È probabile che in più d'un posto abbiate letto che Lost ha cambiato il modo di fare e vedere fiction in TV. Che Lost non è "un" telefilm, ma "il" telefilm. Che non si potrà più parlare della storia della televisione non solo senza nominare Lost, ma anche senza metterlo in cima alla lista dei programmi che hanno contribuito a plasmarla, la storia, a reinventarla, un po' come accadde al mitico Ai confini della realtà tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60. Ma se non l'avete mai visto, Lost dico, vi starete chiedendo come ciò sia possibile, oppure starete dicendo che noi - Lost addicted - siamo tutti pazzi, ingenui, immaturi, nerd, dissociati, disadattati ecc. e che un umano normale (figuriamoci un marziano) non se ne starebbe lì sei anni, puntata dopo puntata, a inseguire le improbabili avventure di un branco di improbabili sopravvissuti a un improbabile incidente aereo su un'improbabile isola con improbabili abitanti e improbabili energie nascoste assortite. Il punto è che, come spesso accade nei bei romanzi moderni, non è tanto il cosa, ma il come. La potenza di Lost infatti non sta tanto nelle idee "mirabolanti" che pur ci sono e fungono da potente motore della narrazione (e io stesso sono convinto che Lost sia l'apoteosi televisiva dell'applicazione del concetto di "mistero", per quanto questo possa valere e quanto possa essere, naturalmente, discutibile) quanto piuttosto nel modo con cui sono state narrate e quanto questo significhi nell'economia del disegno generale.
Se fosse stato solo per i misteri, trascinati - anzi moltiplicati - episodio dopo episodio, rimasti quasi intatti fino alla Stagione Sei e quasi tutti addirittura oltre il The End, lo spettatore si sarebbe stufato ben presto. Lost invece, complice una lungimiranza e una capacità degli autori senza dubbio non facile da mettere in pratica nell'ambito di una produzione televisiva che ha tempi e modi molto serrati da rispettare (questo aspetto non bisogna mai perderlo di vista), annega i misteri dentro le vite dei protagonisti che dunque non sono più i classici burattini comandati dai fili dell'avventura, ma partecipano con le loro vite all'avventura stessa, perché convocati esplicitamente (ancorché nolentemente) da essa. Esattamente come la chiamata di tutti noi a vivere su questa Terra. Così non solo l'avventura e il mistero diventano parte della vita di Jack e soci, ma la vita di Jack e soci diventa metafora profonda di tutte le vite umane alle prese con l'avventura di scoprire perché siamo qui, che senso ha tutto ciò che ci circonda - che a ben vedere sembra non averne nemmeno uno, proprio come l'Isola -, qual è il nostro ruolo nell'ambito del destino, se siamo davvero liberi di scegliere la nostra strada, che cosa sarebbe successo se in determinati momenti delle nostre vite avessimo svoltato a destra invece che a sinistra, che è il viaggio a essere fondamentale e non la meta, che tanto quella è uguale per tutti, che c'è sempre un modo per riscattarsi finché non è finita, e perché bisogna farsi una ragione che a certe domande si può rispondere solo con altre domande, in un domino senza fine che non lascerà mai l'essere umano davvero soddisfatto.
Il modo e lo stile (e il coraggio degli autori che - bisogna ammetterlo - è sfociato anche nell'impertinenza o a tratti in un'irritante sfacciataggine) diventano dunque cruciali, perché le esistenze dei tantissimi protagonisti sono intrecciate e non sono mai del tutto indipendenti. Perché sulle medesime cose ognuno ha prospettive differenti. Perché il bene e il male, il buono e il cattivo, il bianco e il nero, non esistono mai come entità sole e separate, a dispetto di quello che sembra, e chi fino a un minuto credevi "dei-nostri", non è detto che non tiri fuori una pistola e faccia fuori un paio dei tuoi, e chi credevi "pezzo-di-merda" potrebbe anche aiutarti a salvarti la pelle all'ultimo secondo. Perché sull'isola anche un protagonista ci può lasciare le penne senza preavviso, da un momento all'altro, lasciandoti col respiro a metà, come un amico in un incidente d'auto, il sabato sera, dentro la notte nera come fumo. Perché il destino è quello che è, o forse no, ma bisogna comunque trovare il coraggio di seguirlo fino in fondo. Perché a volte ci si trova a doversi sacrificare, ma farlo in due è una benedizione. Perché vincere alla Lotteria non è detto che basti e perché puoi anche essere un grandissimo pezzo di gnocca, ma questo non deve essere sufficiente per salvarti le chiappe. Perché perché perché...
