Punti di vista da un altro pianeta

giovedì 3 novembre 2011

Tossicodipendenza da tassi

Nella puntata scorsa si parlava da un lato della perversa equazione desiderio = consumo = soldi = lavoro che implica la necessità da parte dei cittadini di adeguarsi a una società iperlavorativa che ha svilito il termine ozio connotandolo negativamente quando invece il suo significato vero
"(derivato dal latino otium) indica un'occupazione principalmente votata alla ricerca intellettuale, attività di fatto riservata alle classi dominanti, ed è contrapposto al concetto di negotium, occuparsi (più per necessità che per scelta) dei propri affari."
(da Wikipedia);
dall'altro della dipendenza dal profitto (ovvero dall'accumulo parossistico di ricchezza) che l'economia di mercato ultraliberista ha sviluppato e consolidato nella prospettiva di chi fa impresa a tutti i livelli, dal piccolo commerciante al grande industriale. Ebbene, sulle prime i due aspetti possono sembrare questioni diverse e separate, almeno nella misura in cui da un lato gli impiegati e gli operai, dall'altro gli imprenditori, si trovano in effetti su sponde opposte di un confine sociale marcato con l'inchiostro delle buste paga. Eppure per come la vedo io, la radice filosofica e psicologica individuale dei due approcci è esattamente la stessa. L'istinto che porta la popolazione a picchiarsi per entrare per prima all'inaugurazione di un nuovo Centro Commerciale, ovvero a sentirsi felice nella soddisfazione di desideri inoculati dalla pubblicità soddisfatti acquistando cose, possibilmente battezzate dall'incentivo di un'offerta speciale, è semplicemente la gratificazione del possesso, ovvero in pratica, ancorché su scale diverse, lo stesso imperativo morale che porta la casta politica e quella imprenditoriale a voler arricchirsi senza misura e a non voler rinunciare ai propri privilegi.

Perché dunque si dovrebbe pretendere da loro quello che non vogliamo fare neanche noi? Lo so, lo sento fin da quassù lo scricchiolio dei vostri nasi che si storcono. Loro (prendiamo in questo caso i politici) sono dei ricchi privilegiati del cazzo, che vanno in pensione dopo pochi anni di lavoro (lavoro per modo di dire) e vivono da nababbi a spese dei contribuenti. Per non parlare di uno come Marchionne il cui stipendio annuale vale lo stipendio annuale di qualche migliaio di operai (dunque se Marchionne rinunciasse al 90% del suo stipendio resterebbe comunque molto ricco e nel contempo potrebbe evitare la cassa integrazione a un'intera fabbrica per un anno). Perché, direte voi (lo sapete che percepisco i vostri pensieri), non cominciano loro a ridursi i loro privilegi, visto che siamo noi quelli che se lo prendono sempre sotto la coda? Vi capisco, il vostro ragionamento non fa una piega. Quello che però mi interessa evidenziare qui, è che la molla psicologica che anima loro e voi è la stessa, perché se voi foste al posto loro (o comunque la maggioranza di coloro che non sono al posto loro) vi comportereste né più né meno come loro. Un po' come ritrovarsi nel bel mezzo di una sorta di intifada della cupidigia.

Per questo nell'ambito della filosofia della decrescita, che poi non è solo una dottrina teorica, bensì anche un programma sociale e politico molto pratico, quello che viene richiesto ai singoli individui a tutti i livelli (sociale, politico, economico) è un salto generale di visione, che deve partire innanzitutto dalla comprensione e dalla consapevolezza che questo non è l'unico mondo possibile, che questo non è il migliore mondo possibile. Ed è proprio questo che intende Serge Latouche quando parla di "decolonizzazione dell'immaginario", ovvero la disintossicazione mentale da quel sistema consolidato (e autorafforzativo e autocelebrativo) di credenze in base alle quali gli individui della società occidentale vengono educati, crescono, vivono e muoiono all'interno di un modello di esistenza non inevitabile, né invero più auspicabile di altri. È dunque una rivoluzione culturale generale quella che prima di ogni altra cosa deve diffondersi come una mutazione positiva, affinché la decrescita possa davvero avere qualche possibilità, una rivoluzione che può partire solo dal diffondersi di una coscienza sociale critica verso se stessa e conduca così le persone innanzitutto al riconoscimento che si può (anche) vivere diversamente da così, senza che questo debba significare per forza peggio di così.

/continua

22 commenti:

  1. La filosofia della decrescita è molto condivisibile, dal mio punto di vista, ma credo che non sarà un passaggio graduale, piuttosto un crollo verticale che farà molte vittime. In questi giorni sento parlare motli personaggi politici, ma non solo e tutto quello che sanno dire, anche personaggi per cui nutro una certa stima, è che bisogna mettere in moto la crescita, la produzione, che non bisogna risparmiare e accontentarsi, ma spendere.
    Non so cosa pensare: non capiscono un cavolo o sono in mala fede?

