Punti di vista da un altro pianeta

martedì 27 marzo 2012

Fornero's Tunes!

Ora, voglio dire, anche un idiota lo capisce, che dire alle imprese di non abusare della flessibilità (ovvero del licenziamento per motivi economici), dopo avergli dato in mano una simile riforma dell'articolo 18, è come dare a Bugs Bunny una carota e chiedergli ("Per favore!") di non sgranocchiarla.

venerdì 23 marzo 2012

Un altro e-book marziano

Giacché se ne è parlato molto, qui, in questi due anni, di manipolazione e di indipendenza della mente, e siccome ritengo che quella dell'allenamento all'autonomia di pensiero sia una delle attività più impegnative e cruciali che siamo chiamati a svolgere nell'era della (iper)comunicazione, ho pensato di raccogliere in un e-book i post più significativi sull'argomento apparsi su questa pagina, per non perderli, tenerli in evidenza e renderli disponibili in maniera organica e strutturata.

Non si tratta di un trattato di sociologia moderna, psicologia evoluzionista o antropologia culturale, bensì - come al solito - di uno stimolo semplice e (spero) comprensibile per guardare il mondo che ci circonda e interagisce con noi con occhi attenti e distaccati, e non sottovalutare il pericolo dei tranelli che esso ci tende ogni volta che, per esempio, accendiamo la televisione o sfogliamo le pagine di un giornale. Tenere le antenne ben all'erta, insomma.

Perché, per dirla con le parole di David Foster Wallace,
«Imparare a pensare» di fatto significa imparare a esercitare un certo controllo su come e su cosa pensare. Significa avere quel minimo di consapevolezza che permette di scegliere a cosa prestare attenzione e di scegliere come attribuire un significato all’esperienza. Perché se non sapete o non volete esercitare questo tipo di scelta nella vita da adulti, siete fregati.
L'e-book, messo a disposizione in formato pdf, è scaricabile gratuitamente cliccando qui.

martedì 20 marzo 2012

domenica 18 marzo 2012

venerdì 16 marzo 2012

Metafantasie da fondoschiena

E poi c'è questa faccenda del girarsi. Uomini certo, forse soprattutto uomini, ma anche donne, magari soltanto con quella maggior dotazione di discrezione e stile che è loro propria in (quasi) ogni occasione. Inutile nascondere che si tratta di un gesto peculiare, perché se da un lato gli altri animali ("altri" perché anche l'essere umano, vale la pena ricordarlo ogni volta che è possibile, lo è), per esempio i cani, lo fanno a corollario di una subitanea nostalgia di similarità e di desiderio di placare anche solo per poco un isolamento razziale imposto socialmente, oppure, in alternativa, a inseguimento dell'ipotesi di un afrore ormonale a consenso di una prospettiva riproduttiva priva di qualunque malizia, negli esseri umani i contorni di quella spirale cervicale rincorsa a guardare chi ci ha appena superato, ancorché non uno qualunque, generalmente mirando al culo (ma anche alle gambe o alla schiena a seconda del sesso, dell'abbigliamento e delle preferenze individuali), dopo aver peraltro già preso visione del Lato A che ha dato il via al processo, è sinonimo di qualcosa di diverso.

Perché al di là degli odori o delle solitudini, che - beninteso - anche negli umani possono esserci, come pure delle reali prospettive sessuali, che sono il vero motore di quel torcicollo compulsivo (ragione per cui lo si vede accadere con una frequenza direttamente proporzionale al concentrato di ormoni nel sangue), il gesto lo si riscontra anche a fronte di una totale omissione di queste. Perché se il cane si volta per concedere al suo istinto di annusare una possibilità ludica o biologica, l'essere umano è disposto a correre il rischio di strappo muscolare anche nella piena consapevolezza che quel gesto non potrà mai essere dotato di un'autentica aspettativa reale. D'altro canto l'apparente vacuità e insipidezza dell'atto non è sufficiente a far desistere da quello che sembra l'ennesimo paradosso del comportamento umano. Ma in questo caso l'apparente stravaganza è in realtà anche sinonimo di qualcosa di unico e bellissimo, un'attitudine straordinaria del tutto distintiva, trattandosi in ultima analisi non solo del nutrimento di una pura fantasia, sia essa geometrica (ortogonale), religiosa (missionaria), ippica (!), o quella che volete voi, ma anche addirittura della mirabile coltivazione tutta umana (ma anche un po' marziana) della fantasia di una fantasia.

