Punti di vista da un altro pianeta

venerdì 8 novembre 2013

Illusione e doping dell'informazione

L'informazione non esiste. L'informazione è un miraggio. L'informazione è qualcosa di virtuale che ci fanno credere essere reale, che ci hanno abituati a credere tale, che ci hanno educati a considerare importante, a seguire, a esserne dipendenti. Ci hanno abituato che è cosa buona sapere tutto, ed è cosa più buona saperlo prima, anche se non ci fa vincere niente saperlo prima, anche se questo tutto non ci tocca, non ci importa, non ci serve, non dà alcun valore aggiunto alle nostre vite, perché l'informazione (o almeno la stragrande maggioranza di essa) è un'illusione.

Gli aspetti da considerare sono due, di cui uno in qualche modo discende dall'altro. Innanzitutto l'informazione, anche quella seria, quella esposta con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo compito, ha la dolciastra confezione del gossip. La natura sostanzialmente lucrativa dei mezzi di informazione fa privilegiare ciò che vende: il sensazionalismo, il pettegolezzo, lo scoop, lo choc. Dunque le notizie vengono tagliate col filtro del sensazionalismo e del pettegolezzo, mentre lo scoop e lo choc vengono sottolineati anche (soprattutto) quando non sussistono (per esempio il portale Libero.it è maestro in questo, ma anche Repubblica.it non scherza), distorcendo la stessa percezione del lettore rispetto a quale dovrebbe essere una notizia davvero importante e quindi sminuendo il concetto di importanza di un fatto.

Il secondo, e conseguenza del primo, è la disintegrazione totale dei contenuti. Le notizie, specie quelle della cronaca politica, a un'analisi neanche troppo approfondita risultano completamente vuote. Nascondendosi dietro l'alibi della semplicità e del proposito di raggiungere il maggior numero di utenti possibile, l'informazione viene privata di tutti i concetti davvero informativi (difficili?) e viene propinato il suo aspetto più istintivamente attraente: il gossip. Quando viene approvato, o respinto, o proposto un provvedimento (che sia il ddl sul femminicidio o la proposta di abolizione del reato di clandestinità), nei relativi articoli giornalistici voi non troverete mai la spiegazione di che cosa prevede in dettaglio la legge o il provvedimento, ma troverete solo la diatriba politica, il ping-pong tra le fazioni, l'insulto irritante, il battibecco sterile, la pernacchia umida, senza che venga messa in luce la sostanza, il vero nodo del contendere (se mai ce ne sia davvero uno), senza che venga messo in condizione il pubblico di farsi davvero un'idea e capire. L'opinione dunque che l'informato si fa del provvedimento non è mai nel merito del provvedimento stesso, ma risulta essere di tipo calcistico, legata al tifo per il miglior insulto, per la fazione che suscita la maggior simpatia, per il tono di scherno maggiormente riuscito. È di matrice cabarettistica, insomma.

Qualcuno punta il dito contro il pubblico, giustificando questo modus informandi con il fatto che il concetto stesso di "approfondimento" allontana il grande pubblico, pigro e mediamente ignorante, allo stesso modo - indulgente - con cui la televisione spazzatura giustifica se stessa. Eppure mi chiedo come sarebbe un mondo in cui ci fosse solo informazione seria, obiettiva e circostanziata, un mondo in cui nessuno potesse essere tentato dai profumi inebrianti della merda mediatica, dalle tette inutili, dagli urli e dalle parolacce sputacchiate sui microfoni. Ma purtroppo è come il doping. Se non ci fosse, tutto sarebbe più vero, più leale e tutti sarebbero comunque alla pari. Ma siccome nessuno è immune alla tentazione di voler vincere facile, e nessuno è sicuro che nessun altro lo userà, alla fine diventa necessario che lo usino tutti.

martedì 5 novembre 2013

La scelta (di un libro) ai tempi dell'e-book

In fatto di scelta, è chiaro che se voi avete già le idee chiare nella vostra zucca, libro o e-book che sia, le cose non cambiano granché. Ma la prima impressione (personale) è che, in mancanza di contromisure, l'e-book tenda a essere lievemente penalizzante nel momento in cui vi trovate a decidere se scegliere/comprare un libro imprevisto, come (quante volte vi sarà successo?) quando gironzolate per una libreria a curiosare come esploratori senza bussola, né stelle, intorno ai banchi o su per gli scaffali, prendendo in mano i libri come i cioccolatini di Forrest Gump, semplicemente lasciandovi attrarre da un autore, un titolo, una copertina, un'edizione, di cui non avevate mai sentito parlare prima, finché una volta giunti alla cassa vi accorgete che ve ne sono rimasti attaccati alle mani uno o due. Certo, la rete e i siti come Amazon, IBS ecc. cercano di sostituire quell'attività (invero assai appagante) con varie strategie che si riassumono in proposte di offerta giornaliere o quasi, però ho la sensazione che il potere dell'esperienza fisica dell'acquisto librario sia un valore aggiunto non trascurabile, con la mancanza del quale il mercato editoriale - specialmente per gli autori non noti - in qualche modo già deve, ma dovrà sempre più in futuro, fare i conti.

