3. Ristrutturare
È evidente che l'apparato produttivo e i rapporti sociali vanno adeguati alla rivalutazione e alla riconcettualizzazione: questa è la ristrutturazione, sebbene non è detto che essa debba per forza discendere come conseguenza dai primi, bensì può anch'essa concorrere al consolidamento dei primi, come in un processo di retroazione positiva che diventa così circolo virtuoso. Di certo la ristrutturazione implica la fuoriuscita dal capitalismo. Questo tuttavia non deve far pensare che la decrescita sia espressione di una società schierata compatta a sinistra, tant'è che a tutt'oggi tutte le forze di sinistra si esprimono, pur con i loro distinguo, sempre in termini di "crescita-crescita-crescita". A tale proposito infatti, Latouche rivendica il fatto che il programma della decrescita sia "in primo luogo un programma di buon senso" e che "è altrettanto poco condiviso sia a sinistra che a destra". E questo, aggiungo io, dà la misura delle profonde contraddizioni in cui versa la sinistra di oggi. Del resto su questo punto Latouche ha ragione e giustamente approfitta della situazione per smarcare intelligentemente la decrescita dalla diatriba politica. Tuttavia, lo spirito non cambia e, a mio modo di vedere, i valori propugnati dalla decrescita dovrebbero corripondere ai valori classici della sinistra, ancorché traghettati dentro la modernità del XXI secolo. Potete immaginare valori di questo genere promossi da forze - anche moderate - di destra?
4. Ridistribuire
Qui lascio parlare direttamente Latouche, non saprei dirlo meglio. "La ristrutturazione dei rapporti sociali è già ipso facto una ridistribuzione. Questa riguarda la ripartizione delle ricchezze e dell'accesso al patrimonio naturale tanto tra il Nord e il Sud, quanto all'interno di ciascuna società, tra le classi, le generazioni, gli individui. La ridistribuzione avrà un duplice effetto sulla riduzione del consumo. Direttamente, ridimensionando il potere e i mezzi di consumo della 'classe consumatrice mondiale' e in particolare dell'oligarchia dei grandi predatori. Indirettamente, diminuendo lo stimolo al consumo vistoso".
5. Rilocalizzare
È naturale che la decrescita faccia della deglobalizzazione uno dei suoi punti cardinali. Pertanto tutto ciò che è producibile localmente, va prodotto localmente. In quest'ottica gli spostamenti di merci e di capitali vanno ridotti all'indispensabile. C'è davvero bisogno di fragole cilene a Natale o di ninnoli cinesi tutto l'anno? Ma anche la politica, la cultura, l'economia, fino addirittura al senso della vita, "devono ritrovare un ancoraggio territoriale" e le relative decisioni devono essere prese localmente tutte le volte che è possibile. Le Società Mutue per l'Autogestione per esempio sono realtà sociali ed economiche territoriali che vanno esattamente in questa direzione, per questo soluzioni del genere dovrebbero essere promosse e incentivate. Allora da questo punto di vista la decrescita potrebbe addirittura rendere felici i leghisti?
/continua (domani)
Questi altri punti non fanno che rafforzare quanto dicevamo ieri, sia tu che io, nei commenti. Da un lato si profila, a livello generale, come assoluta utopia. Dall’altro, è realizzabilissima a livello personale: io potrei dire di rappresentare già, sotto mille punti di vista, una felice e convinta decrescita. Ma il problema è: se non può diventare qualcosa di politico e sociale, una vera svolta epocale per tutti, questa felice decrescita personale di pochi non avrà il semplice effetto di un antipatico “pippirimerlo”?
RispondiEliminaIl rischio concreto, poi, è che i signori della Mobilitazione Totale finiscano un giorno o l’altro col trasformare la mia resistenza (il rifiutarmi di partecipare “alla grande corsa a handicap per qualche monetina”, come la definiva Stevenson) in vero e proprio Reato. Non per niente, come dici tu, la “sinistra” è la prima a essere ben fossilizzata sul concetto di crescita, o sul considerare il Lavhorror un Valore in sé e per sé, anziché una triste necessità che la tecnologia, la solidarietà e la buona amministrazione dovrebbero aiutarci a limar via sino a quasi eliminarla dal mondo! (parlo del lavoro pesante, ripetitivo, alienante e automatizzabile, naturalmente) Insomma stiamo attenti, noi tutti (dai liberi pensatori ai guru della decrescita agli artisti in generale) a non ritrovarci in qualche gulag, nero o rosso che sia…
@Zio Scriba: volendo vedere il Bicchiere-Mezzo-Pieno, si potrebbe pensare (illudersi?) che l'adozione individuale potrebbe acquisire dimensioni sociali (e quindi anche politiche) nel momento in cui il numero di persone a condividerla superasse una determinata soglia critica.
RispondiEliminaQuanto al rischio che tu paventi, sembra uscito fuori da un libro di Orwell, anzi di Huxley. Del resto è pur vero che la storia insegna che i Grandi Dittatori vengono fuori nel bel mezzo delle Grandi Crisi, in quanto si presentano come i salvatori della patria, gli unici in grado di farcela. Quindi, date le circostanze, oggi bisogna stare più che mai con gli occhi aperti e la mente in moto.