C'è da dire che di questo film della premiata ditta Coen&Coen&Bridges in giro si leggono magnificenze su magnificenze, a senso unico, un'unica voce di appassionate approvazioni e, per certi aspetti, le nomination all'Oscar sembravano confermare l'entusiasmo. Dunque sono andato a vederlo - ammetto - con un bel fardello di aspettative, che senza dubbio può nuocere, ma tant'è quello che mi è venuto da dire alla fine è stato: «Tutto qui?» Certo, non fraintendetemi, la pellicola è girata ottimamente e gli interpreti sono ben all'altezza. Ma quando le luci si riaccendono, ti vien da dire: «Embè?» Dove sono i Coen? O meglio: c'era bisogno dei Coen? In altre parole: che cosa hanno aggiunto i Coen a questa pellicola? Che poi significa: dov'è la loro cifra stilistica?
Naturalmente, un'opinione fa sempre il bilancio tra il preventivo e il consuntivo, rispetto a una pesa che peraltro non può che essere del tutto soggettiva. Ma in questo caso ho la netta sensazione che la reunion dall'intenso sapore lebowskiano abbia mandato un po' di cuori fuori giri e sul piatto delle opinioni ci sia finito qualche piccolo peso targato "nostalgia" che, in un certo senso, ha pre-cultizzato il film e ha fatto partorire dei giudizi appassionati per una pellicola che non è niente più di un buon film western, esteticamente molto bello, ma che tutto sommato resta freddino, rimanendo comunque sotto di qualche spanna rispetto a western moderni di stampo classico come Silverado di Kasdan, Gli Spietati di Eastwood o Quel treno per Yuma di Mangold. La sensazione mia, insomma, è che qui i Coen abbiano pagato dazio verso una storia che non era una loro storia, una storia che non appartiene alle loro corde, un mondo che non appartiene al loro mondo (forse anche un genere che non appartiene al loro genere), ma che la loro mitologia ormai universalmente consacrata abbia - stavolta a torto - preceduto loro e dunque tratto in inganno molti. E i risultati degli Academy Awards hanno finito per confermarlo, lasciando tutta la truppa a bocca asciutta come un serpente a sonagli nel bel mezzo alla Death Valley.
Riguardo poi agli Oscar, vi dirò il mio parere, per quello che vale. Tenendo conto che della decina ne ho visti sei, ovvero Inception, Il discorso del re, The Social Network, Toy Story 3, Il Grinta e Winter's Bone, penso che abbia meritato più Colin Firth che Il discorso del re, film peraltro intenso ed emozionante a dispetto di un soggetto non certo avvincente. E se su Il cigno nero non mi posso pronunciare, non avendolo ancora visto, forse il film da premiare più d'ogni altro, sommando soggetto, storia, regia e interpreti, a mio avviso sarebbe stato Winter's Bone. Ma certe sporcizie dell'America forse è meglio lasciarle sotto il tappeto.
il doppiaggio in spagnolo era eccellente: i dialoghi davvero fatti bene. per il resto, condivido il tuo senso di vuoto!
RispondiEliminaMarziano, qui andiamo in disaccordo come su Gli incredibili.
RispondiEliminaIo continuo a pensare che l'importante è che un film sia buono, non che il suo regista abbia mantenuto oppure no la sua cifra stilistica.
Chissenefrega della cifra stilistica.
Quello che noi cowboy vogliamo vedere sono grandi film, e Il grinta lo è, assolutamente.
Certo, non all'altezza de Gli spietati - quello era un Capolavoro -, ma sicuramente molto al di sopra di Quel treno per Yuma di Mangold e Silverado di Kasdan.
Detto ciò, meglio veder premiato un True grit con poco dei Coen che l'insipido Il discorso del re.
Poi, potendo scegliere, sicuramente Black swan, Winter's bone, The social network ed Inception stavano anche sopra. Ma l'Academy è quella che è, ormai si sa. ;)
@chechi: per quanto ben fatto fosse il doppiaggio in marziano, sono certo che se lo avessi visto in originale lo avrei apprezzato un po' di più. Ma non tanto di più da farmi cambiare il giudizio.
RispondiElimina@MrJamesFord: alè, ho fatto scorta di bottiglie! ;)
E' chiaro che l'importante è che un film sia buono, e non ho negato che Il Grinta lo sia. Però mi ha fatto specie la sequela di recensioni *entusiastiche* che ho letto in giro (ovvero ben più che positive), sulle quali secondo me ha pesato la firma Coen Bros. Tutto qui.
Il Grinta in effetti è un "buon" film, come dici tu, ma non un "grande" film. Non può bastare la grandezza del mito della frontiera americana e una bella fotografia dei grandi spazi per rendere un film un grande film. Ci vuole sostanza. E in quello che ho visto c'è molto più deja vu, che altro (e infatti secondo me il film paga un po' dazio anche il fatto di essere un remake) e nel 2011, con una storia di centinaia di western nell'archivio della memoria, questo per me è sufficiente a penalizzare a un prodotto cinematografico del genere.
Insomma, secondo me se non lo avessero fatto i Coen non molti si sarebbero accorti di questo film. Di certo non sarebbe stato "strombazzato" in questo modo.
