tempo per lavorare.
(Karl Kraus)

4. FAtalità
Lo Stato si fonda sulla schiavitù del lavoro. Se il lavoro diventerà libero, lo Stato sarà perduto.
(Max Stirner)

5. SOLlazzo
Una società fondata sul lavoro non sogna che il riposo.
(Leo Longanesi)

6. LAstrico
È evidente che più la società si fa tecnologica, più si riducono i posti di lavoro. E paradossalmente quello che è sempre stato il sogno più antico dell'uomo: la liberazione dal lavoro si sta trasformando in un incubo.
(Umberto Galimberti)

7. SI veda l'immagine
(attr. Rudolf Hoess)

L'età dell'innocenza

Vi prego, non prendetemi per presuntuoso, se vi dico questa cosa. Non vuole essere una ramanzina. È solo che - lo sapete - da quassù vedo le cose in modo diverso. Dunque, cosa ve li tenete a fare tutti quei giudici, magistrati e pubblici ministeri? E i GIP allora? Manco fossero dei SUV. E quei palazzi grigi, pieni di gente in mezzo alle scartoffie e alla polvere che fa starnutire? Non potrebbero essere usati per scopi sensati? E per favore lasciate perdere pure tutta la faccenda sulle intercettazioni. Abolitele e finitela lì! Sono soldi spesi a vuoto. Abbiate il coraggio (e l'umiltà) di ammetterelo, una buona volta. Smettetela di perseverare nel vostro errore. "Perché?", vi chiedete? Semplice. Perché sono tutti, sempre, solo, innocenti. Mettetevelo in testa. È così che si professano, no? Perché dunque non dovreste credergli? La colpevolezza non esiste. La reità è una brillante invenzione giornalistica. Il dolo è una curiosa trovata degli avvocati per sbarcare il lunario. Tutta roba buona per le fiction televisive o i romanzi d'appendice. E difatti scrittori e sceneggiatori ci sguazzano. Ma - sveglia, gente! - la realtà e la vita vera sono un'altra cosa. Certo che siete proprio diffidenti, voi terrestri, nei confronti dei vostri simili, eh? A volte non riesco proprio a capirvi. Del resto se ci fosse anche solo un qualche vago dubbio di colpevolezza, le dimissioni non solo sarebbero accettate, ma anche incoraggiate, no? Proprio tutto vi devo dire. Tutto. [sospiro]

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