Punti di vista da un altro pianeta

mercoledì 22 dicembre 2010

La musica ai tempi dell'iPod

Immaginate di ascoltare per la prima volta la Marcia Trionfale dell'Aida con la sua gloriosità, il Va' pensiero del Nabucco con i suoi brividi o la Quinta Sinfonia di Beethoven in tutto il suo possente dramma interiore e di essere consapevoli che molto probabilmente quella sarà l'unica volta della vostra vita. Quando l'orchestra avrà fatto vibrare nell'aria l'ultima nota, il direttore abbasserà la bacchetta e l'eco nel teatro si sarà smorzata del tutto, quella melodia potrà vivere solo nell'immaginazione del vostro ricordo. Niente grammofoni con i tromboni dorati, nessun magnetofono Geloso dal nastro delicato come il petalo d'un fiore, nessun mangiadischi dalla digestione lenta e nemmeno un walkman plasticoso succhiapile da gita scolastica. Figuriamoci diavolerie acronimiche come CD, mp3, winamp o iPod. In tal caso è naturale che sarete propensi ad attribuire a un'esperienza come questa una valenza molto diversa, sia partecipativa che soprattutto emotiva.

Del resto è altrettanto prevedibile che in un mondo completamente archiviabile, riproducibile e auricolarizzato com'è quello di oggi, si sia perso del tutto il sapore dell'esecuzione unica con tutte le sue conseguenze. Con i supporti a disposizione si possono ascoltare canzoni un numero di volte virtualmente infinito, avendo superato per sempre anche i problemi di cagionevolezza del vinile o di stress del nastro (fatto salvo l'annosa questione della persistenza nel tempo dei vari formati digitali). Ma fino al 1877, anno dell'invenzione del fonografo, non esisteva niente del genere sulla faccia della Terra e, tranne coi carillon più o meno sofisticati, che peraltro non avevano niente a che vedere con un'orchestra, l'unico modo che i vostri antenati avevano per ascoltare della musica era di farlo dal vivo. Così, anche avendo la possibilità di andare a teatro ad assistere alla rappresentazione di un'opera o all'esecuzione di una sinfonia (cosa peraltro preclusa a molti), quando il sipario si apriva lo spettatore sapeva che quello che stava per ascoltare difficilmente avrebbe avuto repliche in tutta la sua esistenza. Pensate a che razza di effetto amplificante per l'esperienza questa consapevolezza poteva rappresentare... Insomma, è più quello che abbiamo guadagnato o quello che abbiamo perso?

Ma non finisce qui.

/continua (domani)

13 commenti:

  1. ma sai, il bilancio fra perdita e guadagno dovrebbe sempre essere pari, secondo la famosa legge che tutto si trasforma... ma aspetto domani, voglio meglio capire dove andrai a parare ;-)

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  2. Credo che uno spunto di riflessione possa celarsi in quel tuo "peraltro preclusa a molti". Anche se adesso, all'estremo opposto del TROPPO disponibile per TUTTI, senza una buona guida o senza fortuna alcuni capolavori rischiano di rimanere altrettanto preclusi e irraggiungibili, soffocati in una giungla di miliardi e miliardi di possibilità. Forse l'ideale era la classica via di mezzo (il CD?) ma sono considerazioni che lasciano il tempo che trovano: la tecnica va avanti, il che è un bene (almeno credo) ma noi spesso la subiamo.

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  3. L'equilibrio della bilancia è sempre giusto.
    La consapevolezza di ciò che abbiamo ed abbiamo ottenuto nel tempo rende le cose uniche, applico lo stesso ragionamento al cibo (deformazione professionale), mangiamo senza consapevolezza. Un'altro aspetto è la condivisione, oggi condividiamo spesso i nostri pezzi musicali preferiti attraverso social network o altro, ma non li ascoltiamo insieme, l'isolamento è sempre più forte, quando si aveva poco lo si condivideva, oggi il singolo ha tutto e non ha bisogno di condivisione, questo è l'aspetto che più mi preoccupa.
    Avete visto il film animazione WALL.E potrebbe essere una visione del futuro che ci attende :D

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  4. @Roby: questi tipi di bilanci secondo me non è detto che siano in pari, ovvero pareggiano, sì, ma solo se si tende a privilegiare molto certi aspetti piuttosto di altri. E certi aspetti è difficile valutarli. In ogni caso ho idea che domani avrai mooolto da ridire... ;)

    @Zio Scriba: quello di cui parli, essere ovunque tempestati dalla musica, spesso nostro malgrado e sovente di sottofondo (dal dentista, in metro, al supermercato, ecc.), è un aspetto connaturato al fenomeno, ma che ha anche implicazioni diverse e che dunque meriterebbe un post a parte.

