Punti di vista da un altro pianeta

mercoledì 7 aprile 2010

Happy Deathday

Sono due giorni che mi strizzo pensando a come scrivere un post sull'anniversario del terremoto d'Abruzzo senza impantanarmi nella retorica e farmi invischiare dai luoghi comuni. Ma siccome noi marziani siamo notoriamente masochisti, ci voglio provare lo stesso, anche se sono due giorni che dal cervello non esce una sola goccia di qualcosa che anche solo lontanamente non mi faccia cariare i denti, già seriamente compromessi dalle immagini dei tigì. Fiaccolate, messe, omelie, gente che agita i pugni, sfila con gli striscioni, conta i rintocchi della campana aspettando il duecentoventiduesimo, cerca di elaborare un lutto lungo almeno tanto quanto ci metteranno le macerie a scomparire per sempre dalla città. Un lutto che la gente cerca di portare via con le carriole, a mani nude, sfondandosi le tasche di mattoni. Se vi è mai capitato di fare una ristrutturazione in cui vi è toccato demolire una parete di appena tre metri quadrati e di cui avete dovuto portare via i detriti a mano, sapete di cosa sto parlando.

Nel frattempo noi, su Marte, li osserviamo, al calduccio delle nostre casette che ci illudiamo antisismiche, per lo meno finché non arriva Ezechiele a buttarcele giù, curiosi come scimmie di fronte al monolito di 2001. E ci diciamo: «Meno male che non è successo a noi» oppure «Tra noi e loro, meglio a loro» (voi quale preferite?). Nel frattempo il Presidente Napolitano elogia la coesione mostrata dagli italiani di fronte alla catastrofe. E per cosa? Per un paio di SMS da 2 Euro? Figurati, non c'è di che, Giorgio. Eppure non mi pare che abbia sottolineato, il Presidente, quello che invece a mio avviso avrebbe dovuto, cioè che (quasi) mai i terremoti fanno fuori la gente.

I meteoriti che cadono dal cielo, quelli sì che picchiano giù duro. E pure le eruzioni vulcaniche non sono proprio simpatiche, se hai la sfiga di stare sul percorso della lava. Ma se c'è un'espressione della Natura Leopardiana più innocua delle altre, ancorché potenzialmente distruttiva, questa è proprio il terremoto. Certo, purché non capiti nel mare, mi direte, si inneschi uno tsunami e voi siate proprio sulla spiaggia. Ma che diamine, anche la Gina è finita sotto un autobus perché le è vibrato l'iPhone proprio mentre inseguiva Fufi! Il punto è che per lo più i terremoti sono solo un'e-mail col quale la vostra Terra vi sta ricordando che è ancora viva e vitale. Come pure voi che la sentite sotto i vostri piedi. E questo, al limite, dovrebbe significare speranza, non morte.

Per questo nel giorno della memoria, quello che Napolitano avrebbe dovuto ricordare è che in circostanze come queste a uccidere sono (quasi) sempre gli uomini. La stessa razza di uomini che vi dicono ghe pensi mi, che vi assicurano che tutto si risolverà a tempo di record, che gonfiano il petto tagliando i nastri davanti alle telecamere, che tutti (nessuno escluso) riceveranno gli aiuti promessi (nessuno escluso), che i progetti sono già bell'e pronti e le case le avrete (nessuno escluso) entro l'autunno giurin giurello. Quelli che vi dicono abbiate fiducia in noi, quelli del non preoccupatevi, quelli del sappiamo noi come costruire le case, lasciateci fare, è il nostro lavoro, quelli, insomma, per cui una risata vi seppellirà.

4 commenti:

  1. Macerie scomode quelle de L'Aquila, macerie che come il resto delle notizie non esistono e devono continuare a rimanere nell'ombra.
    un saluto

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  2. Le macerie dell'Aquila sono deperibili, un po' come i rifiuti di Napoli, ovvero "da consumarsi preferibilmente entro" le Elezioni. Dopodiché, puf! Macerie? Quali macerie?

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  3. Da aquilano, da cittadino libero, ti ringrazio per le parole sincere di questo post

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