Quanto a "Il discorso del re", a mio avviso è tutt'altro che insipido, per lo meno nella misura delle emozioni che ha saputo dare a me, rispetto invece a quelle - nulle - de "Il Grinta". Poi è chiaro che anche questo sfrutta almeno un cliché (il personaggio comune a confronto con Sua Altezza), ma lo fa secondo un soggetto inconsueto, una regia notevole e almeno due interpretazioni (Firth e Rush) di grande spessore. Il fatto poi che sia tratto da una storia vera gli conferisce un qualcosa in più. Insomma, se avessi dovuto scegliere solo tra questi due, non avrei avuto dubbi sull'assegnazione del premio. Poi anch'io dico che l'Oscar è più meritato a Firth che al suo film.
Non potendo giudicare "Il cigno nero", mi astengo, anche se conosco la filmografia di Aronofsky e so che sa il fatto suo.
Peccato! Non l'ho ancora visto, ma mi aspettavo un bel western, di quelli ben aderenti aalla storia come é stata.
RispondiEliminaIo sono un discorso a parte; riesco a trovare qualcosa di buono anche in un cesso di film… vabbé non sempre, però, non so, mah! Il discorso del re… eccetera eccetera! :)
RispondiEliminaA proposito di pregiudizi: ne ho a tonnellate sui remake, dei quali continuo a non capire il senso. Ok,i Coen sono sempre i Coen e prima o poi sto Grinta lo vedrò, ma ecco, non ho aspettative altissime, mi bastano un paio d'ore di onesto intrattenimento.
RispondiEliminaPer il resto, non ho visto nemmeno Black Swan, ma fatico a credere che la Portman si sia improvvisamente trasformata in un'attrice: e via di altri pregiudizi, ma ben fondati eh...
Perfettamente d'accordo con te su The King's Speech: vince più Firth del film. Ma allora perché non dare la statuetta a Winter's Bone, che surclassa il film inglese sotto ogni aspetto o quasi?
Banali e scontati gli Oscar, come ogni anno.
ma i coen hanno un genere? (nn commento il film perchè non l'ho visto ancora)
RispondiEliminaDiciamo che i Coen si sono mantenuti abb fedeli all'originale e,di sicuro, ne è risultato un film meno riuscito di altri ma comunque riuscito...il western, a loro modo, lo avevano già affrontato con "Non è un paese per vecchi". quello si davvero da Oscar.
RispondiEliminaCmq sono daccordo con Winter's Bone, non li ho visti tutti i film nominati, ma direi che è quello che rimane di più sicuramente...ma non è un film da celebrazioni così sontuose, infatti ha vinto sia al FEstival di Torino che al Sundance FEstival ,si sa che agli Oscar vincono altri tipi di pellicole
@Adriano Maini: aderenza alla storia: temo che tu chieda molto, forse troppo. L'immaginario del west americano è stato talmente montato, smontato e rimontato dal cinema che è difficile avere garanzie sulla sua aderenza alla realtà.
RispondiElimina@petrolio: mi sa che tu sei un discorso a parte sempre. ;-)
@Re Ratto: l'ipotesi per cui non avrebbero dato il premio a Winter's Bone la dico alla fine del post. Troppo crudo, Troppo cattivo. Troppo triste. Troppo americano.
E troppo vero.
Sulla Portman siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Soprattutto se la penso come Regina Amidala... Ma del resto anche Tom Hanks iniziò da Spash, una sirena a Manhattan.
Infine sui pregiudizi, una delle cose più belle che possano capitare è trovarsi a doverseli smentire da soli.
@ciku: forse un genere no, ma un "tono" i Coen ce l'hanno eccome.
@Cinepolis: "Non è un paese per vecchi" probabilmente partiva da un romanzo, quello di McCarthy, che già di suo non si può paragonare neanche lontanamente a quello di Portis da cui è tratto True Grit. Parecchie spanne sopra, insomma. E poi c'era un Bardem da paura. Letteralmente. E difatti gli Oscar se li prese eccome.
In effetti "Winter's Bone" è un filo troppo casual per il tappeto rosso del Kodak Theatre.
Sulla Portman condividevo i pregiudizi di chi ha commentato prima di me, eppure in Black Swan devo dire che mi è parsa sorprendentemente brava. Da Oscar? Non lo so, però interpretazioni ben più convincente di quelle precedenti.
RispondiEliminaIl Grinta: a me è piaciuto, ma credo che abbia pesato parecchio il sapore di reunion lebowskiana di cui parli. Poi sono col Ratto sui remake, di cui non capisco neanche io il senso. Come gli album di cover...
Per altro, se ancora non lo avete visto, vi consiglio di puntare sulla versione in lingua originale. Non che il doppiaggio italiano sia brutto, ma mi sono fatto l'idea che le parlate da bovaro dell'originale possano dare un tocco in più al tutto.
Io l'ho visto e mi sono decisamente annoiata. Non credo meritasse tutte queste ovazioni.
RispondiElimina@abo: per quanto fatto bene (e in effetti quello di Bridges non sembra male), il doppiaggio fa perdere sempre qualcosa. Ho avuto la fortuna di vedere Il discorso del re in originale e lì si capisce perché Firth l'Oscar se lo è meritato. Io l'avrei dato anche a Rush come non-protagonista.
RispondiEliminaQuanto ai remake non c'è dubbio che siano per lo più operazioni commerciali. Sfruttano titoli già collaudati per risparmiare sulla creatività e avere un ritorno di immagine garantito. Come quelle scatole con le torte pronte. Il risultato non è un granché, ma fai presto a farla e mediamente è commestibile.
@Kylie: bene! Male che vada siamo in due, allora. ;-)