Punti di vista da un altro pianeta

venerdì 31 dicembre 2010

Cartoline da un pianeta immaginato (2 di 3)

Il pianeta illusionista
Poi giunse il telescopio, e le cose - per voi - furono destinate a cambiare ancora, sebbene molto lentamente. Nel frattempo, Marte e il paradigma della mitologia non rinunciavano a mettere in scacco l'immaginazione dell'uomo. Anzi, le prime osservazioni telescopiche, nonostante non potessero in alcun modo permettere di fare ipotesi realistiche sulla natura o la composizione del Pianeta Rosso, pur qualcosa evidenziavano. E quel qualcosa era sufficiente per... immaginare. Si trattava di vaghe zone d'ombra per lo più, ma non impiegaste molto - né vi si può biasimare per questo - ad applicare la vostra visione terrestre del mondo per dire che si trattava di “mari”, mentre le zone chiare erano, manco a dirlo, “terre”. Se poi ci aggiungiamo il fatto che nel XVIII secolo già si erano osservate delle calotte polari (proprio come la Terra) che cambiavano ampiezza con le stagioni, che la rotazione intorno al proprio asse era poco più di ventiquattro ore (proprio come la Terra...), e che l'inclinazione dell'asse era di circa 25° (proprio come la Terra!), tutto concorse, insieme con una buona dose di presunzione, a far ritenere che vi trovaste di fronte a un mondo del tutto simile al vostro. E in un mondo così apparentemente simile alla Terra, era così stravagante immaginare che ci fosse la vita? Quando poi vi accorgeste che i contorni delle ombre scure sulla superficie non sembravano avere confini fissi, ma parevano modificarsi nel corso dell'anno marziano (forse in accordo con le stagioni?), l'interpretazione che si trattasse di distese marine, fu sostituita dall'ipotesi che si trattasse di ampi continenti ricoperti da vegetazione, favorita dallo scioglimento delle calotte polari (e quindi si espandeva) o, viceversa, inibita dalle rigidità del lungo inverno marziano (e quindi si riduceva). Si era intorno alle metà del XIX secolo e la tecnologia ottica cominciava a fornire prestazioni di tutto rispetto, permettendo la costruzione di telescopi rifrattori e riflettori di grandi dimensioni, in grado di spingere più vicino lo sguardo degli osservatori. Questo significava senza dubbio poter vedere meglio, ma anche stuzzicare ancora meglio sempre lei: l'immaginazione. Successe così che nel 1877, anno di una Grande Opposizione particolarmente favorevole (posizione di massimo avvicinamento di due pianeti), un italiano si mise seduto dietro l'oculare del suo nuovo bellissimo rifrattore alla Specola di Milano e, così, tanto per provarlo, intraprese la serie di osservazioni più scientifica e sistematica del Pianeta Rosso che mai fosse stata compiuta fino ad allora. L'uomo era Giovanni Virgilio Schiaparelli e il risultato dei suoi studi, che peraltro proseguirono per molti anni a venire, furono le carta geografiche di Marte più dettagliate dell'epoca, con la relativa nomenclatura, che viene tutt'oggi da voi utilizzata. Ma quello che rese indimenticabile quella stagione, fu la nascita della mitologia dei "canali". In realtà Schiaparelli aveva solo timidamente osservato che sembravano esistere delle strutture simili a canali (tenete presente che, con gli strumenti disponibili all'epoca, un canale sulla superficie di Marte, per essere visibile dalla Terra avrebbe dovuto essere largo almeno 20 km) che sembravano anche modificare struttura, ovvero raddoppiare nel giro di qualche giorno, secondo quel fenomeno che l'astronomo italiano aveva chiamato geminazione. Complice, sembra, anche un errore di traduzione o di interpretazione degli scritti di Schiaparelli per cui "canale" fu tradotto in inglese con "canal" (di origine artificiale) invece che con "channel" (di origine naturale), moltissimi cominciarono a vedere canali sulla superficie di Marte, essendone convinti dell'artificialità e, di conseguenza, della presenza di esseri intelligenti in grado di costruirli.

