Punti di vista da un altro pianeta

lunedì 3 ottobre 2011

Un marziano in versione pulp

Okay, è inutile che imbastisca tanti giri di parole, faccio coming out e la chiudiamo qui: ormai sono Palahniuk-dipendente. Ho iniziato qualche mese fa con Invisible Monsters e, confesso, il romanzo non mi aveva convinto del tutto, nonostante almeno due temi forti della civiltà contemporanea, il ruolo della bellezza e quello dell'omosessualità, e uno stile brillante, vistoso, incisivo, veloce, a tratti brutale e cinico, e assai poco lineare (nel caso di Invisible Monsters anche troppo) come un videoclip di ultima generazione, forse in ultima analisi uno dei migliori equivalenti letterari degli stilemi della società occidentale. Però era stato sufficiente a mettermi in moto qualcosa, perché dopo un po' di tempo, complice una campagna di supersconti librari di quelli ormai d'altri tempi, mi è capitato in mano Gang bang e lì i morsi della dipendenza hanno cominciato a farsi sentire sul serio.

Divertente e amaro, surrealmente vero nel suo cinismo senza esclusione di colpi, e - dato l'argomento - anche goliardicamente provocatorio e decisamente vietato-ai-minori, ma sempre gestito con sapienza e misura, il racconto in presa quasi diretta dei tre uomini in attesa (nudi) di essere chiamati per essere filmati in un'orgia di una stella del porno ormai al tramonto che, nella sua ultima gloriosa performance, tenta di entrare nel Guinness dei Primati cercando di farsi seicento uomini di fila, è qualcosa che - anche solo per l'originalità del soggetto e dalla struttura con cui è raccontato - sta dalle parti del puro genio. Così, colto da un'improvvisa crisi di astinenza, sono andato a togliere la polvere a Fight club, che mi avevano regalato un po' di tempo fa e che, avendo già visto il film, avevo lasciato ad ammuffire sulla mensola nella convinzione che il ricordo della versione cinematografica targata David Fincher mi avrebbe rubato troppo al piacere della lettura. Ma solo quello avevo, e in qualche modo dovevo pur placare i calci che la scimmia mi stava tirando, secchi, negli addominali (quali?).

Ebbene, innanzitutto devo dire che la visione del film, contrariamente a quanto pensavo, forse è addirittura propedeutica alla lettura del romanzo, perché fornisce fin dal principio un indizio prezioso e cruciale sul protagonista - indizio che naturalmente non vi svelo, ma che sarà immediatamente chiaro a chi ha visto il film (o ha letto il libro fino in fondo) -, e che, pur facendo abortire il colpo di scena finale, a mio avviso avvantaggia la comprensione e di conseguenza l'apprezzamento della storia e delle sue molteplici sfumature. Ma è chiaro che poi il romanzo ha dentro molto di più, sotto la superficie di sapone. Le parole soprattutto, dense, intense, moderne. E la visione mirabile, globale, profonda e rabbiosa della società di oggi, un mondo schizofrenico, malato, nichilista e disperato, incapace di amare e di comunicare, preda della solitudine e dello stress, e prigioniera di paradigmi vacui che il protagonista tenta disperatamente di scardinare (o di far esplodere) fino a un estremo desiderio di morte che è anche un estremo desiderio di (un'altra) vita.

