Punti di vista da un altro pianeta

mercoledì 7 marzo 2012

La prerogativa della vongola

Ogni cosa ci cambia, ogni cosa ci manipola. Perché la nostra esistenza, la nostra intelligenza, le nostre esperienze, i nostri ricordi, le nostre opinioni si nutrono degli stimoli che ci arrivano da tutto il resto del mondo. Quello che le vongole fanno con la sabbia, noi lo facciamo con le informazioni. Siamo dei filtri. Le cose, eventi, immagini, idee, ci passano attraverso, qualcuna resta impigliata nella trama del nostro cervello, e lì mette radici, altre ci superano senza nemmeno sfiorarci, altre ancora passano oltre, ma solo in apparenza, perché nel loro transito modificano qualcosa, anche solo impercettibilmente, nella struttura della nostra mente, come un colpo di sponda tra le biglie di un biliardo. Non possiamo prescindere da questo, perché la nostra individualità nasce e si sviluppa dal rapporto e dal confronto continuato e istantaneo con una realtà relativa in cui trovano posto e interagiscono altri come noi.

Tutti ci cambiano, tutti ci manipolano. Non è detto che sia loro proposito farlo, ma l'intenzione, o la mancanza di essa, non cambiano di molto il risultato: lo fanno e basta. Lo fanno coloro che ci sono vicini, come i genitori, i parenti, gli amici, gli insegnanti, i fidanzati, i coniugi, i colleghi, e lo fanno coloro che ci sono lontani, come il barbiere, il fruttivendolo, ma anche (soprattutto) i libri, i giornali, la televisione, Internet. Per cui, giacché molte cose (tutte?) che si mettono in relazione con noi ci fanno uscire da quella relazione in qualche misura diversi rispetto a come eravamo prima di entrarci, non esiste un valore etico assoluto della cosiddetta manipolazione. La manipolazione è tanto necessaria, quanto inevitabile. Del resto, noi stessi facciamo ogni giorno la medesima cosa con gli altri, anche solo quando vogliamo affermare le nostre idee. Dunque la manipolazione, intesa in senso lato, non è un universale negativo. La manipolazione è, semplicemente, una regola del gioco, o forse addirittura il gioco stesso, la conseguenza più diretta e inevitabile del nostro relazionarci con il mondo, ovvero la causa primordiale il cui effetto è, né più né meno, tutto ciò che siamo.

Ed è proprio questo stesso paradigma, quasi paradossale, che contiene in sé i germi del pericolo, in quanto configura una situazione in cui la libertà individuale di valutare, scegliere, pensare, viene messa in discussione in linea teorica a ogni occasione di scambio di informazioni, o almeno - più propriamente - tutte le volte in cui un (eventuale) atteggiamento passivo lascia alla manipolazione la facoltà di andare a scrivere nella nostra mente tutto ciò che le pare, a prescindere dalla sua consapevolezza di volerlo fare oppure no. D'altro canto è pur vero che nemmeno il contrario è possibile. Vale a dire non ci si può chiudere a riccio, tagliandosi così fuori da tutti gli stimoli, al fine di proteggersi dalle ingerenze esterne e pensare di mantenere così il primato dell'autonomia di pensiero. Barricarsi dentro una boccia di cristallo è semplicemente inconcepibile.

La manipolazione assume dunque connotati potenzialmente nocivi non tanto a causa delle (perniciose) intenzioni del mittente, quanto piuttosto dalla (scarsa) consapevolezza del destinatario. Perché non potendo smettere di relazionarci col mondo, tutto quello che si può fare è innanzitutto conoscere i meccanismi che la manipolazione usa e gli interruttori mentali su cui essa agisce, cercando nello stesso tempo di evitare di cadere nel (troppo) facile tranello opposto, ovvero quello di pensare che la manipolazione sia sempre lì a tendere dei tranelli a ogni angolo. Atteggiamento conservativo, questo, ma pericoloso almeno tanto quanto quello di fidarsi ciecamente di ogni cosa che ci viene detta. Secondariamente ci si deve allenare alla disponibilità a cambiare opinione, ad abbandonare i sentimentalismi, le presunzioni e gli appiccicosissimi rigurgiti di orgoglio che tendono a tenerci gelosamente arroccati sulle nostre posizioni, e concedere sempre la possibilità a un confronto reale e leale (e ragionevole) nei confronti della diversità.

