Punti di vista da un altro pianeta

martedì 24 febbraio 2015

Evviva l'Oscar (non) italiano!

Milena Canonero conquista il suo quarto Oscar nella categoria Migliori Costumi e subito i media titolano cose tipo: "Oscar, l'Italia c'è". L'apoteosi della sineddoche al contrario. Il tutto per la parte. Una cosa sempre un po' triste, a dire il vero. Perché l'Oscar l'ha conquistato Milena Canonero, non l'Italia. Non c'è niente di italiano in Milena Canonero se non la sua nascita torinese. La Canonero (adesso qualcuno esclamerà "la Milena nazionale!") inizia la sua carriera quando un regista di belle speranze la vuole come costumista in un film minore. Il regista è Stanley Kubrick. Il film è Arancia Meccanica. Non so se avete presente i costumi di Alex e i suoi drughi. Ecco, quelli. All'epoca lei ha (soltanto) 25 anni. Il suo primo Oscar se lo aggiudica solo cinque anni più tardi, per un altro filmetto da nulla, in cui i costumi valgono poco o niente: Barry Lyndon. Ne passano altri sei e si porta via la statuetta per Momenti di gloria. E lei ne ha già avuti parecchi. Seguono poi cinque nomination e altre due vittorie: Marie Antoinette di Sofia Coppola e questa del 2015 per Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Quindi, insomma, un curriculum che parla da sé, dove l'Italia è presente solo sulla sezione anagrafica.

Non c'è niente di italiano in questa storia, tranne i natali del soggetto. Niente per cui si possa sostenere che c'è un pezzetto di Italia nel successo di Milena Canonero. Questo è millantato credito. Qui si parla di una singola persona, un talento straordinario, che giovanissima si è trasferita a Londra a studiare arte e storia del costume (a Londra, non a Roma) e da lì ha fatto il grande salto nel momento in cui le circostanze la portarono a conoscere Kubrick (Kubrick, non Fellini) e a lavorare per lui. Da Londra a Hollywood, il passo è stato breve. Oggi, a 69 anni, vive e lavora a Los Angeles. A che titolo dunque dovremmo dire: "L'Italia vince con Milena Canonero"?
È odioso questo modo tipico dei media (e dei politici) - che poi però si riversa sui lettori (e gli elettori) e sul loro modo di intendere le cose - di scippare meriti per cercare in qualche modo di nutrire l'orgoglio nazionale, incrementare così le vendite (e i voti) e dimostrare la tesi che l'Italia può avere successo, quando non addirittura di arrogarseli, quei meriti. La verità è che, almeno in questo caso - come in altri -, l'Italia non c'entra un bel niente. Anzi. Milena è un cervello in fuga, Milena ha dovuto andare via giovanissima dall'Italia per seguire la passione e raggiungere l'eccellenza. L'Italia non ha avuto alcuna parte nel successo di Milena, dunque l'Italia non ha vinto un accidente. E noi possiamo essere felici per lei al massimo giusto per quell'empatia istintiva che ci può suggerire il suo cognome, ma non più di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Al Pacino o Joe Pesci.

2 commenti:

  1. Che tristezza! La Stampa, sempre peggio..Mamma mia..purtroppo sanno benissimo che la gente non si informa su ciò che legge e ci provano sempre a scrivere cavolate!

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    1. Se è per questo la gente non si informa neanche su ciò che scrive. Questo è, mediamente, il semplice (e triste) motivo per cui i giornalisti scrivono cazzate.

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