Il pianeta fanfarone
Tra questi il più acceso sostenitore della teoria marziana fu Percival Lowell, ex-diplomatico e abbastanza facoltoso da potersi costruire un osservatorio personale in Arizona, solo per soddisfare il capriccio di osservare Marte. Sebbene ci fossero scienziati che, anche all'epoca, avessero un atteggiamento molto più scettico riguardo la faccenda dei canali e dei marziani, e lo stesso Schiaparelli fosse molto cauto a riguardo, grazie a Lowell, Flammarion e a una pletora di divulgatori tanto popolari, quanto un po' troppo inclini alla suggestione, l'immaginario popolare fu così invaso dalla mitologia di un Marte abitato e tecnologicamente avanzato. Con tutte le conseguenze del caso. Durante i primi esperimenti radio, Tesla interpretò segnali che Marconi diceva di aver ricevuto dallo spazio, come senz'alcun dubbio provenienti da Marte. Ma chi può dire che in quel caso alla base non ci sia stata di mezzo qualche questione personale tra i due? A fine secolo, poi, una ricca vedova francese, tale Clara Gouguet-Guzman, pare mise in palio 100.000 franchi dell'epoca al primo che fosse riuscito a contattare una civiltà extraterrestre, ricevendone risposta. Manco a dirlo, però, il regolamento della contesa prevedeva l'esclusione di Marte perché ritenuto un obiettivo troppo facile! Medium affermavano che in sedute spiritiche potevano incontrare su Marte le anime dei trapassati e lo stesso Carl Jung scrive di un paziente che in trance ipnotico si ritrova su Marte e vede i marziani a bordo di grandi macchine volanti, un'esperienza molto simile a quella raccontata dall'eminente dottor Theodore Flournoy che nei suoi appunti riporta il caso di Helen Smith, una medium svizzera che sotto ipnosi afferma di visitare Marte e dice di parlare con i marziani descrivendoli come "simili ai francesi"! Non è un caso che la stessa fantascienza, a partire proprio dalla fine del XIX secolo, vide il fiorire di decine e decine di romanzi ambientati su Marte, tra cui il più celebre La guerra dei mondi. E forse fu proprio grazie a questo terreno fertile per l'immaginazione che, suo malgrado, Orson Welles scatenò il famoso panico extraterrestre con la celebre invasione radiofonica dell'ottobre 1938. E da dove provenivano gli invasori atterrati a Grover's Mill? Da Marte naturalmente. Almeno fosse stato vero! Se l'avessimo saputo, ci saremmo attrezzati per non deludervi.

[Nota: la seconda immagine risulta essere un disegno autografo di H.G. Wells in cui lo scrittore esprime la sua personale visione dei marziani. Devo proprio dirvi cosa ne penso?]

/continua

mercoledì 29 dicembre 2010

Cartoline da un pianeta immaginato (1 di 3)

Le mitologie nascono di notte. Le mitologie nascono dal mistero. Le mitologie nascono quando la luce delle stelle suggestiona la mente, la libera dalle catene della ragione e la porta a spasso, in giro dove più le piace. Ma le mitologie nascono anche dall'impossibilità di verificare e dalla possibilità di fantasticare, dalla capacità di rendere vero quello che non è, e di applicare alle categorie del reale, pensieri che di reale non hanno un accidente, ma che funzionano perché spiegano, perché mettono divisioni e paletti, perché aiutano a capire e impongono regole, perché aggiungono informazioni dove le informazioni scarseggiano. Da tutti questi punti di vista, Marte - il mio Marte - può essere considerato il principe delle (vostre) mitologie, perché pochissimi concetti nella storia dell'uomo hanno avuto gli stessi effetti dirompenti che ha avuto Marte e del resto è forse proprio questa la ragione per cui io mi trovo qui adesso. Forse soltanto il mare, con i suoi abissi oscuri, i suoi pericoli ignoti, le sue nebbie filacciose, le sue creature nascoste, le sue tempeste improvvise e i suoi baluginii occulti ha saputo sollecitare in maniera comparabile l'immaginazione dell'uomo. Tuttavia il mare l'uomo lo ha sempre potuto toccare, ammirare, assaggiare, tentare di domare persino. E queste sono state cose che ne hanno sempre limitato in qualche misura la mitologia. Marte invece no. Marte se n'è sempre stato lassù fin dagli albori dell'umanità. Distante. Irraggiungibile. Intoccabile. Un semplice punto di luce che, ciclicamente, ogni 15-17 anni, si ingrossava in maniera preoccupante dopodiché tornava a farsi piccolo. Un punto di luce che aveva il colore del fuoco e del sangue, e l'unica parentela che fuoco e sangue avevano con le categorie del reale, l'avevano con la guerra. Fuoco e sangue. Distruzione e morte. Non sorprende dunque che Marte sia stato uno dei miti più forti della vostra antichità, proprio perché legato, a causa del suo colore, alle categorie mentali più drammatiche dell'esperienza umana. Può invece sorprendere di più che, anche in epoche ormai non pagane, ovvero più illuminate dalla ragione e dalla scienza moderna, Marte si sia preso innumerevoli volte gioco della capacità dell'uomo di immaginare.