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  2. Io sento tanto parlare di cambiamenti "ci vuole un cambiamento!", ma sembra che questo cambiamento debba venire dal di fuori, forse aspettiamo che gli alieni atterrino e ci risolvono i problemi?
    Credo che se davvero desideriamo questo cambiamento dobbiamo cominciare con noi stessi nel nostro piccolo, perché è proprio ogni nostro piccolo che fa il mondo... cmq neanch'io ci capisco niente

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  3. Coloro che la vedono diveramente da così 1) non capiscono un cavolo e 2) sono comunque in malafede. Convintissima che questa sia l'unica soluzione possibile, e non è il caso d'aspettare il tracollo, anzi: chi già vive così perché lo sente, perché ne ha apprezzato l'aspetto positivo e quindi è già cambiato, sarà anche quello più preparato in futuro, perché non avrà fatto rinunce.
    Ieri parlavo con un'amica che ha il suo bravo micropunto d'appoggio di casa in Liguria, ma come lavoro fa gioielli steampunk, gira continuamente l'Italia in un furgoncino per fiere e mercatini in cui compra i materiali per fare le sue cose e/o le vende, e la felicità di questa scelta rispetto a un lavoro regolare e le dinamiche normali di vita le faceva brillare gli occhi. Come la capisco! :-)

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  4. Venisse ascoltato di più Latouche, molte cose andrebbero meglio sul serio.

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  5. Heidegger la chiamava Mobilitazione Totale (sotto le insegne del lavhorror, dell'iperproduzione e dell'iperconsumo).
    Mai come oggi, di fronte a questa mobilitazione sempre più prepotente e oppressiva e lobotomizzante, bisogna celebrare l'Elogio del Disertore.
    Ma i Disertori saranno sempre pochissimi, inutile illudersi. Sarebbe lo stesso che aver sognato diserzioni di massa immediate dall'esercito tedesco all'avvento del nazismo... :-(

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  6. Sono ottimista. Il cambiamento è già iniziato. Il problema è che è lento, come tutte le profonde trasformazioni sociali. Anche il medioevo finì e arrivarono i lumi, così speriamo che questo secondo medioevo sociale e culturale lasci il posto a una nuova era ...se non per noi, almeno per i nostri figli!

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  7. per quanto mi riguarda personalmente la decrescita è l'unica via e non credo che sia troppo tardi per invertire la rotta; in tanti cominciano a respingere questo sistema che si sta accartocciando su se stesso e a cercare uno stile di vita più sano, semplice e consapevole, io sono fiduciosa :)

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  8. @knitting bear: se sarà un crollo verticale, allora non sarà decrescita, bensì crisi epocale. Poi forse (anzi probabilmente), alla fine, i risultati saranno molto simili, ma le modalità saranno molto diverse, come pure il trauma sociale e individuale. Tra i due scenari c'è un po' la stessa differenza che tra lo scegliere di curarsi, e finire al pronto soccorso in codice rosso.

    Riguardo a quello che dicono i politici eccetera, penso che da un lato molti di loro ignorino la decrescita nei suoi dettagli sociali e politici (come peraltro la maggioranza delle persone comuni), ovvero che credano che sia una specie di recessione che riporti la società al medioevo (cosa quanto mai falsa). Dall'altro di certo, anche se la conoscessero, la comprendessero e ne condividessero lo spirito, dubito che sarebbero disposti a sostenere qualcosa che dice agli elettori di "rinunciare", non fino a quando non sentissero che l'atmosfera sta cambiando e che gli elettori per primi cominciano a sentirla come un'istanza importante, ovvero come l'unico maniglione antipanico dell'uscita di emergenza di un occidente in fiamme.

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  9. @galatea: il desiderio di "cambiamento" (e parlo in generale) è uno dei concetti maggiormente paradossali nel comportamento dell'essere umano. Da un lato tutti auspicano quasi sempre un cambiamento, sia esso nella società, come nel lavoro o nella propria vita. Poi però sono pochissimi quelli che lo cercano sul serio, lo inseguono davvero e tentano dunque di metterlo in qualche modo in pratica. Il resto è solo sterile lamento e sterile protesta. L'inerzia al cambiamento è legata alla paura del futuro e al fatto di doversi mettere in gioco nei confronti di qualcosa di ignoto, la cui oscurità spesso è una forza talmente intensa da impedire all'individuo qualsiasi azione. Per questo per le rivoluzioni di tutti i generi (personali e sociali) ci vuole innanzitutto il coraggio di saltare una specie di piccolo abisso. Però è vero che il processo va cominciato dal basso. Ma sul serio, però.

    PS Comunque se aspettate che atterrino gli alieni, siete malmessi, visto che - almeno noi marziani - non abbiamo la minima intenzione di muovere un dito per voi.

