Eppure, nonostante la premessa di tutti questi preparativi, è stata quasi un caso la scelta del libro che mi sono ritrovato a leggere (e terminare) a Berlino. Erano decenni che ne sentivo parlare, prima però era introvabile, poi ne avevo recuperato una vecchia edizione in fotocopie (assai scomode da leggere e quindi lasciate lì), infine qualche anno fa mi ero imbattuto per caso in una riedizione di un editore minore che, comprata di corsa, tuttavia aveva finito per restare nel mio scaffale, in attesa come di un segnale del destino. Eppure solo alla fine della lettura, ho potuto rendermi conto (e dunque apprezzare) di quanto effettivamente la congiuntura sia stata davvero quella giusta. Mi sono addirittura sorpreso, di questo. Alla fine mi è sembrato un po' di Leggere Lolita a Teheran. Invece ho letto Noi a Berlino.
Scritto da Evgenij Zamjatin verso la fine degli anni '10 del secolo scorso, in un'Unione Sovietica che già vedeva la deleteria deriva totalitaristica e ultraconformista degli ideali della Rivoluzione Bolscevica, Noi è in assoluto il primo, e oserei dire - a lettura ultimata - più fulgido esempio di letteratura di protesta sociale, di contestazione di un sistema politico (e di vita) imposto dallo stato, di denuncia di una utopia negativa, di cui 1984 è divenuto l'esempio più celebre (e cult), ma del quale Noi è a tutti gli effetti l'ispiratore, il capostipite, l'originale. Insomma, più di un quarto di secolo prima di George Orwell, Evgenij Zamjatin aveva già detto tutto quello che c'era da dire sull'argomento, e a mio giudizio l'aveva anche detto parecchio meglio.
Perché non ho paura di esagerare se affermo che Noi è un romanzo geniale sotto tutti i punti di vista. Scritto sotto forma di un diario (e dunque raccontato in prima persona) da D-503, matematico e sovrintendente alla costruzione dell'Integrale, la prima astronave dello Stato Unico in procinto di essere lanciata nel Cosmo, il libro si propone di essere un'apologia della grandezza e della perfezione dello Stato Unico e del suo Benefattore, a favore delle razze (inferiori) che abitano lo spazio e che l'Integrale incontrerà sulla sua strada come in una missione di evangelizzazione, affinché tutto il Cosmo possa conoscere la fonte della vera felicità. Scopriamo così che tutti gli aspetti della vita dei cittadini sono regolati dallo Stato Unico e ogni giornata è scandita e programmata in tutti i suoi aspetti (la Tavola delle Ore, le Ore Personali, la Norma Materna), compreso quello relazionale e sessuale, per cui non ci si innamora, ma ci si iscrive. Insomma è la Ragione, nelle manifestazioni della logica e della matematica, a disciplinare le regole dello Stato Unico e l'eliminazione di ogni libertà è socialmente giustificata "per affrancare l'uomo dalla sua tendenza alla delinquenza". Ma naturalmente le cose non vanno come previsto da D-503, e la status quo è destinato a incrinarsi di fronte all'incontro del protagonista con l'esperienza dell'innamoramento e del ricordo (recupero) di un tempo diverso, antico, e di una Natura chiusa al di là del "Muro Verde", fino alla tragica ricomposizione finale.
Quello che però, più di ogni altra cosa, colpisce di Noi è, pur essendo romanzo ormai datato, il suo stile che lo rende una delle scritture più moderne che mi sia mai capitato di incontrare. La prosa che lo contraddistingue è qualcosa di completamente originale (e oserei dire irripetuto), che non ha niente a che vedere con la prosa classica russa e con nient'altro che mi venga in mente, anche di recente. Volendo comunque cercare di attribuire una classificazione, da questo punto di vista Noi non può non richiamare l'esperienza letteraria del futurismo. Il mondo di Noi è dominato infatti dall'acciaio delle macchine, la cui potenza fa grande lo Stato Unico, e dal vetro dei palazzi, la cui trasparenza permette in ogni momento di vedere che cosa fanno - quasi sempre (se si ha l'iscrizione per un rapporto sessuale si possono abbassare temporaneamente delle belle tendine) - i sudditi-numeri. Le frasi sono sempre brevi, essenziali, ma a volte addirittura perdono parole, e i discorsi si arrestano davanti a puntini di sospensione, come se seguissero i pensieri (a volte sconnessi) di D-503.
Va ricordato che questo libro sancì l'inizio dei guai per Zamjatin, il quale fu visto sempre più come oppositore del regime sovietico. La pubblicazione di Noi fu vietata dal Glavlit, l'ente preposto alla censura, e il libro fu edito in inglese nel 1924, mentre in Russia vide la luce solo nel 1988. Anche in Italia, nonostante l'importanza storica e letteraria dell'opera, di Noi si ricordano poche e limitate edizioni: nel 1955, nel 1963, nel 1972, nel 1990 e - finalmente - nel 2007 grazie alla lungimiranza di Lupetti Editore. Per questo, se sono riuscito a stuzzicarvi, vi consiglio di recuperarlo in fretta, perché non si può dire fino a quando quest'edizione sarà ancora disponibile e quando potremo averne un'altra.
Insomma, spero di essere riuscito a trasmettervi che cosa possa significare leggere Noi a Berlino. In fin dei conti è un po' come leggere 1984 a Cologno Monzese.
