Punti di vista da un altro pianeta

venerdì 4 febbraio 2011

I predatori dell'aura perduta

Perchè nessuno parla di uno dei migliori scrittori italiani? Perché tutti blaterano di Baricco, Eco, Camilleri, Carofiglio, De Cataldo, Mazzantini ecc. ecc., e non c'è nessuno che spende due parole, dico due, mica duemila, per Michele Mari, uno che di scrittura, letteratura, immaginario, fantasia e narrazione se ne intende sul serio e in un modo sorprendentemente fuori dagli schemi? Non che nella produzione dei sopracitati sia tutto, indiscriminatamente, da buttare, però fa un po' specie accorgersi che un autore che sta mediamente sopra tutti questi di almeno una buona spanna, non esca dallo pseudo anonimato di una nicchia di cultori.

Che poi costui mica è un esordiente o uno che pubblica a pagamento per l'Editore Fabula Rasa di Vattelapesca. Il tipo in questione è ormai in giro già da una ventina d'anni e fin da subito è "arrivato" alla Grande Editoria, essendo oggi un autore Einaudi, ma ancora prima di Longanesi, Bompiani e Mondadori. Eppure, nonostante abbia alle spalle già numerose opere, resta un autore che non ha "sfondato" la barriera della popolarità e questo è davvero un piccolo delitto, date le sue capacità affabulatorie e la sua estrema originalità di approccio verso la letteratura.

Di lui ho avuto modo di parlare da queste parti in occasione di un libro che mi ha lasciato lì, secco, come un buco nero nel cielo. Così è stato un fatto naturale andare a cercare qualcos'altro di suo. E la scelta è caduta su Tutto il ferro della Torre Eiffel (2002), che già il titolo è qualcosa che ti porta via, per non parlare della straordinaria copertina, fonte di vertiginose suggestioni futuriste. Dunque, già il fatto che abbia deciso di dire due parole anche su questo altro suo libro, la dice tutta sul fatto che l'incantesimo si sia riproposto, puntuale e affascinante e che alla fine anche questo romanzo mi abbia lasciato di nuovo di stucco. Ma stavolta come l'arrivo del treno alla stazione di La Ciotat.

Fare un cenno alla trama di Tutto il ferro della Torre Eiffel è come descrivere un puzzle dai suoi pezzi, ovvero la torre Eiffel dalle sue travi. Solo alla fine avrete a disposizione una (personale) immagine finale. E quella che viene fuori dalla lettura di questo libro è una sorta di mappa del territorio dell'arte e dell'immaginario com'era configurato nel momento storico in cui l'arte e l'immaginario vennero "contaminati" dalla tecnologia che consente all'arte e all'immaginario di essere, per la prima volta nella storia, riprodotti tecnicamente. Il protagonista del libro è infatti Walter Benjamin, filosofo tedesco autore de L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, il quale, a pochi mesi dalla pubblicazione di questo suo saggio (siamo dunque nel 1936) si ritrova a Parigi a cercare l'aura, ovvero quella specie di sensazione, di emozione, di stupore, che viene suscitata nello spettatore o nel lettore dalla presenza materiale dell'esemplare originale di un'opera d'arte, ragion per cui il racconto prende le mosse dalla descrizione dall'esposizione di una petite madeleine di plastica (le petite madeleine autentiche hanno la sgradevole prerogativa di ammuffire), presso un museo intitolato a Marcel Proust a Illiers-Combray.

Ma questa ricerca squisitamente intellettuale e filosofica, per Benjamin acquista un'ossessività fisica e letterale. Così il pensatore si ritrova catapultato in una Parigi oscura e misteriosa, dominata da una rete inestricabile di passage, niente altro che le caratteristiche gallerie di negozi e botteghe artigiane, che si rivelano però i luoghi depositari di memorie vere e personaggi immaginari, manufatti intellettuali che si fanno reali e storie reali che sfondano il velo dell'immaginazione, simulacri parlanti e nani malevoli, industriali dell'automobile, sequenze di suicidi misteriosi e cineasti nazisti, persino l'Omino Michelin, in un tourbillon di incontri incredibili (e impossibili) dove la fantasia si mescola alla realtà, la finzione si amalgama con la biografia e la cronologia perde i suoi connotati originali nella narrazione, per tracciare con tratti sparsi e per nulla lineari, dunque quasi impressionisti, una specie di metastoria parallela dell'immaginario di un secolo di umanità. Dunque dentro si trova di tutto: letteratura, musica, pittura, fotografia, industria, fino all'esplosione cinematografica degli anni '20 e '30, naturalmente. Senza contare gli aspetti esoterici e nazisti con i quali l'arte di quegli anni si trova a dover fare i conti.

