Punti di vista da un altro pianeta

martedì 13 novembre 2012

L'antipolitica allo specchio

C'è un cattivo gusto denigratorio nell'attribuire al Movimento 5 Stelle la qualità dell'"antipolitica". Comunque li si voglia considerare, piacciano o non piacciano i modi, si condividano o non si condividano le proposte e le strategie, Grillo e i suoi fanno politica, a tutti gli effetti, come la fanno i cittadini che prendono in mano una bandiera e vanno in piazza, come la fanno i cittadini che si arrampicano in cima a una gru per rivendicare i loro diritti, come la fanno i cittadini che scivolano in una cabina elettorale ed esprimono il loro voto su una scheda. Tutto è politica (democratica) nel momento in cui si lotta - nell'ambito della legalità e di quanto sancito dalla Costituzione, naturalmente - per rivendicare il proprio diritto ad avere voce in capitolo nell'amministrazione dello Stato, ovvero di noi stessi, cittadini che ne facciamo parte e nel nostro esserne parte lo rendiamo possibile.

Dunque c'è anche un pessimo retrogusto sottilmente (e astutamente) manipolatorio nell'ostinarsi ad attribuire al Movimento 5 Stelle la qualità dell'"antipolitica" (e di convincere così la popolazione di questo). Come a voler sottolineare implicitamente (e l'implicità è fondamentale nella manipolazione) una contrapposizione negativa e battezzarla così di fronte all'opinione pubblica con qualcosa di maligno, come un verme pronto ad avvelenare dall'interno la mela del sistema-paese. Ma se dunque esiste davvero un'"antipolitica", quale dovrebbe essere la parte sana della mela, quella chiamata "politica", quella che si arroga il diritto di giudicare l'altra? Forse quella dei soldi pubblici intascati? Quella dei nepotismi? Quella delle mazzette? Quella degli evasori? Quella dei festini priapici e delle speculazioni sismiche?

Grillo e i suoi possono piacere o meno (e chi mi segue, sa che non godono di particolare simpatia da queste parti). Ma non credete alla balla dell'"antipolitica". Tutto è politica. Tutto. Anche questo post.

17 commenti:

  1. Sottoscrivo pienamente, neanche a me sembrano particolarmente "robusti" gli esponenti di M5, per usare un eufemismo, ma questo non significa che siano antipolitica. Anzi nascono dalla domanda di più politica.

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    1. È così, Antonio. Nascono dalla domanda di una politica "diversa", cioè di una politica "vera". Ed è paradossale (ma anche per certi aspetti sintomatico) che per questo vengano tacciati di antipolitica.

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  2. Concordo in pieno... secondo la definizione standard la politica è l'Arte di governare le società ed il temine si applica tanto all'attività di coloro che si trovano a governare quanto al confronto ideale di opposizione. Se poi voglio cambiare anche il significato delle parole.

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    1. Certo che vogliono cambiare il significato delle parole. Lo cambiano e lo strumentalizzano a proprio piacimento. Sono maestri in questo.

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  3. Considerando i sentimenti che la parola politica genera nella cittadinanza tutta - generalmente ribrezzo, rabbia, odio, con accompagnamenti emetici o quasi violenti - forse a definirli anti-politica fanno loro un favore :)

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    1. Eh, sì! :)
      Però il problema è l'insinuazione della connotazione intrinsecamente negativa che la parola "antipolitica" ha e che la gente percepisce senza farci particolarmente caso.

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  4. Sposo la tesi di Alessandro.
    A modo suo fa politica anche chi non va a votare, poiché schifato da "questa" politica: eppure anche chi lo fa è tacciato di anti-politica, solo perché non accetta di partecipare alla salita al soglio di personaggi che non gli aggradano, né come persone, né come ideali che presentano, né come palese disonestà.
    La politica italiana, oggi, ha un unico sinonimo: chiacchiere per abbindolare.
    Ciao.

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    1. Non sono del tutto d'accordo con te, per lo meno sul fatto che fa politica anche chi non va a votare. Il "non-voto" dal punto di vista delle regole di questa democrazia corrisponde ideologicamente a una totale indifferenza alla politica, perché il sistema è creato per essere del tutto indifferente agli astenuti.