Insomma, alla fine le esegesi pignole e puntuali (e fini a se stesse) vorrei lasciarle ai filosofi in cerca di gloria e ai ghost writer degli autori di manuali televisivi, e quelle di certo ce ne saranno in abbondanza. A me è bastato il viaggio. Che non è niente, sia chiaro, però qualcosa deve pur avere lasciato, se ho sentito il bisogno di scriverci sopra qualcosa, come un'orazione funebre, come per cercare di elaborare un lutto o di esorcizzare un fantasma sul cadavere ancora caldo. Forse lo scoprirò piano piano, che cosa era, o forse non lo scoprirò mai. Non è importante. L'importante, adesso, è trovare un'altra isola.
Ah, comunque il finale è una cagata pazzesca.
Caro Marziano, forse sto realizzando che mi avete abbandonato sulla terra molto tempo fa.
RispondiEliminaAnche io ho seguito ogni singolo episodio di Lost e dopo la morte di Charlie, che è stata traumatica, questa stagione è stata la più commovente per me.
Alla fine non mi interessa neanche che molto sia rimasto irrisolto, è un po' la definizione di mistero, The End è stato un episodio sensazionale e ammetto che non ho fatto altro che piangere!
Il finale può piacere oppure no, ma ciò non toglie che sia stato molto emotivo, penso per tutti i veri fans di Lost, e in ogni caso è proprio un "The End".
@Sleeper: non è affatto escluso che tu sia un marziano. Dalle nostre parti ci sono mitologie di astronavi che hanno lasciato sulla Terra un certo numero di volontari...
RispondiEliminaComunque, riguardo al The End, ti do appuntamento al prossimo post. ;)
Io ho seguito tutta la serie, prima perchè mi appassionava (la prima serie e forse la seconda), poi perchè volevo vedere dove sarebbero andati a parare con tutti i misteri che aggiungevano al calderone, puntata dopo puntata. Ho guardato tutte le puntate con crescente irritazione, con interesse incazzato, perchè mi aspettavo la presa in giro finale, che è arrivata puntuale come il manovrone di Tremonti.
RispondiEliminaPer me è stato un finale di comodo, tirato via perchè non potevano spiegare tutto e sdolcinato, banale. Se avessi avuto gli autori davanti gli avrei tirato qualcosa di pesante o di appiccicoso addosso.
@knitting bear: non pesante o appiccicoso, bensì pesante E appiccicoso! Come dicevo a Sleeper, circa alcune considerazioni sul finale rimando al prossimo post. Quello che mi interessava evidenziare qui, è che comunque in fondo un "percorso" di questo genere non può essere esclusivamente funzionale alla meta. Oppure sì? ;-)
RispondiEliminaanch'io sono in fase di elaborazione del lutto. in qualche modo di è chiusa un'era.
RispondiEliminahai ragione, il bello di lost è proprio il come, non tanto e non solo il cosa, viene raccontato. i flashback, i flashforward, i sideways, raccontare un pezzo di vita dei personaggi in ogni puntata, sono stati questi i veri punti di forza della serie.
del finale ne parliamo al tuo prossimo post...
sto ancora scaricando the end. mai scaricaggio è stato + lento. solo poi inizierò a vedere tt la 6a serie. è un po' una sofferenza. devo dire però che nel corso degli anni il mio interesse s'è ammosciato. un po' son contenta che sia finito. ulteriori stagioni forse sarebbero state eccessive. i miei complimenti, cmq, agli sceneggiatori. amen
RispondiElimina@Marco: proprio quelli: flashback, flashforward ecc. ... E' stata una notevole innovazione strutturale nel modus narrandi. E a dispetto dell'irritazione suscitata in molti dall'ultimo episodio, va dato atto che in tutto l'arco narrativo hanno mantenuto comunque una coerenza interna invidiabile. Altre serie "cult" sono andate in malora molto prima (X-Files) o molto peggio (Battlestar Galactica). Alla fine il prezzo della "continuity" si paga, e si paga tanto più, quanto più l'arco narrativo è lungo.
RispondiElimina@ciku: certo che adesso riuscire a vedere tutta la stagione evitando di saperne abbastanza per non rovinarsi la visione... Ami vivere pericolosamente! ;-)
faccio un copia incolla di questo post e lo mando a tutti gli scettici che rompono e hanno rotto il cazzo per anni! Pigri, balordi, incapaci di pensare a medio termine (non dico lungo) e ignoranti!
RispondiEliminaBravo!!!
nooooo, ma allora sei umano!
RispondiEliminalo dico piano piano: quando avevo la tv andavo pazza per i cesaroni...ehm ehm...
ahah ah,sono tagliata fuori,non ne ho vista neanche una puntata,anzi nemmeno so che fosse Lost .Forse la vera marziana sono io..mi è piaciuto leggerti,anzi leggervi ciao.