Se poi, più prosaicamente, vi trovaste anche solo nella condizione di aver bisogno di un (valido) alibi al gesto, ora ne avete uno. Ringraziatemi.

mercoledì 14 marzo 2012

Prendendo le misure all'Uomo

Sono certo di non incorrere nella vostra delusione, anticipandovi fin da subito che non si tratta di una disquisizione circa il ruolo della metrica nella funzionalità delle dotazioni maschili. Sebbene, tuttavia, date le circostanze, qualche risvolto sessuale per forza di cose finirà per esserci. Perché il sesso è parte dell'Uomo (con la U maiuscola, ovvero in quella maschilistica fenomenologia linguistica per cui nella specie al maschile si intende compresa anche la donna) e dunque anche, anzi soprattutto, le complesse reazioni e relazioni che l'Uomo ha con esso e che ne configurano una delle sue proporzioni più importanti.

Ma nel novero delle dimensioni misurabili, non c'è solo il sesso, che pure ha una parte - appunto - rilevante, in molte delle sue diamantine sfaccettature, compresa quella scabrosa, oscura e difficile della pedofilia. C'è anche la morte. Quella per esempio tragica, terribile e colpevole, di un amico, quando invece noi - senza un cazzo di perché - ci siamo salvati per un soffio senza nemmeno un graffio. C'è la malattia. Quella rara, invalidante, disperata, che non prevede possibilità di consolazione. E c'è la violenza. Quella fisica, efferata e la sua giustizia che trova la misura solo in una vendetta egualmente efferata. E quella psicologica, ma non per questo meno feroce, che il cinismo del Sistema dispensa nei confronti di chi si deve sottomettere, se vuole sottostare alle sue Regole. Infine quella del Destino, che cambia le carte in tavola (e spesso anche la tavola stessa) a suo piacimento e (quasi) mai lo fa in meglio, anche solo perché il caos è entropicamente assai più probabile dell'ordine.

Ogni volta che la vita pone l'Uomo a confronto con una di queste cose, lo spinge a misurare se stesso nei confronti della propria esistenza, come di fronte a uno specchio di carne e sangue, ed è quello che Paolo Zardi fa nella sua Antropometria, intensa raccolta di racconti senza filtri, né ipocrisie, cattivi, violenti, sfacciati, teneri, sessuali, delicati, cinici e veri proprio come sanno esserlo l'Uomo, le Relazioni che mantiene, la Società in cui vive e il Destino (impassibile) che giocherella con lui. Racconti che superano il minimalismo alla Carver, nel massimalismo della sterzata, quella improvvisa del caso che piomba su di noi come un’auto impazzita e, nel cambiarci per sempre, delinea i confini della nostra umanità. Racconti arguti e tragici, sorprendenti e disperati, che l'adeguata perizia di toni e stili finisce per rendere veri e propri gioiellini letterari.

E se, come sempre succede con le antologie personali, non è possibile che tutti siano al medesimo (altissimo) livello, anche solo per le sempre diverse modalità di agnizione di ciascun lettore nei confronti della materia narrata, la raccolta di Zardi è complessivamente un ottimo esempio di quello che la narrativa italiana chiamiamola indipendente, ovvero quella al di fuori del giro dei grandi scrittori e delle grandi case editrici, può essere capace di esprimere, se dietro ci sono autori capaci e case editrici coraggiose, competenti e appassionate, immuni al fascino odioso e perverso dell'onnipresente nepotismo editoriale e che per questo meritano tutta la visibilità e il sostegno possibili.

L'incipit (da Sei minuti):
"Una notte, camminando lungo il marciapiede che costeggia un piccolo parco senza recinzione, con le panchine in legno ricoperte da frasi scritte con l'uniposca, l'altalena verso il bordo di un silenzio molto protettivo, in un quartiere quasi residenziale, avvolta (io), dall'umidità dell'autunno appena iniziato, dieci secondi dopo che una macchina è passata sulla strada (dentro ascoltavano I wish you where here), il terreno quasi bagnato, venti minuti dopo aver salutato un'amica con due baci sulla guancia (un profumo da chewing-gum, gli occhi stanchi, un ciao ci sentiamo domani mattina) ed aver salutato anche il mio ragazzo con un bacino molto dolce sulle labbra (nessuna parola ma solo uno sguardo pieno di complicità), un sabato di settembre, con un cappottino grigio troppo sottile, sotto un cielo molto scuro, dodici minuti dopo aver constatato - stupita - che non ci sono nuvole, sete, un libro di Philip Roth in borsetta, il segnalibro rosso della Feltrinelli a pagina 122 (proprio quando lo Svedese sta scoprendo che la figlia probabilmente è una terrorista, ma non ne ha ancora la certezza), all'una e cinque, sei minuti dopo che ho notato qualcuno dietro di me..."
Piccola rassegna stampa:
Antropometria su Il linkazzo del skritore
Antropometria su Della sostanza di cui sono fatti i totani

Antropometria, di Paolo Zardi (NEO Edizioni)

domenica 11 marzo 2012

Invaders from Mars #1

E la Sardegna è la prima a cadere!