E mentre ci si addentra in questa fitta rete di mitologie interconnesse, non si può non restare sbigottiti di fronte a quello che è uno scenario affascinante e, nel contempo, densissimo di cultura. Eppure, non si deve cadere nel tranello di quello che a tratti può suonare come un apparente sfoggio di nozionismo enciclopedico fine a se stesso, sebbene in qualche pagina il libro non riesca a evitare del tutto di rimanere vittima del suo stesso gioco. Questo dipende senza alcun dubbio dalla predisposizione del lettore e anche, in parte, giocoforza, dalla sua personale conoscenza di quel periodo. Del resto è evidente che più il lettore riconosce di volta in volta lo schema, il riferimento più o meno celato, il personaggio o l'aneddoto, più si sente partecipe egli stesso dell'ambiziosa messinscena. Ma anche nelle parti che, per forza di cose, capitano di restare non identificate, è bello lasciarsi prendere per mano verso quei territori inesplorati, difficili da discriminare tra realtà e finzione, e lasciando suggestionare la curiosità o l'immaginazione per un periodo della storia così ricco di mutazioni e fermenti artistici.

Per tornare al discorso iniziale, alla fine mi sono fatto l'idea che questo scrittore paghi il prezzo dell'artista vero, quello di non piegarsi neanche un po' alle logiche di mercato, di restare intellettualmente indipendente e di sfornare davvero quello che vuole, che gli piace, che gli appassiona l'anima, senza sotterfugi di piaggerie, compiacimenti o miraggi monetari. Forse non diventa "popolare" perché i suoi libri non sono "pop" (anche se a proposito di Rosso Floyd ho qualche dubbio a riguardo), perché necessitano di un po' di immersione, di impegno, di background culturale. Ma, almeno i due che ho letto, sono terribilmente belli e originali. Per questo la mia personale ricerca ora è rivolta a recuperare una copia di Verderame, suo libro del 2007 e sorprendentemente già fuori catalogo, e di Tu, sanguinosa infanzia (2009). Ho idea che l'aura di Mari la troverò anche lì.

L'estratto:
Aprì lo scatolino. Dentro, adagiate sopra un letto di bambagia c'erano tre minuscole sfere nere, ognuna non più grande di un pallino da caccia. Interrogò il nano con lo sguardo.
- Non li riconoscete? "Faceva pena come una vecchia sottana stesa ad asciugare... Se n'accorgevan perfino i più luridi topi campagnoli... Tutti si sbellicavano vedendolo oscillare fra i tetti... Io ridevo un po' di meno!... Presagivo l'orrendo squarcio, quello decisivo! Funesto! La fregatura finale..."
- Non ditemi che...
- Ma certo che sono loro! I tre puntini! La più grande invenzione del secolo! Per quel che riguarda la letteratura s'intende, ci si vuol mica allargare! Allora, che mi dite? Eh? Se l'affare interessa, siam qui per chiuderlo! Alla faccia dei cinesi! Oh, dico: mica tre puntini di uno qualsiasi, i suoi! e gli originali, mica una copia!
Tutto il ferro della Torre Eiffel, di Michele Mari (Einaudi)

22 commenti:

  1. Non lo conoscevo infatti, mi hai incuriosito.

    Un abbraccio e buon venerdì!

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  2. Che vergogna aggiornare il mio blog a muzzo e poi passare di qua e leggere te che scrivi un capolavoro su un capolavoro...

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  3. Per la domanda iniziale rispondo con un'altra domanda. E che dire del fatto che i Verdena sono meno popolari di Vssco Rossi e Ligabue? In Italia va tutto al contrario.

    Quello che vale in letteratura vale pure nella musica

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  4. Che a furia d'incazzarmi per la pochezza degli pseudocolleghi usurpatori e impostori, me ne sia lasciato colpevolmente sfuggire uno bravo davvero?
    Rimedierò e ti farò sapere. Anche se la tua splendida recensione lascia trasparire, con onestà, la doppia anima del libro e forse dell'autore: da un lato l'originalità e libertà e genialità dell'Artista, che sempre mi attraggono, dall'altra una certa confusionaria prolissità eruditoide, che da sempre mi annoia e mi respinge.

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  5. @Kylie: allora sono contento perché significa che sono riuscito nel mio intento. Buon week-end a te!

    @Vaniglia: bè dai, adesso... capolavoro... non esageriamo! Se fossi umano, mi faresti arrossire! Però ti ringrazio tanto tanto dell'apprezzamento. :-)

    @Inneres Auge: quello che dici vale ovunque, in campo artistico. Difatti la domanda era retorica... ;) Per questo bisogna che se ne parli di costoro...