Il pianeta giocoliere
Provate dunque a chiudere gli occhi e a immaginare che non esista niente di tutto quello che siete abituati a conoscere. Niente frigoriferi e lavatrici. Niente automobili o lampioni per strada. Niente computer, né radio, né televisioni, né Internet. Niente elettricità insomma. Anzi, niente scienza e tecnologia. Niente Piero Angela o Margherita Hack. Neppure Galileo Galilei, naturalmente. Senza dubbio non saprete un accidente di cosa sono le stelle e i pianeti. Sono solo luci, alcune fisse, alcune mobili. Alcune bianche, alcune colorate. Alcune puntiformi, alcune capaci di ingrandirsi e rimpicciolirsi. Ma è difficile che vi possa passare per la testa che siano enormi sfere incandescenti o piccole palle di roccia. E' altresì possibile che, se siete un pensatore particolarmente acuto, versatile e ambizioso, tentiate di cercare di capirne i movimenti e, da questo, cercare di disegnare un modello dell'universo. Ebbene, da questo punto di vista di sicuro Marte vi farà impazzire perché ogni tanto avrete notato che il suo moto lineare e regolare nel cielo notturno subisce un'inversione di marcia. Questo è assai facile da verificare a occhio nudo e non c'è alcun dubbio che questo fenomeno sia stato osservato anche nell'antichità. Si chiama moto retrogrado e si tratta di un semplice effetto di combinazione tra i moti orbitali della Terra e di Marte per cui, da un osservatore posto sul vostro pianeta, quando la Terra (che si muove più velocemente di Marte essendo più interna) si avvicina all'opposizione, cioè al punto in cui Sole, Terra e Marte sono allineati tutti dalla stessa parte, Marte disegna con il suo cammino nel cielo una sorta di cappio o di ricciolo, tornando indietro per qualche giorno e poi riprendendo il suo percorso "normale". In realtà questo curioso fenomeno puramente prospettico è presente nell'osservazione di tutti i pianeti esterni, ma in Marte è molto più evidente, ed è stato proprio nel tentativo di spiegare questo moto, che sono nati tutti i modelli dell'universo dei pensatori del passato, da Ipparco ad Aristarco, a Tolomeo, a Copernico, a Brahe, fino a Keplero, quello che a cavallo tra XVI e XVII secolo ci ha finalmente azzeccato, stravolgendo l'intera visione del (vostro) mondo. E il tutto grazie a Marte. Come avreste fatto dunque senza di noi?

/continua

venerdì 24 dicembre 2010

Stille Nacht

Aspetto i rintocchi. Poi sull'eco del dodicesimo - non prima - esco e sollevo lo sguardo. Se il cielo è sereno e limpido, ovviamente è meglio, altrimenti mi accontento di socchiudere gli occhi nella condensa del mio respiro e di pensare alle stelle nascoste dalla coltre di latte. Perché un cielo notturno, nero come il sedere del diavolo, sia esso visto dalla Terra o da Marte, da dove in realtà non importa, è tutto quello che mi serve. Niente abeti truccati come modelle in tiro, niente neonati adagiati sulla paglietta artificiale delle cassette delle bottiglie, a sua volta sistemata in accordo alle specifiche aziendali dentro mangiatoie ultralight al carbonio con GPS integrato touchscreen a forma di croce e biberon tridimensionali autoriscaldanti con la faccia del bue e dell'asinello in 3D. E nemmeno greggi di credenti occasionali come amanti di una notte dal palinsesto dozzinale, convinti di inseguire il percorso tracciato da una cometa, e invece è l'insegna di Saturn.

