Punti di vista da un altro pianeta

mercoledì 21 aprile 2010

Dino e le radici ursine dell'Europa

Non c'è come la faccenda delle radici (cristiane) dell'Europa, così sovente portata in palmo di mano dalla pletora bipartisan dei politici italiani in cerca di empatico consenso populista, che sia sintomo del classico approccio strumentale alla Storia. L'inizio della cristianità europea si può infatti far risalire intorno ai primi anni del 300 d.C., quando sotto l'Imperatore Costantino venne conferita libertà di culto ai cristiani, affrancandoli di fatto dalle persecuzioni (a questo proposito la tradizione fa riferimento al celebre Editto di Milano del 313 d.C. che, però, sembra ormai assodato non sia mai davvero esistito, ma questa è altra storia). L'aspetto però su cui tutti abilmente - e opportunamente - glissano, è che all'epoca in cui venne data licenza ai cristiani di scorrazzare per l'Impero, l'Europa aveva già sviluppato e fatto attecchire da centinaia d'anni una trama di culture spirituali quantomai variegate ma, soprattutto, integrate nei tessuti sociali delle varie popolazioni del continente. E, ovviamente, non avevano niente a che vedere con la cristianità.

E sono proprio queste, se proprio dobbiamo andarle a cercare, le fondamenta spirituali autentiche dell'Europa, quelle su cui le onde lunghe di monaci, frati e padri missionari, hanno agito nel corso dei secoli per spazzarle via, pagane ed eretiche, in una solerte, capillare e meticolosa azione di conversione (coercizione?) al nuovo, previa cancellazione di tutto il preesistente, in uno scontro non semplice, né privo di conflitti, che continuò fino a tutto il Medioevo e probabilmente anche oltre. Erano dunque queste le radici da estirpare, radici celtiche, germaniche, slave, lapponi, baltiche, greche, inuit, liturgie spesso difformi tra loro, ma anche con tratti comuni e diffusi come - per esempio - proprio i culti dell'orso, fiero dominatore incontrastato dei folti boschi europei, animale totemico per eccellenza, antenato mitologico di eroi e guerrieri, e dunque sacro e rispettato e venerato.

Ma presto o tardi i paladini della croce giunsero in ogni dove e l'orso, simbolo pagano per eccellenza, venne sbattuto, cacciato, ucciso, sbeffeggiato, incatenato, domato, schiavizzato, bastonato, irriso, in una sorta di crociata lunga e silenziosa, per essere rimpiazzato dal leone quale nuova mascotte ufficiale di forza e fierezza e potenza. «Ursus est diabolus», disse Sant'Agostino e il resto è storia cristiana, peraltro non sempre edificante. Eppure che qualcosa sia rimasto fino a oggi è sotto gli occhi di tutti. Forse è qualcosa di ancestrale, forsa una riminiscenza archetipica, forse una memoria genetica collettiva, forse un immaginario mitologico condiviso. Comunque sia, è qualcosa che attrae inesorabilmente l'uomo verso l'orso, un legame sottile ma istintivo, eppure quasi paradossale, per certi aspetti, se si considera che probabilmente l'orso è oggi l'animale che ha, al mondo, il rapporto più elevato tra il numero di individui di peluche e pupazzi e fumetti e il numero di individui di sangue e carne e pelo. Eppure, a intervalli irregolari (non solo a dire il vero in questo paese molto poco civile, ma anche altrove, basti pensare alla Finlandia dove la caccia all'orso mi risulta ancora autorizzata), salta fuori il problema "orsi". Quando va bene. Quando invece va male non se ne sente parlare finché qualcuno non trova una carcassa plantigrada. E mai si tratta di morte naturale.

Adesso tocca a Dino, che per la sua esuberanza gastrica post-letargo (provate voi a stare senza mangiare per tre o quattro mesi e poi vediamo come vi girano le palle) se ne va a zonzo per la zona di Posina (Vicenza) a fare quello di cui ha bisogno: mangiare. Fa parte del suo ciclo naturale, questo è chiaro. Mica lo fa perché è cattivo. Mica attacca l'uomo. Ma naturalmente se gli capitano a tiro polli o asinelli incustoditi, facili da prelevare, non è che ci va tanto per il sottile, lui. Un po' come gli evasori con le tasse. Anche loro agiscono per lo più in primavera, durante la fioritura delle Dichiarazioni dei Redditi. Così vengo colto da un tremito di orrore e un fiotto di nausea quando sento dire che stanno lucidando le doppiette e che c'è il rischio che si scateni la caccia a Dino come alla Creatura di Frankenstein. E, anche se in queste ultime ore il nostro sembra si stia allontanando dall'abitato, mettendosi così (per ora) in salvo dalla violenta ottusità dell'uomo, il suo caso non è il primo, né sarà l'ultimo.

Ora non voglio stare qui a parlare di informazione, di conoscenza, di tutela, di cultura, di rispetto, di coscienza e di leggi. E nemmeno che gli orsi basta conoscerli, saperci convivere e che possono costituire anche una grande risorsa. Però mi è venuto da considerare che (anche) questo forse in parte lo dobbiamo alle radici (cristiane) dell'Europa. E che se così non fosse, con le doppiette ci si andrebbe in giro lo stesso, magari però a caccia di evasori.

Chi è curioso di saperne di più circa l'orso e le radici culturali dell'Europa, non può perdersi: L'orso. Storia di un re decaduto, di Michel Pastoureau - Einaudi.

2 commenti:

  1. mi hai levato le parole di bocca. Ecco, le doppiette dovrebbero puntarle sul lato B dell'evasore che tra i due è quello più pericoloso.

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  2. Senza contare che l'evasore non rischia l'estinzione. Anzi.

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