In terzo luogo è necessario rinunciare alla comodità della pigrizia della ricetta a senso unico e dell'informazione cotta-mangiata-e-digerita, dunque uscire dai territori familiari e gratificanti dentro i quali le nostre idee vengono riconosciute e appoggiate, ed esplorare la realtà nella variabilità delle sue innumerevoli sfaccettature di pensiero, anche quelle scomode, anche quelle che non ci piacciono. Il tutto nella spiacevole consapevolezza che dubitare costa sempre molta, molta più fatica di credere. Eppure solo così potremo avere, se non la certezza, almeno la confidenza, che quella visione, alla quale noi siamo pervenuti magari anche dopo molto tempo, premesso che non potrà mai essere la Verità, sarà stata almeno una nostra (libera) scelta. Il tutto nella spiacevole consapevolezza che essere liberi costa sempre molta, molta più fatica che essere vongole.

16 commenti:

  1. Si, ma anche tu ora ci stai manipolando allora.
    Nel passato sicuramente c'erano meno input, ma proprio per questo si aveva meno libertà di scelta e di uscire dal seminato.
    Comunque credo che, come dici tu, l'importante sia come si gestisce questo inevitabile flusso di informazioni.
    Post veramente interessante.

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    1. Certo, anche io lo sto facendo. Ma con l'esatta accezione di cui parlo nel post, ovvero senza alcun connotato morale. Le informazioni che vi ho dato, in qualche misura hanno interagito col vostro cervello e proporzionalmente hanno messo in atto qualche cambiamento (forse), che può essere determinante o meno, perché in qualche modo vi ho spinto a riflettere su alcuni aspetti delle nostre relazioni col mondo.

      Il tuo riferimento al passato è vero, ma solo per il passato piuttosto remoto. Già solo la radio negli anni '30 riuscì a influenzare profondamente l'opinione pubblica nella Germania nazista. Oggi di certo c'è più consapevolezza dei pericoli dei mass media e c'è anche maggiore pluralismo, ma questo non dev'essere un alibi per abbassare la guardia. E io noto in generale che la gente tende a sottostimare questo aspetto proprio perché il processo è sottile e - di fatto - invisibile (ed è più comodo farlo).

      Ti ringrazio per l'apprezzamento. :-)

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  2. "Diciamo libera quella cosa che esiste per sola necessità della sua natura, e si determina ad agire da sé sola". (Spinoza)
    Ergo, la libertà non esiste.

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    1. Qui Spinoza fa lo splendido, ma in realtà bisognerebbe puntualizzare: la libertà "assoluta" non esiste. Perché la libertà è una gradazione dell'arbitrio di un individuo misurata in relazione al rapporto che quell’individuo ha coi suoi simili in quanto aventi diritto alla medesima libertà. Dunque esistono degli accettabilissimi gradi di libertà personali, alcuni conquistati con fatica nel corso dei secoli, altri ancora da conquistare, altri ancora su cui vigilare quotidianamente con attenzione. E sono tutti questi i nostri target.

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    2. Siamo figli del pensiero debole, mannaggia! :-)

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    3. ... belli contro brutti
      la pura identità
      siamo a corto di coscienza critica
      addio alle armi...

      http://www.youtube.com/watch?v=5iLsRIhFj9o

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  3. Irriverent Escapade7 marzo 2012 alle ore 15:23

    Marziano, cosa ti è successo??!!! Sei forse incappato nel telegiornale di retequattro? Hai avuto un vis à vis con Michele Santoro? Non ti preoccupare su questa disgraziata terra ci sono molte persone che cercano di esercitare la propria mente esplorando, cercando, filtrando ed elaborando. Fidati, la realtà è meno peggio di quanto appare, anche da queste parti.

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    1. Per risponderti ti rimando in parte a quanto già detto a Silver Skull qui sopra. Non preoccuparsi, pensando di essere già sulla strada giusta e considerando che la realtà è meno peggio di quanto sembri, è il modo migliore per restarci fregati senza nemmeno accorgersene. Infatti non sono d'accordo: la realtà è PEGGIO di quanto sembri. Volendo proprio essere ottimisti, quindi se proprio volessimo vederla nel migliore dei modi possibili, la realtà è brutta esattamente come sembra che sia.

