L'Afghanistan non è un Club Med. E il massimo dell'animazione che ti può capitare è una visita del Ministro La Russa. Ma sei tu, soldato, che l'hai scelto nella consapevolezza della pericolosità del luogo e nella speranza che non succeda niente di male. Perché nessuno verrà a dire che i ragazzi (e le ragazze) sono stati convinti ad andare là dicendo loro che era quattro stelle, all inclusive, con piscina, solarium e campi da tennis. Non credo che ci sia laggiù nessuno che non voglia essere laggiù, non fosse altro che per uno stipendio che a casa nemmeno se lo sogna.
L'Afghanistan non è Las Vegas. E se la roulette fa uscire il tuo numero, non sei un eroe. Sei solo un morto sul lavoro, ma con in più le attenuanti che sapevi che era un lavoro molto pericoloso e che il datore di lavoro ha tutte le carte in regola con la 626. Ed eri consapevole che il rischio di incrociare la traiettoria di un cecchino o di mettere il piede su una mina era dietro l'angolo, anche se speravi di non svoltarlo mai. Altrimenti pensi sarebbe il caso di andarsene in giro bardati in quel modo, con il mitragliatore al braccio, il giubbotto antiproiettile sul cuore e qualche granata appesa alla cintura, solo per distribuire merendine al cioccolato ai bambini?
L'Afghanistan non è una Beauty Farm, né una pasticceria, benché il botulino usato per appianare le rughe del tuo Governo scorra a fiumi e ci siano vetrine piene di torte da fare a fette nell'enorme giro di affari della ricostruzione. Invece è una Missione di Pace, chiamata tale per poter farsi beffe dell'Articolo 11 della Costituzione. E tipicamente se provi a metterti in mezzo tra due che non riescono a fare la Pace, finisce che l'occhio nero te lo fai pure tu, anzi per primo tu, che sei venuto a immischiarti. E adesso è inutile che ti stracci le vesti e gridi: «Basta, dobbiamo tornare indietro!» Il punto, semmai, è che non ci si doveva andare fin dal principio. Ma se adesso hai preso degli impegni, e l'hai fatto anche nei confronti di una comunità internazionale, non puoi mica fare i capricci, pestare i piedi e dire che il gioco non ti piace più, portarti via il pallone e tornartene a casa facendo marameo a tutti quelli che restano in prima linea. Purtroppo non è così che funziona, a dispetto del dolore e dell'emotività del momento. Tutto il resto ha il puzzo acre della solita ipocrisia e della strumentalizzazione politica. Un puzzo che assomiglia tremendamente a quello della polvere da sparo.
L'Afghanistan è (ancora) una fabbrica di morti. Già se n'erano accorti a loro spese i sovietici. Si può soltanto ringraziare che adesso la fabbrica non funziona più tanto bene.
Tutto giusto, tutto sacrosanto, ma sul fatto che siano in regola con la 626 non sono proprio sicuro. E mi riferisco alla solita (ed ahimè sterile) polemica sui blindati mai arrivati che ho fatto anche sul blog mio. Giusto perchè se muore il muratore perchè non il cantiere non era a norma, ci si indigna giustamente e quindi anche se muore il militare con il mezzo non adatto si dovrebbe fare lo stesso.
RispondiEliminaCredo non ci siano speranze di vedere i militari via da Kabul entro il 2011 come ha promesso La Russa, più che altro si corre il rischio di vedere le bombe molto molto prima, e lì la costituzione sarebbe definitivamente trasformata in un grosso rotolone di carta igienica.
@Il rospo dalla bocca larga: sul fatto della 626 mi spiego. Il concetto di sicurezza all'interno di un'industria è da un lato più facilmente determinabile da normative, strumenti e regole piuttosto precise. E' dunque più facile renderla operativa al 100%, ed è altrettanto più facile stabilirne la mancanza. Invece la sicurezza in Afghanistan è un concetto molto più labile e sfumato. Per quanti blindati, bombe e qualsivoglia dispositivi possa mettere in campo, dall'altra parte non hai il caso, un guasto o un'avaria, hai della gente che tenta di farti fuori. E pertanto si adeguerà alle tue contromisure. Insomma ti fanno fuori lo stesso. Quindi qualsiasi mezzo tu usi, in Afghanistan la sicurezza ci sarà sempre, ovvero non ci sarà mai.