La casuale infinità di quei punti luminosi mi bagna di riferimenti incommensurabili e di vertigini metafisiche, e mi racconta di quel poetico paradosso della causalità (o è un ricordo?), per cui la catena degli scopi di ogni cosa sembra fermare la caduta delle tessere del domino proprio a me. Subito prima di me. Che strano! Non è strano? Eppure a saperlo sintonizzare, il cuore, non il cervello, il cuore capta il messaggio che questa è come pioggia sulla Luna. Che quella natura che mi ha sciabolato questo mistero davanti agli occhi, in widescreen, in HD e senza smartcard, quasi come la presa in giro definitiva o come la sagoma del corpo tracciata col gesso, senza però avermi mai fatto vedere la vittima, non può essere stata così spiritosa. Non solo con me. Non proprio per me. Non sono così presuntuoso. Non sono neanche al centro dell'universo.

Così è in quel momento che mi accorgo che tutta la fede che mi serve è qui. Dentro questo cielo. E non ho più paura.

La mia messa di mezzanotte.

Tutto quello che posso augurarvi, è di avere anche voi la vostra, qualunque essa sia, non necessariamente stasera.

[Credits: la foto della Nebulosa di Orione (M42) è di Andrea Tamanti; la foto della cometa West2 è tratta dal sito Space Quest)]

giovedì 23 dicembre 2010

Il cinema ai tempi dell'iPad

Non credo sia il caso di spingersi troppo indietro, prendendo ad esempio - che so - Via col vento. Mi basta fermarmi al 1977 (che siano esattamente 100 anni dopo l'invenzione del fonografo di ieri è solo un caso, o forse no?), ma solo perché è un periodo che ho vissuto in un'età che già consente di avere dei ricordi precisi e che quindi mi è familiare. Ma senza dubbio il concetto è applicabile a maggior ragione andando più a ritroso. Insomma, nel 1977 il VHS era ai suoi albori (ci sarebbe voluto ancora qualche anno per vederne la diffusione capillare a livello domestico) e la TV era da poco uscita dal purgatorio del b/n. Dunque, come succedeva già dai tempi dei Fratelli Lumière, i film si potevano vedere solo al cinema, per cui c'erano tutte le categorie, dalla poltroncina di velluto, alla seggiolina di legno: Prima Visione, Seconda Visione, delegazioni, cinema parrocchiali eccetera. Dal vivo, insomma, se il proiezionista era assimilabile a un direttore e un proiettore a un'orchestra, esattamente come la faccenda della musica di ieri. Così, anche in questo caso, una volta uscito dalla sala, tutto ciò che ti poteva rimanere erano l'eco delle immagini e il riverbero della musica, nella rappresentazione onirica dello schermo della memoria. Per questo ho maturato la convinzione che il non poter rivedere una pellicola a proprio piacimento, se non dopo molti anni, sia stato un ingrediente determinante nella creazione della mitologia cinematografica di molte pellicole.

Una leggenda infatti si sviluppa per accrescimento successivo di fantasie e immaginazioni intorno a un nucleo originario reale, gran parte del quale è però protetto da una fitta cortina di mistero. In altre parole, intorno a un mito, di qualsiasi natura esso sia, c'è sempre una grande mancanza di informazioni. È il fascino dell'ignoto che stuzzica la fantasia ed è l'esercizio della fantasia che conduce alla leggenda. Il 1977 per esempio, fu l'anno di Guerre stellari, e in quegli anni, quelli della prima trilogia, tra il 1977 e il 1983, il merchandising intorno a quell'universo era irrilevante se confrontato a quello che c'è stato a vent'anni di distanza, in occasione della seconda trilogia. I ragazzini facevano Darth Fener (all'epoca era ancora Fener, mica Vader) con una torcia elettrica e la scatola del pandoro in testa. Non c'erano siti Internet che ti facevano vedere il dietro-le-quinte in real time. E nemmeno esistevano pupazzetti, collane di libri e videogiochi 3D in cui immergersi. La primissima versione in VHS uscì negli USA nel 1982, ovvero cinque anni dopo il primo film (ora ci impiegano anche meno di due mesi a finire in Home Video), senza naturalmente neanche un grammo di quegli extra di cui oggi sono farciti i DVD e i Blue-Ray, come ketch-up negli hamburger di McDondald's. E la prima apparizione televisiva di Episodio IV avvenne parecchio tempo dopo la prima uscita cinematografica del film, non dico una decina d'anni dopo la sua apparizione al cinema, ma almeno sette. In pratica di Guerre stellari (come pure di Incontri ravvicinati del terzo tipo, di Via col vento, di Casablanca, di Ben Hur o di Blade Runner) si sapeva praticamente solo quello che si era visto sullo schermo e ci si ricordava. Il resto (ed era molto) lo faceva la fantasia.

