Punti di vista da un altro pianeta

lunedì 16 marzo 2015

L'Isis, l'orrore e il Moncler

La sensazione comune è che si sia al cospetto del peggior orrore della Storia, almeno quella dell'ultimo secolo, almeno dai tempi di Auschwitz. Mettere di fronte al crudo spettacolo di roghi e decapitazioni ha fatto piombare l'occidente in un'atmosfera antica, non necessariamente medioevale, comunque un tempo di ghigliottine e vergini di Norimberga, caccie alle streghe e tori di Falaride.

La realtà è un po' diversa. Perché la sola, vera, specialità dell'orrore targato Isis, l'unico aspetto che lo differenzia dagli altri orrori della Storia in cui l'uomo ha dimostrato di sguazzare così bene, è la sua mediaticità, la sua presunzione, se vogliamo, la sua assoluta mancanza di pudore per la morte e il dolore.

L'Isis invece la morte e il dolore te li sbatte sotto il naso, in tutta la loro puzza insopportabile di merda, piscio, vomito, sangue, terra, sudore e marciume, anche per te, sprofondato al calduccio nel tuo divano che ancora profuma della Ferilli, di fronte al tuo maxischermo OLED comprato in trentasei comode rate mensili (ma tranquillo, pagherai da giugno) e il tuo Moncler fiammante eretto ad armatura contro quei vili attacchi alla tua Civiltà.

Invece l'orrore dell'Isis è (semplicemente) l'orrore della guerra. Una guerra atipica, se vuoi, non convenzionale, d'accordo, che non risparmia civili inermi compresi donne e bambini, va bene, una guerra che ha regole diverse da quelle cui ti hanno raccontato a scuola, te lo concedo, ma pur sempre una guerra in piena regola. E quello che l'Isis ci mostra non è niente più dell'orrore che scaturisce dalla natura umana nel momento in cui un uomo lotta all'ultimo sangue contro un altro uomo.

Credi che in Vietnam, Corea o Afghanistan, o in occasioni di eccidi come quello di Srebrenica (giusto per citarne uno vicino a noi nel tempo e nello spazio) l'orrore sia stato minore? Credi che il napalm servisse per accenderci i barbecue? Solo ci è stata fatta la cortesia di non mostrarcelo. Sì, certo, ne abbiamo letto a riguardo, ma la cronaca è racconto e il racconto è comunque una forma di narrativa con le sue iperboli e la sua possibilità di non credere, almeno non fino in fondo. Non è come essere lì, non è come vedere ciò che accade. Così, come un libro, quell'orrore abbiamo potuto metterlo nello scaffale delle cose brutte, okay, ma che in fondo non ci riguardano. Per intendersi, quel ripiano lassù in cima, bello in alto.

Invece l'Isis non ci risparmia niente. L'Isis ci mostra la guerra per quello che è. Spettacolarizzata, certo (i suoi video hanno comunque aspetti coreografici non trascurabili), ma comunque senza i filtri del pudore, del perbenismo, dell'ipocrisia. L'Isis vuole dirci che un giorno toccherà a noi, perché non si fermeranno finché non avranno raggiunto Roma, Parigi, Berlino, Londra. L'Isis vuole farci tremare il buco del culo. E invece, mostrandoci senza alcuna pietà l'orrore della guerra, l'Isis ci mette semplicemente in contatto con la realtà, ci fa conoscere quell'orrore dal quale - a meno che non abbiamo incontrato la guerra direttamente - ci siamo sempre volentieri sottratti o ci hanno sempre tenuti al riparo. Guardare l'orrore negli occhi significa invece conoscere la guerra come non l'abbiamo mai conosciuta, imparare a non nascondere la testa sotto la sabbia, e in questo modo sviluppare gli anticorpi morali (ma non solo) per affrontarla.

Insomma, alla fine è come se l'Isis ci stesse facendo un favore, insegnandoci che un Moncler non basterà a proteggerci. Nemmeno l'ultimo modello.

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