    @Zio Scriba: il tuo commento mi conforta perché mi conferma di avere reso al meglio quello che è un libro difficile da descrivere. Allora ti consiglio di cominciare da "Rosso Floyd" (sempre che tu sia almeno un estimatore della band), perché non ti fa correre i rischi di cui parli, che peraltro capisco, perché danno fastidio anche a me. Però Mari riesce a farmeli digerire senza problemi. Probabilmente grazie alla sapienza e alla misura della scrittura. Solo in due o tre punti mi ha fatto sofferire, ma brevemente e non al punto da respingermi. Come un piccolo crampo a una gamba che passa subito senza pregiudicare la corsa.
    Nel caso vorrai cimentarti, fammi sapere le tue impressioni.

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  6. Complimenti mister! Ti ho votato anche su a.nobii! TI consiglio anche "Rondini sul filo" a questo punto! ;) io sono ancora lì appesa e ogni tanto faccio un giro della morte! 3) Io ho appena preso Rosso Floyd!

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  7. @petrolio: grazie! :-) Peccato che anche "Rondini sul filo" risulti non disponibile. Solo "Tu, sanguinosa infanzia" sembra attualmente ancora trovabile. Poi fammi sapere di Rosso Floyd, allora. ;-)

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  8. te l'ho già detto che come scrivi le recensioni letterarie te, nessuno mai?

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  9. @patè: direi di no, ma senza dubbio puoi ridirmelo! ;)
    Grazie, sei davvero gentile.
    :-)

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  10. segnato... la madeleine ça moisit, ça s'est certain, belle l'affiche de Bidendum (era il mio primo prof di matematica all'università)

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  11. Mi sembra di avere letto una recensione di "Verderame", per cui ero rimasto incuriosito, ma, poi, come spesso succede, quel libro ... A me intrigano veramente le opere che "necessitano di un po' di immersione, di impegno, di background culturale". Conta anche lo stile, però, o come si può chiamare con una sola parola la causa di quella "aura" misteriosa che, a mio avviso, deve prendere un lettore. Il brano che hai selezionato, a compendio di tutto ciò, sembra promettere bene.

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  12. @petrolio: proprio quelli.

    @D.: nel senso che il prof beveva, o che facevi prima a saltarlo che a giragli attorno, o che sul bagnato non slittava mai? ;)

    @Adriano Maini: e dunque, se non vuoi rischiare che anche questo faccia la fine di Verderame, se ti garba, sei avvisato. :-)

    @Iguana Jo: questa sì che è una responsabilità! Spero di leggere la tua opinione a riguardo, se ti cimenterai nella lettura.

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  13. Non lo so perché Mari venga considerato poco, e non so neppure perché io non abbia mai letto nulla di suo.
    So però che ho appena inserito questo libro nella mia wishlist...

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  14. @abo: contento di avere incuriosito un buongustaio come te. Dunque aspetto con pazienza il tuo parere a riguardo.

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  15. Non mancherò, ma non trattenere il fiato nel frattempo, che ormai il mucchio dei libri da leggere ha superato (da tempo!) il livello di guardia…

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  16. @Iguana Jo: come ti capisco... comodini che scricchiolano, mensole che chiedono aiuto, scaffali che implorano pietà...

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  17. Alla fine, lemme lemme, eccomi qua a lettura ultimata.
    Che dire... Libro strabiliante per la qualità della scrittura (che fa nera buona parte degli italiani contemporanei) e per l'incredibile erudizione dell'autore, che dà la sensazione di poter andare in qualsiasi direzione, in qualsiasi momento.
    A pagina 50 ero convinto di avere tra le mani uno dei romanzi italiani più importanti dell'ultimo periodo, poi devo ammettere che il mio entusiasmo si è un po' raffreddato (solo un po', eh).
    Forse quello che gli manca è un'ossatura un po' più solida, in grado di reggere il peso del reticolo di invenzioni che Mari mette in campo.
    Detto questo, un'ottima, ottima lettura, di cui non posso che ringraziarti.
    Per altro, per una di quelle strane coincidenze che capitano, poco dopo averlo finito ho visto "Midnight in Paris" di Allen, trovando non pochi punti di contatto tra le due opere: un certo languore nostalgico per il passato, l'ambientazione parigina e gli effetti che la città provoca su chi si trovi a girovagarvi senza meta, e pure qualche personaggio in comune (vedi "l'Uomo Raggio" Man Ray).

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  18. @abo: sono contento di aver contribuito a farti scoprire quest'opera e questo autore (se non l'hai fatto, leggiti "Rosso Floyd"). E' vero comunque che l'inizio è sfolgorante, davvero ti annichilisce, dopodiché, pur restando su un livello altissimo (sarebbe interessante vedere chi degli italiani contemporanei Mari non fa nero), il libro in un certo senso rimane un po' vittima di se stesso.

    Quanto a "Midnight in Paris", non l'ho ancora visto, ma avevo già intenzione di andarci. Adesso lo farò con ancora maggiore curiosità. Grazie di essere ripassato! :-)

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