Punti di vista da un altro pianeta

giovedì 23 luglio 2015

Il destino dell'incauto neologista

Poi succede che un giorno senti una parola che non avevi mai sentito prima. Neologismi li chiamano. In genere per la prima volta li leggi sul giornale o su un manifesto pubblicitario, o li ascolti alla radio o alla televisione, che anche se sono parole nuove, più o meno il significato lo capisci dal contesto e la prima volta sembra quasi un accidente, uno sbaglio, uno scherzo, finché non li senti una seconda volta e poi una terza, magari da un amico o da un collega al lavoro. E quando li ascolti (o li leggi) vuol dire che in qualche modo sono già in circolo come virus inestirpabili. Nella fattispecie non sai mai se quella che stai ascoltando/leggendo sia la sua prima volta, l'esordio assoluto di quella parola nell'ambito della comunicazione umana, ma in genere se un neologismo si aggira nei territori dei mass media vuol dire che ha già conquistato un suo diritto all'esistenza.

Eppure ci sarà qualcuno, da qualche parte, un demiurgo letterario che li forgia, i neologismi. Non è che le parole nascono da sole, come le canzoni di Vasco, già con le parole. Ogni neologismo avrà pure un suo papà da qualche parte, qualcuno che avrà avuto l'illuminazione per esprimere un vecchio concetto in un modo nuovo, originale e più efficace, o per esprimere una nuova situazione in una maniera più adeguata, più concisa, di quelle che calzano a pennello e si insediano facilmente nelle menti degli interlocutori/ascoltatori/spettatori/lettori, ignari, incolpevoli e ricettivi come spugne vergini, finché magari dopo un po' hanno pure l'onore di finire dentro al dizionario che se le metti nel tema, il prof non te le può più segnare con la matita blu. Robe che funzionano tipo: gugolare, gombloddo, pentastellato, bunga bunga, celodurismo, downloadare, svapare...

E sarebbe tanto, tanto bello poter sapere chi è il papà di queste nuove parole, colui che per primo le ha pensate, e poi scritte e dette (o viceversa), una persona che così, come niente, cambia la vita di noi tutti, perché cambia il nostro modo di comunicare. Sarebbe davvero elettrizzante poter cliccare da qualche parte et voilà, ecco chi è il papà di quella nuova parola!, dargli un volto, un nome e cognome, magari anche la targa di un'auto, un indirizzo, sapere dove andarlo a prendere, insomma, e trascinarlo in un posto appartato, magari dotati di qualche strumento duro e con una certa massa, uno spezzone di tubo innocenti potrebbe andare bene - di quelli per i ponteggi per intendersi -, e dargliele, dargliele, dargliele di santa ragione per avere inventato il termine: apericena.

9 commenti:

  1. Urka, apericena! Uno dei neominchialogismi più inascoltabili, come il famoso brunch dei merrrrregani. "Pentastellato", "bungabunga", "celodurismo" sono neominchialogismi del mondo politico. "Downloadare": nella nostra cerchia se qualcuno ci prova si becca una caterva d'insulti, perché il vecchio "scaricare" è sempre in voga; al limite "effettuare il download" se si vuol fare i fighi. Ma mettici pure "scansire", "scansionare", "scannerizzare" quando si usa lo scanner; è ormai entrato nell'uso in una o nell'altra variante, ma sarebbe preferibile "digitalizzare" ("scandire" sarebbe più giusto, ma per l'italiano medio ha altri significati e genererebbe confusione). Poi "la mail" per indicare il messaggio di posta elettronica, o la posta elettronica in genere, a seconda del contesto; e vabbe', lo ammetto, questo lo uso pure io, maledicendomi da solo... "Gugolare", mai sentito, solo letto in qualche post in bimbominkiese in giro per il web. Ah, ecco: "bimbominkia", con la sua K d'obbligo per far capire che questa gente al posto del cervello ha un Kervello, invece è un neologismo che uso a stecca. "Gombloddo" è ironico, per pigliare per il culo i bimbiminkia complottardi (o gombloddardi, già). Altro neominchialogismo politichese che non sopporto: "governance". Nessuno ha ancora capito che vuol dire, meno che mai i politicanti da strapazzo che lo usano a stecca: fa solo figo usare quel termine, ecco. Poi, un altro neominchialogismo: quella strana verbizzazione dell'aggettivo "perplesso". Hai mai sentito qualcuno dire "Questa cosa mi perplime"? Ma il verbo "perplimere" non esiste e non è mai esistito; ciò mi lascia alquanto perplito, sì, insomma. Ancora uno: "nativo digitale", che indica tutti quelli che la tecnologia la subiscono dalla nascita e ne sono diventati schiavi, con buona pace della vecchia generazione di, ah, "nativi analogici" che dei pericoli insiti nell'abuso di tecnologia sono ben consci.

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    1. Sulle parole inglesi che entrano nel vocabolario ci sarebbe da disquisire, se opportuno o no, però alla fine sono parole esistenti e se entrano nel lessico e vengono usate, è corretto inserirle nei dizionari. Ma quelli non se li è inventate nessuno. Sono solo mutuate da un altra lingua. Penso giusto tipo a "governance".

      Su "perplimere" c'è questa interessante osservazione dell'Accademia della Crusca (http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/significato-origine-perplimere)

      Infine, "nativo digitale" secondo me in questo momento storico ha anche un senso, proprio per distinguere chi è nato nell'era di Internet e chi no. Tra 70 anni sarà un'espressione morta, in quanto tutti lo saranno.

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    2. Che "perplimere" fosse un guzzantismo non me lo ricordavo più; ma non perché li usa Guzzanti (un "comico" che non mi fa ridere, e che non sopporto proprio) devono diventare termini reali. (Urka, ho coniato un neologismo: "guzzantismo"...) Sui "nativi digitali" la mia era una critica feroce: per me significa "schiavi della tecnologia", mentre noi vecchi bacucchi nati PRIMA di tutte 'ste menate tecnologiche siamo "fruitori della tecnologia". Sulla "governance": so che esiste in albionese, ma non ha minimamente il significato che i nostri politicanti vorrebbero avesse, anche perché loro NON SANNO che significato attribuirle - o meglio, gliene attribuiscono uno o un altro a seconda dell'umore del momento.
      Quanto all'apericena: un AK-47 andrebbe bene?

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  2. Daje. Se lo trovi, fammi un fischio che ho un mattarello di rame. :)

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    1. Bello il mattarello di rame. Paté, ci patisco. Lo voglio anch'io! :)

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  3. E' quello che nonna usava per fare i trocchioli (tipo spaghetti alla chitarra, ma freschi e lunghissimi). Ci patisco anch'io nel ricordo, ma un uso alternativo è possibile, nell'era digitale. Sissignore. ;)

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  4. Anche se tarderrimo, voglio dire che quoto in pieno, sapevaleto!

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    1. Grazie della quotatura! (A proposito di neologismi terribili) :-D

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    2. Di nulla, sapevatelo* ;)

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