A tutto ciò intravedo due principali conseguenze che tenderanno a realizzarsi, peraltro entrambe positive per il lettore, improntate alla compensazione (risarcimento?) - almeno parziale - di ciò che l'esperienza dell'acquisto del libro fisico toglierà. La prima è il doverosissimo crollo del prezzo dell'e-book, ancora oggi mediamente (e assurdamente) troppo alto rispetto alla corrispondente edizione cartacea, vista anche la mancanza dei costi vivi di stampa e distribuzione. Una stima media sommaria che ho fatto, escludendo le offerte speciali, si attesta oggi intorno a circa il 25% in meno. Questo significa che se un libro cartaceo lo paghi 10,00€, il suo omologo virtuale (peraltro con tutti i problemi, niente affatto banali, legati alla reale proprietà dell'oggetto ecc.) adesso ti costa 7,50€. Ancora troppo. Penso che un prezzo sensato per una nuova edizione dovrebbe attestarsi almeno intorno al 50/60% in meno rispetto all'edizione cartacea, un obiettivo che è già molto vicino nel mercato americano tradizionalmente molto più avanti di quello italiano. Questo potrebbe portare il lettore a essere più indulgente nell'acquisto di un libro, anche in caso di non completa convinzione. Insomma, se un libro ti viene offerto a 2€, puoi anche pensare di comprarlo senza esserne troppo informato o non esserne completamente convinto: ti basterà solo un po' di (sana) curiosità.

La seconda è la necessità dell'incremento della qualità dell'informazione libraria in rete. E questo, nel marasma incontrollato e incontrollabile dell'offerta già presente di recensioni sul web, può sembrare un paradosso (o un'autentica follia), ma a mio avviso non lo è perché, a dispetto di questo, è difficilissimo trovare in rete recensioni serie, competenti e soprattutto intellettualmente oneste, dunque complessivamente affidabili. Si passa dalla pigra (e odiosa) ricopiatura del comunicato stampa o della quarta di copertina, che davvero non aggiungono alcun valore aggiunto, al pezzo scritto per melliflua piaggeria, fino alla repellente recensione-di-scambio, che dunque mai potranno essere davvero critiche e in qualche modo utili. E questo è un machete valido sempre, ma soprattutto nell'intricato (e variegato) bosco degli autori sconosciuti e/o pseudoesordienti. La rete può essere un mezzo potente a disposizione di tutti, se utilizzato almeno con passione vera, magari anche con un po' di talento. Specialmente nel momento in cui l'e-book in qualche modo ha contribuito a livellare le possibilità tra grandi e piccoli autori. Ma è anche un oceano molto salato. Chi millanta, o non ha i numeri, per quanto si sbracci, non riuscirà mai a galleggiarvi sul serio. Autori, editori, lettori e recensori sono avvisati.

lunedì 4 novembre 2013

Esercizio di bibliopsicologia comparata

Quando un lettore tiene in mano un libro, di carta intendo, al di là dell'annosa e (un po') stucchevole faccenda delle sensazioni (mi riferisco ai soliti irriducibili nostalgici, cultori della fisicità del libro cartaceo in termini di profumo, fruscio, grana della carta ecc.), c'è un ulteriore fattore tutt'altro che trascurabile che viene percepito in modo molto diverso e che tende a condizionare, ancorché per lo più inconsapevolmente, l'opinione che il lettore ha del libro cartaceo rispetto al suo omologo prodotto in formato digitale. Mi piace chiamarlo il peso-della-stampa.

Si tratta di quell'automatica consapevolezza che il lettore ha del valore materiale di un oggetto, in questo caso il libro, ovvero che per creare ciò che ha in mano è stato necessario un investimento. Tutta la faccenda insomma è costata dei soldi a qualcuno (NB che nella fattispecie non è l'autore) e si sa che dai soldi non ci si separa mai a cuor leggero. In altre parole qualcuno da qualche parte avrà ritenuto che valesse la pena rischiare un piccolo (o grande) gruzzolo per portare alla luce del mondo (tutte) quelle parole impresse sulla carta, nell'estrema speranza di guadagnarci qualcosa (normalmente è così, o almeno così dovrebbe essere). E questo risulta direttamente proporzionale alla dimensione del volume e al pregio dell'edizione (carta, colori, copertina ecc.). Quindi in buona sostanza tanto più il lettore percepisce un alto valore dell'oggetto nel suo complesso, tanto più d'istinto è portato ad attribuire un alto valore anche al suo contenuto. E tutti sappiamo nostro malgrado quanto questa percezione possa essere beffardamente fallace in ogni settore del commercio (e non), ma ancora di più in ambito editoriale.

Nel caso dell'e-book, invece, tutto questo non esiste. Il contenitore non esiste. Nemmeno il fiocco esiste. E se da un lato i soli costi di editing (si spera), di traduzione (se necessario) e di impaginazione (per forza) restano presenti in entrambe le versioni, dall'altro l'e-book non è gravato da alcun altro costo diretto (niente stampa e niente distribuzione, anche se quest'ultimo costo - pur essendo il più determinante della filiera editoriale - resta invisibile, e dunque ininfluente, agli occhi del lettore di libri cartacei). Per certuni questo potrà essere interpretato finalmente come un sintomo di purezza dell'e-book, che rimane pertanto immune da qualsiasi contaminazione materiale potenzialmente ingannevole, ma analogamente penalizza tutte quelle modalità estetiche cui comunque il lettore non si può del tutto sottrarre quando (pre)giudica - nel bene e nel male - un libro cartaceo, ovvero spesso quando si trova a sceglierlo senza molti altri parametri a disposizione.

/continua (domani)

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