Grazie a Riccardo Argiolas, vincitore del concorso Vinci un Marziano di qualche settimana fa (relativamente alla versione indetta sulla pagina di Facebook), che mi ha mandato questa bellissima foto del marziano offerto da Knitting Bear approdato con palese soddisfazione in terra di Sardegna (zona Monserrato - Cagliari).

L'invasione è cominciata...

mercoledì 7 marzo 2012

La prerogativa della vongola

Ogni cosa ci cambia, ogni cosa ci manipola. Perché la nostra esistenza, la nostra intelligenza, le nostre esperienze, i nostri ricordi, le nostre opinioni si nutrono degli stimoli che ci arrivano da tutto il resto del mondo. Quello che le vongole fanno con la sabbia, noi lo facciamo con le informazioni. Siamo dei filtri. Le cose, eventi, immagini, idee, ci passano attraverso, qualcuna resta impigliata nella trama del nostro cervello, e lì mette radici, altre ci superano senza nemmeno sfiorarci, altre ancora passano oltre, ma solo in apparenza, perché nel loro transito modificano qualcosa, anche solo impercettibilmente, nella struttura della nostra mente, come un colpo di sponda tra le biglie di un biliardo. Non possiamo prescindere da questo, perché la nostra individualità nasce e si sviluppa dal rapporto e dal confronto continuato e istantaneo con una realtà relativa in cui trovano posto e interagiscono altri come noi.

Tutti ci cambiano, tutti ci manipolano. Non è detto che sia loro proposito farlo, ma l'intenzione, o la mancanza di essa, non cambiano di molto il risultato: lo fanno e basta. Lo fanno coloro che ci sono vicini, come i genitori, i parenti, gli amici, gli insegnanti, i fidanzati, i coniugi, i colleghi, e lo fanno coloro che ci sono lontani, come il barbiere, il fruttivendolo, ma anche (soprattutto) i libri, i giornali, la televisione, Internet. Per cui, giacché molte cose (tutte?) che si mettono in relazione con noi ci fanno uscire da quella relazione in qualche misura diversi rispetto a come eravamo prima di entrarci, non esiste un valore etico assoluto della cosiddetta manipolazione. La manipolazione è tanto necessaria, quanto inevitabile. Del resto, noi stessi facciamo ogni giorno la medesima cosa con gli altri, anche solo quando vogliamo affermare le nostre idee. Dunque la manipolazione, intesa in senso lato, non è un universale negativo. La manipolazione è, semplicemente, una regola del gioco, o forse addirittura il gioco stesso, la conseguenza più diretta e inevitabile del nostro relazionarci con il mondo, ovvero la causa primordiale il cui effetto è, né più né meno, tutto ciò che siamo.

Ed è proprio questo stesso paradigma, quasi paradossale, che contiene in sé i germi del pericolo, in quanto configura una situazione in cui la libertà individuale di valutare, scegliere, pensare, viene messa in discussione in linea teorica a ogni occasione di scambio di informazioni, o almeno - più propriamente - tutte le volte in cui un (eventuale) atteggiamento passivo lascia alla manipolazione la facoltà di andare a scrivere nella nostra mente tutto ciò che le pare, a prescindere dalla sua consapevolezza di volerlo fare oppure no. D'altro canto è pur vero che nemmeno il contrario è possibile. Vale a dire non ci si può chiudere a riccio, tagliandosi così fuori da tutti gli stimoli, al fine di proteggersi dalle ingerenze esterne e pensare di mantenere così il primato dell'autonomia di pensiero. Barricarsi dentro una boccia di cristallo è semplicemente inconcepibile.

La manipolazione assume dunque connotati potenzialmente nocivi non tanto a causa delle (perniciose) intenzioni del mittente, quanto piuttosto dalla (scarsa) consapevolezza del destinatario. Perché non potendo smettere di relazionarci col mondo, tutto quello che si può fare è innanzitutto conoscere i meccanismi che la manipolazione usa e gli interruttori mentali su cui essa agisce, cercando nello stesso tempo di evitare di cadere nel (troppo) facile tranello opposto, ovvero quello di pensare che la manipolazione sia sempre lì a tendere dei tranelli a ogni angolo. Atteggiamento conservativo, questo, ma pericoloso almeno tanto quanto quello di fidarsi ciecamente di ogni cosa che ci viene detta. Secondariamente ci si deve allenare alla disponibilità a cambiare opinione, ad abbandonare i sentimentalismi, le presunzioni e gli appiccicosissimi rigurgiti di orgoglio che tendono a tenerci gelosamente arroccati sulle nostre posizioni, e concedere sempre la possibilità a un confronto reale e leale (e ragionevole) nei confronti della diversità.