L'estratto:
- Questo è insensato! È assurdo! Non capisci che ciò che voi tramate è la rivoluzione?Noi, di Evgenij Zamjatin - Lupetti Editore
- Sì, la rivoluzione! Ma perché è assurdo?
- Assurdo perché la rivoluzione non può essere. Perché la nostra rivoluzione - non lo dici tu, ma lo dico io - è stata l'ultima. E non ci può essere nessun'altra rivoluzione. Lo sanno tutti.
L'aguzzo, ironico triangolo delle sopracciglia:
- Mio caro: tu sei un matematico. E in più sei un filosofo matematico: dimmi l'ultimo numero.
- Cioè? Io... io non capisco: quale ultimo numero? [...] Ma, I-330, questo è assurdo. Dal momento che il numero dei numeri è infinito, quale ultimo numero vuoi da me?
- E tu quale ultima rivoluzione vuoi? Non c'è un'ultima rivoluzione, le rivoluzioni sono senza fine.
/continua
Mi hai fatto venire una voglia tremenda di leggerlo. Non ne avevo mai sentito parlare prima!
RispondiEliminaComplimenti marziano, bellissimo post con il quale riesci a trasmettere benissimo le tue sensazioni e a farcele vivere in pieno, il commento di Ale ne è la prova!
RispondiEliminaIo nell'ultimo viaggio mi sono portato dietro due libri, scritti da un amico: "Da una finestra sbagliata" (su Claudio Lolli) e "Fiero del mio sognare" (su Francesco Guccini).
Non c'è incubo peggiore di un regime totalitario che pianifica, omologa, controlla la tua vita, nel nome di ideologie, religioni, patriottismi, o produttivismo competitivo di stampo americano o padano.
RispondiEliminaBello, per uno scrittore, sapere che ci sono persone che scelgono con tanta cura e passione le loro letture per le vacanze. Io ho un tale bisogno di staccare e disintossicarmi, dopo undici mesi di lettura-scrittura, che in vacanza sembro, per chi non mi conosce, un povero analfabeta, o peggio ancora un poveraccio che se legge legge solo la gazzetta dello sport. (Sia chiaro che io la leggo abbastanza spesso, ma compatisco quei somari che leggono sempre e solo quella)
Ho una grande ammirazione per Orwell e adesso questo non me lo perdo senz'altro, ciao.
RispondiElimina@Alessandro Cavallotti: sono contento di averti fatto venir voglia di leggerlo: significa che il post ha centrato il bersaglio. In effetti questo è davvero un libro misconosciuto. Pensando a quanto è celebre 1984, che a mio avviso è decisamente inferiore almeno dal punto di vista letterario, questo è un autentico scandalo e dà la misura di quanto siano privilegiati gli autori anglofoni nel nostro mercato (ma forse un po' ovunque).
RispondiElimina@nico: grazie. I libri di cui parli sono entrambi su cantautori italiani, quindi mi pare di capire che la musica è tra le tue passioni. Ti consiglio allora - se non l'hai fatto - di dare un'occhiata a "Rosso Floyd", bellissimo libro di Michele Mari sui Pink Floyd.
@Zio Scriba: di norma leggo in maniera piuttosto costante durante tutto l'anno, ma siccome nel periodo lavorativo posso dedicarmi alla lettura solo nei ritagli di tempo (e purtroppo non sono molti), quando viene il momento delle ferie, e i tempi destinabili alla lettura si dilatano, per me il libro diventa un vero e proprio compagno di viaggio necessario (che per fortuna non paga il biglietto!).
@Alberto: vedrai allora l'ammirazione che proverai per Zamjatin, considerando che l'ha scritto un quarto di secolo prima di Orwell...
Io per non rimanere a corto di libri in viaggio me ne porto sempre dietro uno zaino pieno, spesso e volentieri tornano a casa senza essere mai stati aperti, ma Noi la prossima volta verrà con me: e credo proprio che me lo leggerò, grazie, paolo
RispondiEliminaQuando viaggio mi porto i libri del cuore, però cerco sempre di acquistarne dove mi trovo e la valigia pesa... Ma va bene così perché il cuore è leggero e vola! Bellissimo post! Interessante!
RispondiElimina@paolo ciampi: meglio portarsene pochi, anche solo per il peso! ;-)
RispondiElimina@VD: spesso non sappiamo quali sono i "libri del cuore" finché non li abbiamo letti. Quindi a meno che uno non voglia portarsi solo riletture, bisogna valutare molto bene ed eventualmente anche rischiare, soprattutto se dove sei non puoi acquistarne. Grazie dell'apprezzamento!
Quanto tempo che qualcuno non mi stuzzicava così l'appetito su un libro... Lo cercherò (e quando cerco un qualcosa è scontato che poi lo trovo)
RispondiEliminaGeniale è la parola giusta! verissimo! nello scaffale è vicino al 'mio' Petrolio! copertina bianca anche per questo realistico libro estraneo e infedele alla linea! Vuol dire che lo rileggerò e lo rileggerò a Berlino! :)
RispondiElimina@Vaniglia: visto l'appetito che ti ha fatto venire l'illustrazione del menù, non posso che sperare che il piatto sia all'altezza delle tue aspettative.
RispondiElimina@petrolio: sono molto contento che tu sia d'accordo con me. Almeno siamo in due! ;-)
sono davvero sorpreso, lo ammetto... Grazie per la segnalazione!
RispondiElimina@Giovanni T.: contento di averti fatto scoprire qualcosa. E sorprendere. :-)
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