In Fight club, sua opera prima, Palahniuk dimostra tutto lo speciale talento che ne ha decretato la popolarità (per la quale - purtroppo - c'è voluta anche la spinta di un film di grande successo, come spesso accade). Ma sono convinto che sia riduttivo costringerlo dentro i paletti dei modelli di genere. Palahniuk non è (solo) uno scrittore pulp. Palahniuk è un finissimo osservatore del mondo di oggi, dei suoi paradossi e dei suoi cancri, degli individui e delle gabbie dentro cui sono rinchiusi (e si lasciano rinchiudere) dal sistema, ed è un abilissimo costruttore di metafore letterarie. Palahniuk è uno che non si accontenta della prima impressione, ma che cerca le connessioni nascoste. Palahniuk è un autentico scrittore di razza, ed è solo l'etichetta di autore di genere ("estremo") a penalizzarlo presso il grande pubblico rispetto ad altri più celebrati maestri nel ritrarre gli orrori della post-modernità, come David Foster Wallace o Jonathan Franzen, giusto per citarne un paio che sono passati da queste parti, autori comunque difficili da raffrontare con lui, ma ai quali Palahniuk non ha niente da invidiare. Insomma, Palahniuk è da leggere. E basta.
A proposito, vi ho sentito... smettetela di chiamarlo "Palaniuc"! Si pronuncia "Pòlanic".

La citazione:
"Per tenerla su, per farla ridere, racconto a Marla della donna di Caro Abby che aveva sposato un impresario delle pompe funebri bello e benestante e la notte delle nozze lui l'aveva fatta immergere in una vasca di acqua gelida finché la sua pelle al tocco non era sembrata congelata. Poi l'aveva fatta distendere sul letto e l'aveva costretta a rimanere assolutamente immobile mentre lui si accoppiava con il suo corpo gelido e inerte.
La cosa buffa è che questa donna lo aveva accontentato da sposina ed era andata avanti così per i successivi dieci anni di matrimonio e ora scrive a Caro Abby per chiedere ad Abby se secondo lui aveva qualche significato particolare."
[Nota: Il "Caro Abby" di questa fantastica storiella è un evidente riferimento a una classica rubrica di posta dei lettori di una fantomatica rivista che rimane anonima, e viene riportato in questo paragrafo per la prima e ultima volta nel libro. Non c'è alcun altro riferimento nel romanzo. Anche questo è Pòlanic.]

Fight club, di Chuck Palahniuk (Mondadori)

14 commenti:

  1. io ti consiglio anche "cavie"...

    RispondiElimina
  2. Il fatto che si pronunci Pòlanic non fa che confermare la barbarie di certe lingue... :)

    Scherzi a parte, già solo il saperlo autore di Fight Club mi aveva fatto pensare a lui come a un genio. Purtroppo per me, però, l'ho poi approcciato, probabilmente, col libro sbagliato (anche se proprio il primo commento qua sopra ci dimostra che de gustibus...): ho recentemente letto Cavie e ne son rimasto piuttosto deluso. Qualche singolo raccontino davvero originale e geniale (specie i primissimi) ma la storia principale che fa da collante mi è parsa, oltre che assurda e orrenda nel senso peggiore del termine, veramente scritta (o tradotta?) da cani.
    Provarò più avanti con qualche altro testo...

    Saludos.

    RispondiElimina
  3. @zio scriba... imn effetti de gustibus ;) non che cavie sia l'apice del genio, però a me non è dispiaciuto affatto.

    RispondiElimina
  4. Da Palahniuk dipendente, metto tra i migliori i primi 4: Fight Club, Survivor, Invisible Monsters e il bellissimo Soffocare, più qualche racconto di Cavie.
    Poi a me è parso un po' in calando. Attendo però Dannazione, che esce l'11 ottobre in Italia.

    RispondiElimina
  5. A me il radicalchicchissimo Chuck non fa impazzire, ma Rabbia è una vera bomba, va ammesso.
    Consigliato ad occhi chiusi.

    RispondiElimina
  6. * MrJamesFord
    sinceramente, più lo vedo usare in senso denigratorio e più "radical chic" mi sembra un grande complimento... mi sa che finirò con l'aggiungerlo ai dati del mio profilo... :-))))

    RispondiElimina
  7. Zio, capisco cosa intendi, ma ormai dalle mie parti è quasi una sorta di mantra, un pò come le bottigliate! ;)

    RispondiElimina
  8. @pietro rotelli: grazie del suggerimento. Con calma, prima o poi penso che me li farò tutti. Il prossimo sarà "Soffocare".