RispondiEliminaSul ritiro nel 2011, ebbene, oggi bisogna dirlo a titolo consolatorio. La Costituzione è già morbidissima a doppio velo.
Quando accadono questi fatti, ognuno di noi si sente impotente....quante povere vite distrutte! basta!
RispondiElimina@Gabe: l'impotenza di fronte alla morte e al dolore che provoca la guerra lascia sgomenti. E' la cultura della pacifica convivenza civile che dovrebbe essere promossa a ogni livello, da quello condominiale a quello internazionale. Ma viste le assemblee di condominio, dubito che l'essere umano arriverà mai a un simile grado di evoluzione.
RispondiEliminaTuttavia nella fattispecie va detto che l'Afghanistan non è popolato di "carne da cannone". Non bisogna perdere mai di vista il fatto che, come dico nel post, questi sono professionisti i quali hanno messo su un piatto della bilancia la consapevolezza dei rischi, e sull'altro un congruo stipendio. E, sorretti - a volte - anche da una "passione" per la vita militare, hanno deciso liberamente di fare questa scelta. Questo rende la cosa, pur dolorosa e terribile, molto diversa.
Gli altri sono solo luoghi comuni.
Parole sacrosante, Marziano. In Afghanistan non si muore perché voli giù da un ponteggio, si muore perché ti sparano. E difendersi dagli spari fa parte del lavoro. Tutto il resto e retorica, vomitevole retorica.
RispondiEliminaE, in quest'ottica, non si capisce perché a un muratore che cade da un ponteggio non siano previsti funerali di stato, aerei militari per riportarlo al paese d'origine, una pensione decente alla moglie e ai figli.
RispondiEliminaC'è l'impressione di una frittata cucinata e mangiata dagli stessi cuochi che la cucinano.
Chi è fuori dal giro (militare) deve arrangiarsi.
Fermo restando che non dovremmo essere lì.
Zone da bonificare ce ne sono (e tante!) anche sul nostro territorio.
Ho un cugino arruolato e spedito in Libia, ma quando provo a spiegargli il concetto che hai perfettamente illustrato tu qui e sul quale mi trovo assolutamente d'accordo, mi guarda con l'aria di chi guarda una che non capisce niente... Com'è sta storia?!?
RispondiEliminaCi sono post che non richiedono commenti, ma solo d'essere sottolineati e colorati con caratteri d'oro dalla prima all'ultima parola. E' il caso di questo.
RispondiElimina(Giusto, tragico, sacrosanto l'accenno agli ALTRI morti sul lavoro, quelli che muoiono perché il datore di lavoro schiavista non è e NON VUOLE ESSERE in regola, quelli per i quali nessun giornale di merda lancia sottoscrizioni per le vedove e gli orfani, quelli per i quali nessun politico di merda si riempie la bocca di retorica dell'eroismo e proclama giornate di lutto nazionale - che in questi casi io chiamo STRUTTO nazionale!!)
@Alessandro Cavalotti: ... e questo diffuso modo di pensare ipocrita e perbenista, che solo quando qualcuno ci lascia le piume, ecco puntuale la levata di scudi, le proteste, i "basta!". Poi però costoro ci vanno a votare? E nel caso, su che simbolo ce la mettono la croce?
RispondiElimina@gattonero: è una questione di "datore di lavoro". Quanto alle frittate, di quelle c'è pieno il mondo e si sa che i commensali sono rigorosamente selezionati. Agli altri restano i gusci delle uova.
@Vaniglia: non ne ho idea, bisognerebbe chiederlo al cugino. Ho la sensazione che i militari vengano plagiati (ma siano anche predisposti) circa il lato patriottico di quello che fanno, ovvero che quello è un servizio che rendono alla Nazione. Ma perché andare in Afghanistan sarebbe un servizio alla Nazione? Perché poi qualche imprenditore ammanigliato ci fa su un sacco di soldi con gli appalti afghani?
@Zio Scriba: grazie Zio, sei sempre troppo buono. Temo che se ci fossero giornate di lutto nazionale per i morti sul lavoro, il lutto nazionale sarebbe pressoché permanente.