      Non votando (a dispetto della disistima che può avere nei confronti dei candidati) l'elettore che si astiene si illude di dare una manifestazione al Paese, di gridare una specie di "vaffanculo" al Parlamento, ma tutto ciò che fa è semplicemente non scegliere, ritirarsi dalla lotta, lasciare agli altri il diritto di lamentarsi. Questa - secondo me - è una delle poche cose (l'unica?) che non sono politica.

      Ciao gattonero! :-)

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    2. Un dieci-venti-trenta per cento di rifiutanti il voto possono essere anti-politica. Quando superano il 50% diventano "politica" a tutto tondo, poiché qui non si parla di gente che se ne va al mare, o che se ne frega solo per disinteresse o per antipatie.
      I nostri politici parlano al popolo nei comizi, sui giornali, in televisione: tolti i fans non li ascolta più nessuno, non gli crede più nessuno.
      Il popolo, per fare politica, scende nelle piazze, protesta, sovente si incazza di brutto; in cambio riceve manganellate.
      Nelle "scese" in piazza, di volta in volta, ha protestato per le pensioni, per la sanità, per il lavoro, per le tasse, per la corruzione, per i privilegi medievali dei suoi rappresentanti.
      Ti risulta che questo popolo che fa politica in questo modo abbia avuto una, dico una, risposta?
      Ormai queste manifestazioni sono diventate puro folklore, e mi perdoni chi le organizza e chi ci partecipa nella convinzione di fare una politica dal basso.
      Esaurito quest'ultimo sistema per far pesare le proprie opinioni in maniera democratico-popolare, secondo te è alternativo andare a votare personaggi impresentabili, programmi vaghi quando non del tutto assenti, coalizioni che si creano sottobanco e che alla fine uniscono gruppi in contrasto ideologico e programmatico fino a subito dopo le elezioni?...
      Rifiuto il termine di anti-politico chi come ultima possibilità ha solo quella di mandare veramente affanculo il sistema, tutto il sistema.
      Mi sentirei più disonesto andando a votare chi e cosa assolutamente non mi convince, per onorare una politica che non c'è più.
      Ciao, una caro saluto anche a te.

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    3. Guarda, io la faccenda del non-voto non riuscirò mai a condividerla, perché all'atto pratico, e a dispetto della retorica delle dichiarazioni di circostanza quando le percentuali di astensioni crescono, ai partiti del non-voto non frega un accidente, in quanto di fatto totalmente ininfluente ai fini dell'attribuzione del potere. E ai partiti è questo che frega: l'attribuzione del potere, essere eletti. Che li elegga il 10% degli aventi diritto, il 30% o il 75%, per loro è lo stesso.

      Chi non va a votare di fatto non protesta, bensì esprime indifferenza, perché non gli importa in alcun modo di chi andrà al potere. Allora è assai più simbolica, dal punto di vista della protesta, la votazione della Scheda Bianca.

      Esiste un libro del grande José Saramago, intitolato "Saggio sulla lucidità" (che se non hai letto ti consiglio), che parla proprio di un'eventualità di questo genere, dunque non relativamente all'astensione, bensì alla "scheda bianca". Nel romanzo infatti, durante le elezioni di un paese non identificato, le schede bianche raggiungono l'80% e questo in qualche modo destabilizza il potere con estreme conseguenze.

      Tuttavia, anche nel caso raccontato da Saramago, quel tipo di manifestazione non viene vissuta come Rivoluzione dal popolo, ma solo come minaccia dal Potere (e questo finisce per andare - come al solito - a scapito del popolo).

      Ciao caro gattonero! :-)

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    4. Se devo essere sincero, non capisco la differenza tra il non-voto e la scheda bianca. Se fossi certo che la scheda bianca (che, comunque, non mi sentirei di lasciare immacolata, pur sapendo che da bianca diventerebbe "nulla") ha un peso politico diversamente tangibile, turandomi il naso già per entrare al seggio, la depositerei nell'urna.
      Non traspare nei commenti, poiché sono un tipo moderato, ma ho il dente avvelenato, il cuore spezzato e il didietro ormai sfondato... Da questi che, col voto, dovrei andare a ringraziare.
      Ciao ancora.