    @Zio Scriba: "Cavie" non lo conosco. A volte capita di iniziare dal libro sbagliato. In effetti quando mi approccio verso autori "cult" tendo - ove possibile - a partire da quelli che sono considerati i loro "capolavori", anche se nel caso di Palahniuk devo già autosmentirmi, avendo cominciato da "Invisible Monsters". In questo modo cerco di tutelarmi da false impressioni, anche perché nell'ambito di una produzione piuttosto fitta come quella di Palahniuk, non è sempre facile stare sul medesimo livello e qualche scivolone ogni tanto è comprensibile. Poi c'è in agguato il fattore traduzione, ma non voglio pensare che una traduzione di Mondadori sia così brutta da inficiare del tutto il testo originale.

    RispondiElimina
  9. @abo: devo ammettere che per certi aspetti anche tu hai contribuito a titolo di pusher iniziatico, insomma assumiti le tue brave responsabilità! Dal canto mio, ti ringrazio. ;-) "Soffocare", come dicevo a pietro, è il prossimo della lista, comprato sabato. Il soggetto è (ancora una volta) geniale. Dopodiché, a questo punto, mi toccheranno "Survivor" e "Rabbia" non necessariamente in quest'ordine.

    RispondiElimina
  10. @MrJamesFord: davvero interessante questo apprezzamento da parte di voi tutti di un libro diverso: Cavie, Soffocare, Rabbia... Dice qualcosa sulla "trasversalità" dell'autore.

    @Zio Scriba e @MrJamesFord: io invece sono martian-chic!

    RispondiElimina
  11. Bene, contento di averti spacciato robba buona.
    Io finalmente ho preso "Tutto il ferro della torre Eiffel", di cui ricordo un tuo vecchio post, quindi facciamo che siamo pari, no?
    Le traduzioni Mondadori: mi sono parse di ottimo livello, però i due o tre romanzi di Palahniuk che ho letto in lingua originale (e chissà che questo non renda un po' radical chic anche me :) mi hanno lasciato l'idea che l'inglese sia lingua perfetta per uno stile di scrittura sincopato come il suo. Per altro, non si è trattato neanche dei miei preferiti, quindi escludo che il mio giudizio sia stato influenzato dal contenuto.
    In ogni caso, marziano, se hai un ereader, diciamo che in rete potresti, casualmente of course, imbatterti in qualche buon epub delle edizioni originali.
    Ammicco, ammicco.

    Ah, ma del libro di Mitchell che vedo qui a destra, che mi dici?

    RispondiElimina
  12. @abo: no, non siamo ancora pari, perché a te devo anche "Nove gradi di libertà", di cui ti dirò appena posso. Attendo dunque le tue impressioni sul libro di Mari.

    Posso immaginare che in inglese Palahniuk renda meglio. L'inglese è lingua assai più stringata ed essenziale dell'italiano e deve funzionare meglio con il suo tipo di stile. Probabilmente un po' come la sentire la resa dell'originale di The Big Bang Theory, piuttosto che il doppiaggio. Non so se rendo l'idea...

    E-reader ancora non ne ho, ma appena ne avrò uno, seguirò i tuoi ammiccamenti!

    A presto, con alcune considerazioni sul libro di Mitchell. ;-)

    RispondiElimina
  13. @abo: ho postato le mie impressioni sul libro di Mitchell sia sul tuo blog, che su anobii. :-)

    RispondiElimina
  14. Vidi e risposi, grazie mille, ottimo commento

    RispondiElimina

Poiché vorrei evitare di attivare la moderazione, vi prego di moderarvi da soli. Grazie.

License

Creative Commons License
I testi di questo sito sono pubblicati sotto Licenza Creative Commons.

Statistiche

Blogsphere

Copyright © Il grande marziano Published By Gooyaabi Templates | Powered By Blogger

Design by Anders Noren | Blogger Theme by NewBloggerThemes.com