Così è questo meccanismo che, catalizzato dalla visionarietà delle immagini, più d'ogni altro ha contribuito in larga misura a creare mitologie di celluloide per intere generazioni di spettatori, ed è la mancanza di questo che, allo stesso modo, rende anche i film più potenzialmente cult di oggi (Pulp Fiction? Titanic? Matrix?) solo dei prodotti cinematografici molto riusciti, emozionanti, spesso anche originali, ma comunque solo prodotti di largo, anzi larghissimo, consumo, ovvero senza quell'aura di autentico mito popolare che ha contraddistinto tante pellicole del passato.

Insomma, film cult rip. Amen.

mercoledì 22 dicembre 2010

La musica ai tempi dell'iPod

Immaginate di ascoltare per la prima volta la Marcia Trionfale dell'Aida con la sua gloriosità, il Va' pensiero del Nabucco con i suoi brividi o la Quinta Sinfonia di Beethoven in tutto il suo possente dramma interiore e di essere consapevoli che molto probabilmente quella sarà l'unica volta della vostra vita. Quando l'orchestra avrà fatto vibrare nell'aria l'ultima nota, il direttore abbasserà la bacchetta e l'eco nel teatro si sarà smorzata del tutto, quella melodia potrà vivere solo nell'immaginazione del vostro ricordo. Niente grammofoni con i tromboni dorati, nessun magnetofono Geloso dal nastro delicato come il petalo d'un fiore, nessun mangiadischi dalla digestione lenta e nemmeno un walkman plasticoso succhiapile da gita scolastica. Figuriamoci diavolerie acronimiche come CD, mp3, winamp o iPod. In tal caso è naturale che sarete propensi ad attribuire a un'esperienza come questa una valenza molto diversa, sia partecipativa che soprattutto emotiva.

Del resto è altrettanto prevedibile che in un mondo completamente archiviabile, riproducibile e auricolarizzato com'è quello di oggi, si sia perso del tutto il sapore dell'esecuzione unica con tutte le sue conseguenze. Con i supporti a disposizione si possono ascoltare canzoni un numero di volte virtualmente infinito, avendo superato per sempre anche i problemi di cagionevolezza del vinile o di stress del nastro (fatto salvo l'annosa questione della persistenza nel tempo dei vari formati digitali). Ma fino al 1877, anno dell'invenzione del fonografo, non esisteva niente del genere sulla faccia della Terra e, tranne coi carillon più o meno sofisticati, che peraltro non avevano niente a che vedere con un'orchestra, l'unico modo che i vostri antenati avevano per ascoltare della musica era di farlo dal vivo. Così, anche avendo la possibilità di andare a teatro ad assistere alla rappresentazione di un'opera o all'esecuzione di una sinfonia (cosa peraltro preclusa a molti), quando il sipario si apriva lo spettatore sapeva che quello che stava per ascoltare difficilmente avrebbe avuto repliche in tutta la sua esistenza. Pensate a che razza di effetto amplificante per l'esperienza questa consapevolezza poteva rappresentare... Insomma, è più quello che abbiamo guadagnato o quello che abbiamo perso?

Ma non finisce qui.

/continua (domani)

venerdì 17 dicembre 2010

Idea regalo rivoluzionaria per il vostro Natale!

