Punti di vista da un altro pianeta

venerdì 22 aprile 2016

A.A.A. mostro cerca compagnia

Alla fine il mostro fa lampeggiare quei suoi occhi freddi da squalo, tende il braccio nel saluto nazista e gonfia il petto cantando la sua vittoria. Anders Behring Breivik si è infatti aggiudicato la causa intentata contro lo stato norvegese, accusato dal pluriomicida di avere calpestato i suoi diritti (umani) nel corso della sua prigionia. Ora, stando a quel che si legge in giro, pare che i suoi ultimi quattro anni e rotti di detenzione, Breivik li abbia trascorsi dentro uno spazio articolato in tre celle: un soggiorno, uno studio e una zona per l'esercizio fisico. Sarebbe messo in condizione di cucinarsi il cibo da sé e di farsi il bucato. Avrebbe inoltre a disposizione una televisione, una consolle per videogame e un computer (sebbene non connesso a Internet). Ora, vista da questa prospettiva, sembrerebbe fin troppo facile trovare miniappartamenti in villeggiatura con dotazioni più spartane di così. In quale aspetto, allora, lo stato norvegese ha calpestato i diritti umani del super killer (che - lo ricordo - nel 2011 ha deliberatamente e consapevolmente ucciso 77 persone e per il cui crimine è stato condannato a soli 21 anni di detenzione)? Molto semplice: l'isolamento.

Scopriamo così che, per il tribunale norvegese, il contatto umano è un diritto fondamentale della persona, Sebbene questa persona - nel suo avere ucciso 77 innocenti - abbia calpestato egli stesso il più alto e grande diritto fondamentale di ogni persona, quello alla vita. E questo, inutile dirlo, ci fa incazzare. Ci fa incazzare enormemente. Ha fatto incazzare di brutto me, e immagino abbia fatto incazzare di brutto anche voi. Fa venire voglia di puntare il dito contro quel tribunale, sputare contro lo sputasentenze, aspettarlo sotto casa per chiedergli urlando cosa diavolo gli passa dentro quel suo cazzo di cervello, dirgli che questo pluriassassino - nazista dichiarato e mai pentito - non merita niente, se non sparire inghiottito dalla faccia della Terra e dalla memoria del genere umano. Invece, no. Invece il tribunale ci sbatte in faccia che (anche) il mostro ha dei diritti e, nel ricordarci che il mostro ha dei diritti, ci ricorda che il mostro è un essere umano e, nel ricordarci che il mostro è un essere umano, ci sottolinea che il mostro è come noi, che fa parte della nostra specie e che quindi abbiamo delle cose in comune con lui. Che sia questo che non riusciamo a sopportare?

Il punto è che l'isolamento sarebbe riconducibile a una forma di tortura che avrebbe devastanti effetti a lungo termine sulla psiche di chi vi viene sottoposto. "E ci stiamo a preoccupare della psiche di un neo nazista che ha ucciso 77 persone?" vi chiederete voi e (lo confesso) anche io. Ebbene, la risposta è Sì, perché la Legge, ovvero la giustizia, è garantita da principi oggettivi e non è condizionata dagli aspetti emozionali. Potete certamente ritenere discutibile la pena di soli 21 anni, che dà dunque la possibilità a costui di uscire di prigione a poco più di cinquant'anni, ma anche in questo caso ciò è quello che ha previsto la legge norvegese, ci piaccia o no. Forse dunque penserete che la legge norvegese è risibile, che è un paese di cartapesta, che non sono abituati ad avere a che fare con questioni del genere. Può darsi. E se invece questa sentenza che toglie Breivik dall'isolamento fosse solo un segno di maggiore civiltà? Sempre, beninteso, che il soggetto in questione trovi qualcuno in prigione che abbia voglia stare con lui.

8 commenti:

  1. Ossimori.
    Killer/diritti umani.
    Killer/ socializzazione.
    E se gli altri carcerati avanzassero il diritto di difendersi dalla vicinanza del neonazista?
    Cristiana

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    1. Piaccia o no, quelli che citi non sono ossimori.
      Per il resto credo che nessun detenuto sarà costretto a stargli vicino, se non vorrà. Del resto l'isolamento sociale può essere peggiore perché volontario e non coatto.

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    2. Lo so bene, ma assomigliano al concetto dei significati opposti, pensavo l'avessi intuito.
      Cristiana

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    3. E' la nostra natura umana a dipingerceli come opposti, perché abbiamo bisogno di allontanare il "mostro" da noi, dalla nostra essenza, dalla nostra carne.

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  2. I tribunali fanno danni ovunque. La giustizia non esiste. La giustizia è retta dagli uomini che non sono infallibili. 21 anni sono pochissimi ma vogliamo discutere di quale punizione meriterebbe quell'uomo? Probabilmente tutti saremo conncordi nel dire che non merita di vivere e quindi non basterebbe neppure tutta la vita in carcere. Se poi la funzione deve essere quella di rieducare il detenuto, direi che a giudicare dal saluto non sembra essere sulla retta via.

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    1. La giustizia non esiste perché confondiamo la giustizia con la vendetta e ci illudiamo che essa possa compensare il torto subito. Quanto al tizio e alla sua vicenda, in quasi tutti gli altri paesi del mondo (privi della pena i morte) uno così probabilmente in carcere non ce l'avrebbero fatto arrivare...

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    2. La vendetta non può compensare niente. Il carcere neppure. La società in cui viviamo è talmente evoluta da avere sia gli omicidi che i carcerieri. Invece i popoli "primitivi" o che tali chiamiamo in modo dispregiativo non hanno bisogno di sbarre né di leggi. L' Homo sapiens molto tempo fa era un animale oggi è un burattino.

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    3. Se la vendetta non può compensare niente (ed è verissimo) e il carcere neppure (questo credo possa essere vero, anche se solo in parte) abbiamo tratteggiato l'impossibilità di avere una vera giustizia nell'ambito dell'umanità. Cosa che purtroppo è. Tuttavia, i popoli "primitivi" nel migliore dei casi praticavano l'esilio del colpevole dalla comunità, nel peggiore la condanna a morte. Non li additerei comunque come esempio di giustizia illuminata, contrapposta a quella dell'uomo moderno. Il problema è la fallacità del mondo e l'impossibilità di stabilire (e riconoscere) la verità.

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