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  10. @Minerva Jones: non dimentichiamo comunque che in giro c'è anche tanta, tanta ignoranza o comunque superficialità nella considerazione sia dei problemi che delle soluzioni. Personalmente me ne accorgo soprattutto su Facebook, dove c'è un'umanità molto più variegata e trasversale di quella che passa per i blog e che dai commenti capisco che spesso parla per sentito dire, senza usare il cervello eccetera. Il problema, insomma, è anche (soprattutto?) di natura squisitamente culturale. Però è vero che chi, nel suo piccolo riesce in qualche modo a vivere in maniera "decrescente" (o "decresciuta"), riuscirà senza dubbio a vivere meglio se (quando?) accadrà il peggio. Per questo non stento a credere che la tua amica abbia fatto una scelta coraggiosa, ma appagante. A proposito, mi hai incuriosito sui gioielli steampunk. Ma come sono?! Si possono vedere su Internet?

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  11. @Adriano Maini: Se Latouche non è ascoltato abbastanza, è anche colpa di chi non ne parla abbastanza. Dove se ne sente parlare di decrescita e degli argomenti correlati? Sui giornali, in TV? Su Internet? Niente, da nessuna parte. Solo in qualche nicchia o su qualche pianeta lontano. Per questo sono convinto che blog, Facebook e in generale Internet e i Social Network dovrebbero cercare di fungere da amplificatore e diffusore di questa nuova mentalità. Insomma parlatene anche voi sui vostri blog, che diamine!

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  12. @Zio Scriba: disertare - in senso lato - vuole dire smarcarsi dal gregge. E già questo mi pare piuttosto eloquente. Quanto alla Mobilitazione Totale (ma non era Junger?) bisogna farla, all'inverso però. Cominciando col parlarne e diffondere il concetto culturalmente.

    @Simo: mi fa piacere che tu sia ottimista. Purtroppo io non lo sono altrettanto (ma nemmeno tanto pessimista o rassegnato da non parlarne) e non credo che il cambiamento sia iniziato. A livello sociale si vede solo l'istanza del cambiamento (che è pur qualcosa), ma la società e i movimenti non sanno dove andare. Per ora sono capaci solo di protestare, indignarsi. La Decrescita sarebbe un bel binario su cui far convogliare l'energia della protesta. Ma, come dicevo agli altri, bisogna che se ne parli, che la gente si convinca che è la (unica) strada giusta.

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  13. Mi/ci provochi? ;-)

    ne ho parlato parecchio, guarda qui:
    - http://minervajones.blogspot.com/2011/07/seguendo-latouche-della-felicita-del.html
    - http://minervajones.blogspot.com/2011/07/seguendo-latouche-della-felicita-del_20.html

    e soprattutto qui:
    http://metilparaben.blogspot.com/2011/06/minerva-il-tempo-come-ricchezza-e-la.html

    Uhm... quasi quasi sarebbe il caso che li evidenziassi, nel mio blog, questi tre post ;-)

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  14. @Hob03: no, non è tardi. Quando sarà tardi, sarà perché la decrescita ci sarà stata imposta dal sistema, con una crisi che quella celebre del '29 sarà vista come una roba da pischelli.

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  15. @Minerva Jones: sì, certo che vi provoco! ;-) Adesso mi prendo un po' di tempo (prezioso) per andarli a vedere...

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  16. ops, hai ragionissima: ho preso Junger per Heidegger... sto invecchiando anch'io... :)

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  17. @Minerva Jones: visti. Interessanti, soprattutto il terzo, quello più articolato. Ho trovato particolarmente arguta la citazione sulla manipolazione di stampo chomskiano, che per certi versi anticipa quello che vorrei dire nel prossimo post e che è la diretta conseguenza di quello che ho detto qui. In effetti varrebbe la pena evidenziarli in qualche modo, soprattutto l'ultimo.

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  18. complimentii!! ti seguirò! io sono ancora una principiante ma quando puoi fai un salto nel mio blog!! https://www.facebook.com/pages/Il-Salotto-di-Louise/207174075993897#!/pages/Il-Salotto-di-Louise/207174075993897

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  19. @Louise: benvenuta su questo pianeta e grazie dell'apprezzamento. Da te ci sono già passato... ;-)

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  20. più leggo quello che scrivi più mi convinco di essere marziana anch'io...
    Superbianchi.

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  21. @Anonimo: c'è pieno di marziani qui in giro... spero solo che tu non lo viva come un trauma e che chi ti sta intorno accetti la tua nuova "condizione". ;-)

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  22. @il grande marziano: no, direi che non è affatto un trauma! nè una condizione nuova, mi sa che c'è da sempre. quanto a chi mi sta intorno....problemi suoi! ;-)
    Superbianchi

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