Non crediate che non siano giunte fino a me notizie su ciò che è successo dalle vostre parti martedì scorso e delle relative conseguenze (e premesse). Quella faccenda dei 3 miseri e sciagurati voti, delle minacce, della rissa sfiorata (dentro) e delle botte - invece - date e prese sonoramente (fuori). In genere di queste cose tendo a non parlare perché c'è già una tale sovraesposizione di argomenti del genere, che si finisce per forza di cose a fungere solo da cassa di risonanza per i soliti discorsi, senza aggiungere qualcosa di nuovo. Se dunque mi decido a farne un cenno, è solo perché sapendovi indaffarati nella ricerca di qualche regalo da fare ai vostri cari per la maggior gloria del consumismo, per far girare l'economia come chiedono i leader della sinistra e per contribuire alla crescitacrescitacrescita del vostro Prodotto Interno (molto) Lordo, mi sono imbattuto in un'idea che, date le circostanze, potrebbe fare al caso vostro, unendo - come nella migliore tradizione - l'utile, al dilettevole. Del resto ci sono momenti nella storia di un popolo in cui un cambiamento più o meno radicale di uno status quo divenuto oramai insostenibile per una nutrita fetta di popolazione (in questi casi il numero è fondamentale), raggiunge il livello critico di necessità. E ho maturato l'opinione che quel momento sia giunto. Così, perché non approfittare del Natale?

Tuttavia, malgrado quello che si sente dire in giro sul qualunquismo, sulla disaffezione alla politica, sulle colpe del popolo e su quelle dei media, sulle percentuali degli astensionisti eccetera, oggi, nell'epoca di Facebook e dell'Ikea, le cose sono parecchio evolute rispetto al passato e non funzionano più come prima. La sollecitazione delle motivazioni e lo sprone alle coscienze vanno dunque fatti adeguatamente rispetto ai nuovi tempi. Quindi innanzitutto bisogna partire dal prezzo, che non può non essere concorrenziale, perché anche quando si parla di situazioni come queste, si deve poter avere sempre il massimo della qualità al minimo prezzo, meglio ancora se low-cost. Certo, anche in questo caso magari si deve essere disposti ad accettare un po' di globalizzazione, ma di fronte a un'Offerta (davvero) Speciale come questa si può chiudere un occhio, o anche due. In secondo luogo la comodità: perché oramai chi ha più voglia di portarsi in piazza la cassetta degli attrezzi, con la sega, il metro, i chiodi e il martello? Niente paura: trovate tutto già incluso nel kit. In realtà va precisato che Altroconsumo ha già denunciato l'ingannevolezza della presentazione del prodotto, in quanto una volta aperta la confezione si scopre che manca la cesta. Ebbene, almeno fintanto che il produttore non verrà costretto a includerla (o a eliminarla dall'immagine sulla scatola), il mio consiglio spassionato è di comprarla a parte col Commercio Equo e Solidale (e mi raccomando che abbia il coperchio). Non solo il figurone è assicurato, ma vi sentirete più buoni per aver fatto del bene a voi stessi e al mondo intero. Aggiungo infine, per i veri geek, che se volete dare al vostro regalo il tocco di classe finale, qualcuno consiglia di completare l'allestimento con due web cam wireless, una puntata verso il basso da fissare alla lama, l'altra agganciata al bordo della cesta, con l'obiettivo rivolto all'insù. La trasmissione dell'azione live on-line in streaming, pare assicuri un sacco di clic con Google AdSense.



mercoledì 15 dicembre 2010

Il nuovo re del giallo

Se già doversi sorbire Giorgio Faletti che presenta il suo nuovo libro in zona Babbo Natale, può essere considerata un'attività che prevede di aver raggiunto un certo livello di pratica zen; e sapere che anche Enrico Ruggeri, glabro giudice della quarta stagione di X-Factor e ormai consolidato presentatore di misteri mistificati, sta per uscirsene fuori con la sua prima prova da romanziere (titolo ancora top secret), può far vacillare anche le menti più equilibrate, sapere che a gennaio 2011 gli scaffali delle librerie saranno invasi dall'attesissimo giallo Chi ha ucciso Norma Jean?, per la prestigiosa firma di Fabrizio Corona, mi scatena una domanda insidiosa: ma il ghost writer si sarà premurato di spiegare a Corona chi era Norma Jean?

lunedì 13 dicembre 2010

Quelli che le risoluzioni dell'ONU

A volte la politica e la diplomazia proprio non riesco a capirle. Insomma, che bisogno c'era? Potevano evitare di fare tutte quelle capriole e quei tira e molla e dirlo subito che Saddam Hussein in garage teneva parcheggiata una Ferrari Testarossa rosa.