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    2. Irriverent Escapade7 marzo 2012 alle ore 20:39

      Beh non sono affatto abituata a vedere la realtà indossando lenti rosa. Sono tendenzialmente più critica di quanto non appaia. Ho, forse, un grande difetto, un barlume di ottimismo. Era questo lo spirito con il quale ho commentato questo tuo post molto intenso ma che mi sembrava scaturito da un momento particolarmente negativo...o no?!

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    3. No, non è affatto scaturito da un momento negativo. Si vede che mi conosci ancora poco... Coloro che mi seguono da un po' di tempo sanno che in realtà sono assai ottimista e questo è un post lucido ed equilibrato, perfettamente consono alla mia visione. In realtà sono semplicemente le cose che funzionano così, che ci piaccia o no. Pensare che non sia così, e che questa sia solo una visione pessimista del mondo, è sintomo del fatto che ci sia ancora molto bisogno di emancipare le consapevolezze individuali sul ruolo della manipolazione e sulla necessità di allenamento continuo all'indipendenza del pensiero, evitando come la peste di darlo per scontato.

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    4. Irriverent Escapade8 marzo 2012 alle ore 10:14

      Touchée, ti conosco poco, poi io vengo da Venere e tu vieni da Marte e (metto il carico da 90), sono innamorata persa (non di te, non ti preoccupare). Insomma, presento tutte le aggravanti del caso però fatico un po' a digerire che mi si dica che non alleni la mia indipendenza solo perchè voglio avere delle speranze.
      Non so se tu viva un innamoramento folle in questo periodo, ma penso che le altre mie aggravanti possano essere ri-applicate anche a te. E' comunque sempre un piacere ;-)

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    5. Non credo che allenare l'indipendenza o pensare che la realtà sia più brutta di quello che vorremmo, sia incompatibile con la speranza (o con la mancanza di essa). La speranza non riguarda la nostra visione del presente, ma quella del nostro futuro e la misura in cui pensiamo possa cambiare in meglio, magari anche grazie a noi. Io sono innamorato pazzo di una marziana come me, ma questo non mi impedisce di vedere la realtà per quello che è. Insomma, li considero due aspetti sghembi.
      E' sempre un piacere eccome! :-)

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  4. Ogni volta che qualcuno cerca di cambiarmi ... peggioro! ;-)

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  5. È bello il tuo post e sono d’accordo su quanto scrivi come idea di fondo; però, per come la vedo io, manipolazione non è il termine più corretto. Io parlerei piuttosto di influenza. Per me –manipolare- sottintende una intenzionalità che invece nella semplice influenza non c’è; per questo mi pare che –influenza- assomigli più all’ordine effettivo di come stanno le cose. Perché se è innegabile che qualsiasi cosa, persona, pensiero, film, libro, azione o altro con cui veniamo in contatto ci tocca, ci modifica, ci segna, ci –influenza- in una parola, non è altrettanto vero che lo faccia intenzionalmente. Né con il preciso scopo di portarci da “qualche parte” come invece secondo me è implicito nella manipolazione. E questo, secondo me, fa la differenza.
    Quindi sì che tutto ci influenza, ma no che tutto ci manipola. A mio modo di vedere le cose ovviamente. …e non sto cercando di manipolarti ;-)
    Superbianchi

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    1. La tua puntualizzazione è correttissima. La manipolazione implica un qualche tipo di attività intenzionale. Da questo punto di vista si potrebbe dire che ogni manipolazione è un'influenza, ma non tutte le influenze sono manipolazioni. D'altro canto ritengo che spesso ci si ritrovi a essere manipolatori anche esercitando solo delle influenze. Mi spiego. Se uno cerca di affermare una sua idea a tutti i costi (vuoi perché ne è convinto, vuoi perché vuole affermare la propria individualità e la propria supremazia), cercando di convincere un suo amico di qualcosa, sta influenzando o manipolando? La tendenza che in genere gli individui hanno (una sorta di default) è di considerare le proprie idee od opinioni corrette, e quelle degli altri - se le hanno diverse da loro - sbagliate. Perché anche nella comunicazione l'individuo tende a voler affermare la propria personalità. E in genere lo fa solo per semplice istinto, non per subdolo calcolo. D'altro canto anche la cosiddetta "influenza" può essere negativa. Quindi forse le sfumature della questione sono ben più di due. Il resto considerala, se vuoi, una licenza poetica. ;-)

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