RispondiElimina@Ubi: copia, incolla, linka, condividi, diffondi, fai fai... ;-)
RispondiEliminaGrazie!
@polly: umano a me? Attenta a come parli! :) E comunque tutti abbiamo le nostre debolezze. Il difficile è assumersene la responsabilità.
@fizzi: con questo vuoi insinuare che io non sia un "vero" marziano?! Tsk tsk... Comunque, te lo dico in confidenza, è più facile che tu sia Venusiana. Con quell'atmosfera che si ritrovano lassù, non riescono a prendere neanche la TV Svizzera. Pare gli arrivi solo Radio Maria.
@Ubi Minor: pigri, balordi e ignoranti... non ti sembra di esagerare con questi complimenti?
RispondiEliminaletto. Si, forse hai ragione, il remoto giorno in cui inizierò a guardarlo ti dirò.
RispondiEliminaSolo una cosa: "ha tempi e modi molto serrati da rispettare (questo aspetto non bisogna mai perderlo di vista)".
Da come lo scrivi sembra una giustificazione a certi aspetti di lost. Anche Dostoevskij aveva dei tempi abbastanza ristretti da rispettare quando ha scritto Delitto e castigo, ma non gli ha fatto mancare nulla. Nel senso, i tempi ristretti lo sai già che ci sono, o ci pensi prima, o ti fai aiutare, ma non è che rovini il lavoro
Dimenticavo, son passato dal tuo profilo per arrivare qui, e ho notato "Molto forte, incredibilmente vicino". Se non li conosci, c'è "Se niente importa" di Foer, che a seconda della persona che sei puoi amare o odiare, e Ogni cosa è illuminata, il film tratto dal primo libro, secondo me un piccolo capolavoro, il libro l'ho iniziato e non lo trovo più, ma sembrava bello
RispondiElimina@Rassudkin: intendo "tempi" nella programmazione e nella realizzazione di una produzione televisiva, non "tempi" narrativi all'interno della storia raccontata. Non credo che Dostoevskij abbia tirato via il suo romanzo com'era era, perché aveva l'obbligo di consegnare il testo all'editore entro una certa data.
RispondiElimina@Rassudkin: Conosco gli altri libri di Foer, grazie. :-) "Se niente importa" non l'ho ancora preso, l'argomento non mi attira tantissimo... Mentre "Ogni cosa è illuminata" l'ho letto, ma l'ho trovato inferiore a "Molto forte, incredibilmente vicino". Infatti per lunghi tratti l'ho trovato decisamente troppo complicato, forse per colpa della mia mancanza di conoscenza della cultura ebraica di cui il testo è impregnato. Per questo non l'ho apprezzato come l'altro.
RispondiEliminaGuardati il film, manca (quasi) tutta la parte sugli ebrei e sul villaggio, è molto più semplice del libro, ma gli attori sono davvero azzeccati ed è molto riuscito. Comunque si, Dostoevskij doveva consegnarlo entro una certa data, sennò quell'editore avrebbe avuto i diritti dei suoi romanzi gratis nei successivi 9 anni, mi pare. Era solo un esempio per dire che non puoi penalizzare una qualsiasi cosa solo perchè il tempo è poco, se lo sapevi dall'inizio. Chiaro che gli autori di lost poi non sono dei geni come dostoevskij, ma appunto per ciò dovevano cercarsi una soluzione prima.
RispondiElimina@Rassudkin: visto anche il film. ;) A quanto ne so Dostoevskij firmò per un nuovo romanzo da terminare entro circa un anno per una pubblicazione a puntate. Ma nessuno obbligò quel "genio" a scrivere un simile romanzo-fiume in un solo anno. Fu una sua scelta. E comunque la pubblicazione a puntate aiutava. Ma a prescindere dal fatto che anche come romanziere puoi avere senz'altro delle grosse pressioni sulla realizzazione del tuo lavoro, un conto è un libro in cui ci sei solo tu e la storia da realizzare e da far tornare al meglio, e un conto è una produzione televisiva multimiliardaria dove tu autore ti devi confrontare con mille altri vincoli e in cui i tempi - ti assicuro - non sono comparabili a quelli di una creazione letteraria.
RispondiEliminaE comunque non la penalizzo. E' qualcosa che fa parte delle regole del gioco. Tutte quante le produzioni TV hanno queste regole. E premesso questo (e anche malgrado questo), gli autori di Lost hanno comunque tirato fuori un prodotto innovativo di notevole spessore. Poi, insomma, parliamo di una serie TV, mica della Teoria della Relatività, ma nemmeno di una grande opera letteraria. Insomma bisogna comunque contestualizzare il discorso. ;-)