    LP, nastro e CD al di là delle performance di riproducibilità, li vedo abbastanza analoghi, perché hanno comunque bisogno di uno strumento tecnologico apposito per essere "letti" e sono in scala 1:1. La musica digitale comincia invece a essere trasversale e a modificare le abitudini, in quanto la puoi mettere su un telefono, un e-book, un PC o sulla spillina dei Simpson, e soprattutto ti puoi portare dietro sempre tutta quella che hai e quindi è in scala 100:000:1.

    Con questo in linea teorica abbiamo perso meno di quello che la tecnologia ci ha acquistato, ma temo che il marketing ci stia facendo perdere più di quello che la tecnologia ci ha regalato.

    @Galatea: se è un equilibrio, è giusto. Ma lo è? E' vero quanto dici circa la consapevolezza e - soprattutto - la condivisione. La facilità alla condivisione fa' perdere il senso del gesto, come accade per qualsiasi altro gesto quando viene inflazionato. Se devo pensare a un futuro come quello di Wall-E, spero che downloadino la mia mente dentro un robottino spazzino, almeno la mia vita avrà un senso.

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  5. Sacrosanto.
    Però, per assistere nel 2008 al miracolo dell'ascolto unico, e sentire Celine Diòn* a Milano (al Palasharp, non alla Scala), servivano € 345,00.
    Ben venga l'ultimo dei lettori mp3 di emmezeta, se le condizioni sono queste.

    *io odio Celine Diòn.

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  6. Io non posso fare a meno del lettore perchè se non ascolto musica muoio. Soprattutto in giornate come questa...
    Tuttavia quando posso ascolto la musica classica (per la quale ho troppo rispetto e non la scarico) ma a teatro non ho mai avuto la fortuna di assistere alla rappresentazione di un'opera.

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  7. Un concerto visto dal vivo e soprattutto la rappresentazione di un'opera non ha eguali… son d'accordo, ma in un'epoca in cui molto poco si riserva alla cultura, ci si arrangia. Amo la musica in maniera viscerale. Ascolto di tutto tranne il Pop, ma non sopporto la ripetizione, quindi mi inabisso con il mio cd, o con il mio vinile (ne ho parecchi) obbligatoriamente da sola e in religioso silenzio e mi estranio dal resto del mondo con le mie cuffione! Non potrei fare a meno di Beethoven per eccesso di povertà, non potrei rinunciare ai Pink Floyd per pigrizia! Attendo la 2ª!

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  8. @Ettore Aldimari: chissà quanto costava entrare a vedere la prima del Nabucco alla Scala nel 1842... Comunque quei biglietti di cui parli in genere sono messi in commercio con la collaborazione di alcune Facoltà di Psicologia per condurre degli IQ Test su fette casuali di popolazione.

    @Inneres Auge: non puoi fare a meno del lettore in un'epoca di lettori. Nel 1800 di cosa non avresti potuto fare a meno? Comunque se devi andare a teatro a vedere un'opera, scegli l'opera giusta.

    @petrolio: è vero quello che dici sui concerti. Difatti andrò a vedere Waters che farà "The Wall" ad Assago. A proposito, mi spieghi meglio la faccenda della pigrizia e dei Pink Floyd? Mi interessa perché sono un pinkfloydiano e non vorrei mai che sapessi delle cose su di me che io stesso ignoro. ;-)

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  9. Ci sono emozioni che solo la realtà vissuta in un preciso momento ci può dare.
    Purtroppo io sono poco tecnologica e molto più legata alle esecuzioni dal vivo...

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  10. @Kylie: qualsiasi esecuzione dal vivo trasmette un'energia impareggiabile, amplificata dall'effetto della sensazione di condivisione che dà il pubblico. Dunque come biasimarti? ;-)

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  11. Nel 1800 non avrei potuto fare a meno del pilu, di un grammofono (o quello che c'era prima) e della poesia

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  12. Bè, per fortuna esistono ancora i tour live dei gruppi, che proprio a causa dell'era del peer to perr che pochi soldi porta alle loror casse, sono sempre più impegnati in massacranti tour che a volte durano anche un paio di anni. Il problema secondo me più che nel supporto che ha oggi la musica, sta nelle nuove generazioni, nate a pane e emule, che poco valore danno alla musica suonata, magari imperfetta, ma viva, abituati come sono ai prodotti fast food dell'industria musicale di oggi usa e getta.

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  13. @Inneres Auge: un solo problema sul secondo: in quanto venne dopo il fonografo, quindi ormai verso fine '800.

    @Pecora Rossa: quello che evidenzi è un aspetto ulteriore. Di certo le modalità odierne dell'industria discografica hanno generalmente impoverito la "cultura musicale" sia di chi ascolta, sia di chi suona. Ma in questo la tecnologia ha avuto il suo impatto. Troppo di una cosa, implica la perdita di senso di quella cosa.

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