Per lo meno Colin Powell, Condoleezza Rice e quell'altro bel tipino di Donald Rumsfeld si sarebbero potuti risparmiare tutto lo sbattimento di doversi inventare quella faccenda sulle armi di distruzione di massa.

venerdì 10 dicembre 2010

Costumi catodici

Leggendo un post dell'amico Ubi Minor, mi è venuto da riflettere su quella sconsiderata e ricorrente abitudine che ho notato in voi terrestri, di tenere la TV accesa, ma col volume a zero, o tipo bisbiglio devozionale, o mentre siete intenti a fare altro, o quando vi trovate addirittura in un'altra stanza, per cui non c'è modo che stiate seguendo sul serio quello che stanno blaterando lì dentro. Dunque la prima cosa che m'è venuto da domandarmi, la più banale, è come diavolo fate a essere così atterriti dalle grinfie della solitudine (o del silenzio, per coloro cui piace comunque tenere il volume alto) da prediligere questi surrogati di luce di cui - è evidente - non vi importa alcunché, tranne dell'animazione delle vostre pareti con bagliori di pseudoumanità.

Del resto, il fatto che, in un modo o nell'altro, voi non seguiate i suoi discorsi, è indice di quanto in realtà quello che si dice lì dentro abbia una qualche reale importanza per voi. E questo, andando in parte a vostro merito, forse dice qualcosa anche sulla qualità media di ciò che accende gli schermi. Poi non si può negare che ci sia di mezzo anche quella triste faccenda di volervi costruire un comodo alibi all'attenzione, per evitare di dovervi confrontare con le persone, quelle reali, che gironzolano intorno a voi. Ma qui non scopriamo niente di nuovo. In ultima analisi c'è da considerarne la sua equivalenza alcolica, quella distrazione permanente del pensiero, ma senza gli effetti collaterali della cirrosi.

Forse è venuto il momento che qualcuno istituisca la "Telespettatori Anonimi".

mercoledì 8 dicembre 2010

martedì 7 dicembre 2010

lunedì 6 dicembre 2010

venerdì 3 dicembre 2010

La volpe nella cabina (elettorale)

LONDRA (dal nostro inviato) - Il comportamento innato di una mente che tenta di risolvere una dissonanza cognitiva, ovvero la reazione della volpe che, fra il desiderio dell'uva e l'incapacità di arrivarvi, giunge alla conclusione che "tanto l'uva è acerba", è un principio assai più frequente di quanto si pensi. A volte è una semplice conseguenza di una situazione più o meno innocua, ma a volte è anche cercata e strumentalizzata a fini di manipolazione del comportamento individuale. E, se fino a ieri veniva utilizzata soprattutto in ambito commerciale, adesso sembra che si applichi altrettanto bene anche alla politica.

Secondo un recente studio di alcuni ricercatori della Facoltà di Psicologia dell'Università di Norfolk, in procinto di essere pubblicato sulla prestigiosa Psychology Tomorrow, la dissonanza cognitiva sarebbe infatti un fattore fortemente condizionante anche nelle scelte politiche degli individui, in particolare in vista di una consultazione elettorale.

Sulla base dei raffronti delle risultanze statistiche e dei questionari fatti compilare a un campione di 1500 soggetti distribuiti per età, sesso, livello di istruzione e condizioni sociali ed economiche, l'elettore non radicato ideologicamente, ha dimostrato di mantenere comunque l'intenzione di votare il proprio candidato o partito anche di fronte a palesi inadeguatezze dello stesso.

«Supponiamo che un cittadino abbia dato la sua preferenza a un determinato partito» ha spiegato Julia Foster, team leader del gruppo di ricerca. «E supponiamo che dopo qualche tempo un gruppo di dirigenti di questo partito, ovvero il suo leader, vengano pubblicamente coinvolti in gravi questioni che mettano in fortissimo dubbio la moralità e i principi che hanno animato e animano l'operato pubblico di queste persone, i cui discutibili comportamenti possono essere andati anche a detrimento degli elettori stessi. Ebbene, lo studio ha confermato che una percentuale superiore al 55% di chi li ha votati in passato, tende a trovare giustificazioni che portano i soggetti a confermare la loro preferenza ai medesimi partiti o candidati anche alle elezioni successive alla scoperta degli scandali.»