Sottoscriviamo tutti i tuoi concetti e le parole dello zio, due teste talmente lucide che pare un insulto aggiungere qualcosa. Resta il non poi tanto ovviamente dispiacere, oltre che per chi se ne è andato, per chi resta e deve accettare un qualcosa che non ha scelto. Ma questa è la vita e forse retorica pure questa.
RispondiEliminaYin
@Erotici Eretici: la retorica è enfatica. Quello che invece dici è semplicemente la realtà. Nuda e cruda. Magari un po' ovvia, certo. Ma è la realtà a essere sempre più (tristemente) prosaica di come amano dipingercela i media.
RispondiEliminaProprio grazie a facebook (tremendo spione de noantri) scopriamo cosa pensassero davvero della guerra quei ragazzi. Da facebook viene la prova lampante di quello che dici tu. Non che ce ne fosse bisogno però per quelli con le fette prosciuttate sugli occhi la piazza virtuale è una specie di oracolo. Io sto ancora cercando di convincere una ragazza (che è la mia spasimante) che vuole diventare carabiniere dell'MSU, che quelli non sono eroi ma fanno un lavoro senza essere costretti da nessuno.
RispondiElimina@Inneres Auge: difatti gli unici a sentirsi "normali" rispetto a quella situazione sono gli stessi ragazzi che sono laggiù. Gli altri mitizzano, strumentalizzano, ci speculano sopra. "Eroe" è una delle parole il cui abuso mediatico ha fatto perdere di vista il vero significato. Un'altra è "Libertà".
RispondiEliminaNon solo i militari hanno una visione del patriottismo nazionalistico distorta, ma anche i familiari dei militari, perchè se un figlio si immola per la madre patria si dev'essere orgogliosi! (I familiari dei militari tranne me che non sarei orgogliosa per niente se mio cugino ci lasciasse le penne...)
RispondiEliminaSpesso abbiamo la sensazione di non essere stati noi a scegliere la vita che facciamo e quando una disgrazia capita inaspettata ci sentiamo impotenti e vittime d'ingiustizia...ma sicuramente se si decide di partire come militari volontari, si presume, che si sia operata una scelta ragionata e consapevole... Nulla voglio togliere alle vite umane che sono state troncate ma se l'Italia decide di andare in Afganistan all'insegna di una missione di pace che pace non è mai, in relatà lo fa per altri interessi che non stiamo a discutere adesso... Il punto del discorso ragazzi è che, da che mondo è mondo, se vai in guerra rischi di uccidere e di essere ucciso. Ora piangiamo di rabbia come se avessimo appena appreso di non essere immuni alle bombe e ai proiettili, traumatizzati dall'esserci collettivamente dimenticati che in Afganistan stiamo partecipando ad una occupazione militare... Cari connazionali, non dite adesso che non immaginavate... per ogni scelta si paga un prezzo, anche per ogni voto dato male.... quindi adesso provo dolore per le vittime ma soprattutto vergogna a vedere le Autorità commosse e ferite ai funerali di stato... La responsabilità?..Certo! E' sempre dei nemici cattivi...W i buoni, W l'america, W l'Italia....
RispondiEliminatu non ci crederai, ma la prima volta che sono atterrata a Kabul, curiosa, spaventata e piena di motivazioni, un coglione americano per tranquillizzarmi mi ha dato una pacca sulla spalla dicendomi "vedrai, qui ti divertirai, questo è club med kabul". e in parte, purtroppo, per molti è così, tra alti stipendi e trasgressioni eccessive figlie della privazione.
RispondiElimina@Vaniglia: il patriottismo "distorto" dei militari lo capisco. Serve loro a giustificare la loro scelta. E capisco pure quello dei familiari, che devono giustificare una situazione che, nel bene, è foriera di preoccupazione e, nel male...
RispondiElimina@Sgamen: hai ragione, bisogna sapere che ogni scelta ha delle conseguenze, *soprattutto* per ogni voto dato male...
@metropoleggendo: ci credo e ti ringrazio moltissimo della tua testimonianza diretta. Sull'americano, il tuo aggettivo dice tutto. ;-)