Punti di vista da un altro pianeta

giovedì 18 novembre 2010

La favola del Pifferaio del Paese di Chi Sta (2 di 2)

Poi c'è tutta quella politica che comprende le delibere che il cittadino non percepisce direttamente, o perché non coinvolgono la sua realtà, o perché la coinvolgono senza che lui ne abbia facoltà, oppure se ne accorge, ma hanno su di lui effetti lievi i quali, ancorché negativi, sono come odori leggermente sgradevoli che sulle prime danno fastidio, ma poi ci si abitua in velocità, fino a integrarli nella vita di tutti i giorni senza sofferenza, né difficoltà. Questo aspetto secondo la mia abilità, contribuisce ancor meno del precedente alla formazione dell'opinione dei cittadini del Paese di Chi Sta. Quindi gli attribuirei una percentuale non superiore al 10% in tutta tranquillità.

Il restante, cospicuo 70% è riservato al terzo aspetto della politica da quaqquaraqquà. Quella impastata con le parole e le questioni morali, la retorica da bar e le emozioni da Cinecittà, le dita puntate al cielo e i sofismi, i pulpiti e i palpiti, gli slogan e i talk-show, le dichiarazioni e le smentite, i telegiornali dei burattini e gli anatemi di papà. Tutta questa politica non si basa mai su fatti concreti su cui i cittadini hanno elementi per verificare e dunque giudicare con idoneità, bensì tratta elementi puramente concettuali, sterili e capziosi, in un'unica, ininterrotta singolar tenzone dialettica per lo più vuota e fine a se stessa, come un cappello di falpalà. Ebbene, per cercare di districarsi in questa complessità, l'unica possibilità per il cittadino del Paese di Chi Sta che un'opinione si vuole far, è data dall'approfondimento di quanto affermano i media, attività che può essere svolta solo attraverso un (non semplice, né leggero) continuo lavoro di confronto delle fonti, svolto con lucido disincanto e massima obiettività. Perché è altresì naturale che le fonti dell'informazione non siano mai cristalline nella loro neutralità, ma tendano sempre e comunque a vedere e vagliare i fatti attraverso il filtro della propria mentalità. Ma questo nel naturale andamento delle cose sta. Il confronto tra esse dovrebbe avere per il cittadino proprio lo scopo di vagliare i pro e i contro espressi dai diversi punti di vista per giudicare quale di questi - e in che capacità - corrisponde meglio al suo modo di vedere e sentire questo mondo qua.

Nel Paese di Chi Sta, però, la quasi totalità delle fonti è radicalizzata sugli schieramenti e non fa alcunché per dissimulare l'astrusità, anzi rappresenta in continuazione i fatti della parte che favorisce in maniera protezionistica e dunque fortemente distorta e univoca, al solo fine di confermarne la bontà. Come può dunque destreggiarsi in questo labirinto di alterità un cittadino che vuole farsi un'opinione ragionata senza oscurità? La risposta è semplice e tremenda: impossibilità! I cittadini delle prime due fette (chi sta di qua e chi di là) continueranno a utilizzare i media dei loro propri schieramenti, che li conforteranno oltremodo nei loro bei vestiti di taffetà, mentre agli altri, agli indecisi, non resterà che lasciarsi prendere dagli aspetti maggiormente emotivi delle opinioni e delle possibilità, e farsi condurre da quelli, come una zattera alla deriva verso un orizzonte di altrui arbitrarietà. Così finiranno per dare ascolto all'amplificatore più potente che ci sarà, seguendo con remissività colui che i mezzi per aumentare il volume più in alto avrà.

Insomma, nel Paese di Chi Sta, il più grande Pifferaio solo vincerà.

/fine

5 commenti:

  1. Stesso pessimismo: arrivare, in italiA, a un barlume di verità attraverso il raffronto delle fonti faziose è un po' come mettersi a setacciare una Copacabana di merda alla ricerca dell'unico granello di sabbia. Sarebbe impossibile pure se le fonti fossero gratuite, figuriamoci (nel caso di giornali e riviste) andare a rovinarsi per ingrassare tutte quelle prostitute intellettuali raccomandate!

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  2. @Zio Scriba: proprio così, Zio. E anche se si è animati dalle migliori intenzioni, dalla voglia, dall'intelligenza, dalla cultura, dalla lucidità e dall'apertura mentale, il processo di ricerca, non dico di verità, ma almeno di una comprensione motivata della situazione sociale, mi pare davvero impresa impossibile. Che cosa resta, allora, a noi che vogliamo provarci? Poi ci si chiede da dove nasce il qualunquismo...

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  3. non poteva che vincere Lui,
    in un Paese di animali che si lasciano abbindolare dai suoni.. o dalle parole..
    :)

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  4. Ciao Grande Marziano,
    che dire, io concordo con questo modo di interpretare lo stato attuale delle cose. Il cane si morde la coda da un pezzo, e gli aspetti più preoccupanti sono due: il fatto che le situazioni si evolvono, e il fatto che questa situazione non presenta i presupposti per evolversi in maniera positiva.
    Come ho già detto altrove, davanti al "portare acqua al proprio mulino" sempre e comunque, il concetto stesso di Repubblica fallisce miseramente. Tra l'altro chi non tiene famiglia e sceglie di esporsi fisicamente, viene spesso tacciato d'avere le più losche intenzioni e dunque screditato in partenza.
    E' una situazione orwelliana, in cui la memoria conosce un processo di cancellazione sia indotto che voluto (revisionismo selvaggio da una parte, disinteresse e ignoranza dall'altro) e quasi sempre le reazioni non sono dovute a un risveglio di coscienza, ma a una semplice difesa di un interesse personale.
    Ed è davvero difficile anche il semplice iniziare a far qualcosa, quando non si sa nemmeno se la propria azione/dimostrazione sortirà gli effetti desiderati o quelli esattamente opposti.

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  5. @Marie: secondo me quando dici "Lui" hai una faccia in mente.

    @il Socio: ciao Socio, in politica, a meno che non si parli dei Grandi Temi (ma anche su quelli ci sarebbe da ridire), il 90% delle volte l'interesse che si difende è "personale". Bisogna vedere quanta gente condivide quel "personale". Se è uno solo, dieci, centomila, venti milioni...

    Quanto al "far qualcosa", purtroppo ti devo dare ragione, anche se ho qualche sospetto che "loro" facciano affidamento sul problema del dubbio degli effetti dell'azione, cosicché vinca l'inazione.

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