Punti di vista da un altro pianeta

giovedì 9 luglio 2015

Demitizzando la Grecia (quasi un paradosso)

È un errore politico, una mistificazione mediatica, un abbaglio sociale, un lapsus ideologico, un equivoco narrativo dire che i greci abbiano fatto qualcosa di straordinario o, addirittura, eroico domenica scorsa. Non c'è nulla di tutto questo nel risultato del referendum greco. Molti in queste ore si sono ingioiellati la bocca con le parole eroismo, dignità, stima, rispetto, quando in realtà si è precipitati dentro una mitizzazione globale alimentata da un transfert rivoluzionario.

L'errore, innanzitutto, è considerare "il popolo" greco. Il popolo in quanto tale non esiste o per lo meno non esiste come essere senziente. Esistono semmai gli individui che lo compongono, con la multiformità che li contraddistingue, ognuno col suo modo di pensare, i suoi umori, le sue attitudini, le sue esperienze, le sue condizioni, le sue convinzioni politiche, le sue capacità intellettuali eccetera. Dunque, in un certo senso, se proprio dobbiamo dargli una connotazione, il popolo è un individuo statistico. E gli individui si sono espressi statisticamente. Il risultato, lo abbiamo visto tutti, è stato un 61%-39%, a favore del NO, con un'affluenza del 62,50%. Ciò significa che hanno votato NO il 38,1% dei greci e SI il 24,4%. Gli altri, ovvero il 37,5% dei greci aventi diritto, non hanno votato.

E qui credo sia necessaria una considerazione: i votanti sono stati pochi. Date le circostanze, mi sarei aspettato un referendum molto più partecipato. Invece il referendum greco ha visto un'affluenza discreta, ma non eccezionale. Questo significa che il 37,5% dei greci non ha ritenuto che fosse importante votare, o che avesse senso farlo, o non aveva un'idea in proposito tale da spingerlo a mettere una croce di qua o di là, oppure non è colpito dalla crisi greca e dunque non gliene frega un accidente. Magari un po' di tutte queste cose insieme. Però data la congiuntura particolarmente complessa e difficile, o per lo meno per come ce la dipingono i media italiani, quel numero a mio avviso non può essere lasciato passare inosservato.

Dopodiché prendiamo in considerazione quel 38,1% dei greci che ha votato NO. Perché credete che l'abbia fatto? Con quale cognizione di causa? A fronte di qualche tipo di informazione o di consapevolezza economica o finanziaria? E se sì, quale? Premettendo che dal punto di vista tecnico è molto difficile avere un quadro della situazione chiaro e comprensibile e dunque valutabile, che probabilmente neanche la Merkel e Tsipras ce l'hanno, e chissà forse nemmeno Varoufakis e Tsakalatos e Draghi eccetera (però di certo meglio di Nikolaos Konstantopoulos, pescatore di Mykonos), è ragionevole ritenere che la stragrande maggioranza di quel 38,1% avrà votato secondo due criteri di massima, peraltro entrambi incuranti delle conseguenze: (1) κοιλία, la pancia: ovvero ma vaffanculo Europa; ma vaffanculo poteri forti; ma vaffanculo BCE; ma vaffanculo Angela, Mario e Jean-Claude; ma vaffanculo tutti, ma proprio tutti vaffanculo!; (2) στόμαχος, lo stomaco: stiamo così mal messi da cinque anni, che peggio di così...; con l'austerity ci avevano promesso miglioramenti, invece la situazione è peggiorata, quindi inutile continuare per la stessa strada; ormai non manca molto a toccare il fondo, già lo vediamo, pertanto solo un colpo di coda può restituirci almeno la speranza; non abbiamo davvero più niente da perdere ormai, dunque tanto vale votare NO.

In mezzo ci sono naturalmente tutte le sfumature possibili modulate dalla propaganda, dalla demagogia, dagli umori, da Facebook e da Twitter e dalle discussioni davanti a un bicchiere di Ouzo (il tutto relativo a entrambe le posizioni, ovviamente), come pure – ma, ne sono certo, in misura minore – dall'informazione seria, precisa e circostanziata, soprattutto rispetto a una questione che, come dicevo prima, ha bisogno di un background tecnico rilevante per essere affrontata e soprattutto analizzata, e a proposito della quale davvero si sente dire tutto e il contrario di tutto, visto che il mondo pare essersi improvvisamente popolato di un esercito di esperti economisti.

Eppure, a prescindere dalla categoria di appartenenza, (1) o (2), non c'è alcuna virtù speciale, perché non c'è la presupposizione di alcun sacrificio e di certo non "del popolo greco" (se sofferenza dev'esserci, i greci – o per lo meno una quota parte di essi – la sperimentano ormai da anni), e non a fronte del risultato di un referendum le cui conseguenze sono di difficile previsione in entrambi i casi. L'eroismo, la dignità e il resto di questa retorica di opposizione, sono solo il frutto di un racconto, una mitologia affascinante e suggestiva, quella di Davide che sfida Golia, del povero che si ribella al ricco, della ghigliottina che cala sul morbido e profumato collo dell'odiata regina. Non sono i greci a essere eroi, Achille lo è.

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