In terzo luogo è necessario rinunciare alla comodità della pigrizia della ricetta a senso unico e dell'informazione cotta-mangiata-e-digerita, dunque uscire dai territori familiari e gratificanti dentro i quali le nostre idee vengono riconosciute e appoggiate, ed esplorare la realtà nella variabilità delle sue innumerevoli sfaccettature di pensiero, anche quelle scomode, anche quelle che non ci piacciono. Il tutto nella spiacevole consapevolezza che dubitare costa sempre molta, molta più fatica di credere. Eppure solo così potremo avere, se non la certezza, almeno la confidenza, che quella visione, alla quale noi siamo pervenuti magari anche dopo molto tempo, premesso che non potrà mai essere la Verità, sarà stata almeno una nostra (libera) scelta. Il tutto nella spiacevole consapevolezza che essere liberi costa sempre molta, molta più fatica che essere vongole.

sabato 3 marzo 2012

Cosa succede quando Marte perde le elezioni?

La risposta è semplice: va all'opposizione. E chi ha un po' di familiarità con la conoscenza del cielo, avrà intuito che ho usato questo piccolo gioco di parole per segnalare un bell'evento celeste. Nelle prossime ore Marte infatti si troverà in opposizione rispetto alla Terra, ovvero in quella particolare posizione dei pianeti, per cui il gioco dei moti orbitali fa sì che i corpi celesti si trovino allineati dalla stessa parte rispetto al Sole, dunque nella posizione di distanza relativa minima (quando sono allineati con il Sole in mezzo, dunque nella posizione di distanza relativa massima, si ha una congiunzione).

Poiché Marte è un pianeta esterno e il suo anno dura circa 687 giorni terrestri, la Terra compie un giro intorno al Sole, mentre Marte ne compie circa mezzo e questo implica che Terra e Marte si ritrovano affacciati ogni due anni circa. Questo è il cosiddetto Periodo Sinodico, che dura infatti approssimativamente 780 giorni. Va da sé che questo è anche il momento migliore per osservarsi a vicenda, anche se, siccome le orbite dei pianeti sono ellissi diverse e non concentriche, non tutte le opposizioni sono uguali e alcune risultano migliori rispetto ad altre, a seconda del punto in cui si verificano. Quella di questi giorni, per esempio, non è particolarmente favorevole, in quanto la distanza Terra-Marte sarà di circa cento milioni di chilometri, mentre nelle opposizioni più propizie, le cosiddette Grandi Opposizioni (come quella dell'agosto 2003 e quella che si verificherà nel 2015), la distanza tra i due pianeti può scendere fino a cinquantacinque milioni di chilometri e allora sì che la visuale reciproca risulta davvero straordinaria. Ma, trattandosi comunque di un evento non troppo comune, accontentiamoci.


Quindi, insomma, se il cielo è sereno, una di queste sere, dopo il tramonto, pensatemi per dieci secondi, volgete lo sguardo verso sud est e troverete Marte nella costellazione del Leone (la cartina che vedete qui sopra fa riferimento al cielo di stasera alle 21:30 da Roma, ma non cambia di molto rispetto al territorio italiano). Il puntino rossastro è inconfondibile anche a occhio nudo. Se poi avete un binocolo di media potenza e il cielo sarà in buone condizioni di visibilità, potrete risolverlo già in un piccolissimo dischetto, che aumenterà ancora nel caso abbiate la possibilità di osservarlo con un telescopio anche piccolo. In quest'ultimo caso, non è escluso che possiate avere la fortuna di vedermi mentre vi saluto con tutt'e quattro le braccia. Nel caso, ci terrei che faceste altrettanto, ancorché con due braccia sole. Altrimenti accontentatevi di avere dedicato qualche momento alla contemplazione di una dimensione, quella del cielo e - quindi - dell'universo, che ormai avete dimenticato, ma che fa parte di voi più di quanto abbiate voglia di ammettere, e che vi farebbe bene recuperare per la salute e l'equilibrio del vostro spirito e, dunque, della vostra umanità.

giovedì 1 marzo 2012

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