«Questo è un esempio tipico di dissonanza cognitiva, ancorché applicato in un ambito ancora poco studiato, che meriterebbe maggiore attenzione» ha continuato Charles Witt, assistente e dottorando. «Il riconoscimento della palese inadeguatezza del candidato cui dovrebbe conseguire la modificazione della propria intenzione di voto, coinciderebbe con il riconoscimento dell'inadeguatezza del soggetto nella scelta del candidato stesso. E questa reazione tende a essere istintivamente rimossa alla radice per difendere l'elettore dal sentirsi vittima di un senso di ottusità nei confronti di se stesso, un sentimento autoreferenziale di stoltezza tanto più forte, quanto più gravi sono le situazioni in cui sono incorsi i politici in questione.»

Come a dire, se devi farla, tanto vale che la fai davvero grossa. Alla fine ci guadagnerai due volte. Che i politici lo facciano apposta?

giovedì 2 dicembre 2010

L'equivalente cerebrale dei 4 Salti in Padella

Ieri sera ho fatto un test. Ho provato a immedesimarmi nel cervello di un cittadino italiano medio (però animato dalle migliori intenzioni e quindi per questo forse già un filino superiore alla media) e ho provato, tramite una scorsa all'informazione nazionale, sia in ambito televisivo che della stampa, di cercare di capire perché diavolo gli studenti stanno okkupando i tetti. Ebbene, non sono riuscito a trovare un solo articolo di giornale o un solo servizio di telegiornale, che sia riuscito a spiegarmi sul serio le ragioni di questa protesta e mi abbia fatto comprendere l'importanza che queste istanze hanno per i manifestanti.

Naturalmente avendo voglia e tempo di andare a spulciare per bene, magari su Internet, sui blog, sui forum, eccetera, informazioni più dettagliate e puntuali a riguardo si troveranno. Ma la stragrande maggioranza dei cittadini questo non lo fa. La stragrande maggioranza dei cittadini rispetto all'informazione è completamente passiva e il picco del la sua attività è riuscire a farsi un bel nodo al bavaglino. Per il resto apre diligentemente la bocca e si lascia infilare il cucchiaio da Minzolini, da Rossella o da Mentana, senza neanche chiedere a che gusto è la zuppa. Figuriamoci scegliere dal menù.

Il massimo dell'informazione nazionale che sono riuscito a trovare in proposito è stato questo articolo di Repubblica.it che si presenta come - era ora! - una disamina esauriente per tutti coloro che vogliono destreggiarsi in questa sciagurata (?) riforma. Ma se si ha la pazienza di arrivare alla fine della lettura, ci si accorge di non avere aggiunto alcunché di significativo al proprio bagaglio di conoscenze, niente che consenta al lettore di formarsi un'idea. Quello che si trova, al massimo, sono opinioni preconfezionate, surgelate, liofilizzate, prêt-à-penser, e non le informazioni necessarie a cucinarsene una su misura.

Così, la mancanza di un'informazione degna di questo nome (o comunque l'estrema difficoltà nel recuperarla) non fa entrare il cittadino nel merito dei motivi che animano la rivendicazione e lo abbandona in balia della solita deriva strumentale - ovvero l'equivalente di una manipolazione - sia da destra che da sinistra, in quella digitalizzazione radicalizzata delle opinioni di cui ho parlato nel post precedente. E questo non accade solo oggi, nel caso della protesta degli studenti e dei ricercatori, ma tutte le volte in cui il cittadino si trova a confronto con un qualsiasi conflitto sociale che non sia legittimamente semplificabile a concetto digitale (divorzio sì/no, aborto sì/no, nucleare sì/no ecc.). Cioè quasi sempre.

Di certo assistere alla moltiplicazione del numero di pietanze preconfezionate nei banchi surgelati dei supermercati non mi rende particolarmente ottimista.

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