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    5. Per come la vedo io (e forse per come l'avrà vista anche Saramago nel suo libro di cui ti parlavo), la differenza tra scheda bianca e non-voto è tra fare qualcosa e non farla, tra esprimere qualcosa esplicitamente e non esprimere niente implicitamente.

      Se vai a votare scheda bianca stai dicendo esplicitamente allo Stato: sono uscito di casa, sono venuto al seggio, mi sono fatto la coda, ho fatto scrivere il mio nome sui registri, ma ho lasciato la scheda bianca perché non c'è nessuno che mi rappresenti.

      Se non vai a votare non stai dicendo niente a nessuno. Te ne sei stato a casa perché pioveva. Te ne sei andato al mare. Non te ne fregava niente. Ti sei dimenticato. Avevi un piede rotto. Avevi troppo da fare. Non trovavi la scheda elettorale. Eri in vacanza. Vale tutto, quindi non significa niente.

      Ciao gattone!

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    6. Ed è una differenza pseudo-filosofica, che dice tutto senza dire niente.
      Vedi la "scheda bianca" mi porta ad un qualcosa che nella mia esistenza ho sempre aborrito.
      Il "bianco" non mi porta a pensare a virginei abiti da sposa (anche se, oggi e pure ieri, la sposa che si presentasse biancovestita e veramente intonsa all'altare, non offenderti, non sarebbe neanche una marziana, ma, che so, venusiana, giovenale, saturniana, forse addirittura barbaricina); non mi porta ad abitini di prime comunioni; e neanche a camici bianchi di medici onesti...
      Il bianco mi porta alla mente "carta bianca", assegni in bianco, contratti in bianco...
      Tutte cose che confidano nell'onestà, nella capacità, nella buona fede, di coloro cui queste cose in bianco sono affidate.
      Speravo mi spiegassi una differenza "sostanziale" e tecnica tra una scheda in bianco e un non-voto; ma questa differenza non la riesco a vedere.
      Per quanto la mia scarsa capacità di intendere mi consente, in un foglio in bianco, sotto cui metto la mia firma, pur essendo ufficialmente e legalmente anonimo, tramite la registrazione di voto avvenuto, io affido a "chiunque" vada al potere (dici bene e dici giusto) la possibilità di fare quello che vuole, per il mio bene o contro di me. O contro la collettività, ovviamente.
      Se io non vado a votare, e come già detto ne ho millanta motivi, non affido a "chiunque" vada al potere la possibilità di fare quello che gli pare.
      Questo chiunque potrà avere il 49% di consensi (suddiviso tra i vari gruppuscoli che già si stanno formando in vista della scalata), ma quel "chiunque" non potrà ignorare per sempre che c'è un 51% che, a priori, lo ha rifiutato, chiunque sia.
      E, come ho già cercato di spiegare, sempre secondo il mio modesto, nullo, punto di vista, il non-voto con questi chiari di luna, potrebbe essere l'ultima, disperata, possibilità di far sentire una voce "politica" a una politica spartitica, intesa letteralmente proprio come "spartizione" delle nostre spoglie.
      E quando a questo 51% scoppieranno le tonsille nel gridare il loro silenzio, mettiti in salvo, anche su Marte arriveranno i lapilli.
      Beato te, che da lassù (o da laggiù, o dove diavolo hai la tua certosa) puoi sbattertene altamente di quello che avviene da noi. Forse proprio solo un marziano riuscirebbe a tirarci fuori da questo guano, in cui siamo immersi fin sotto il naso.
      E ormai non credo che si tratti di voto, non-voto, scheda bianca: è l'implosione di un sistema che di politico non ha più nulla.
      Ciao, Marzià, buona notte.

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    7. Il tuo ragionamento, secondo me, è fallace quando rimarchi: "quel 'chiunque' *non potrà* ignorare per sempre che c'è un 51% che, a priori, lo ha rifiutato". E dici *non potrà*. E invece lo potrà ignorare eccome. Anzi, se ne strabatterà le cosiddette. Il fatto che tu pensi che non lo possa ignorare è solo una convinzione personale, costruita sulla credenza che il non-voto possa incidere in qualche modo sul sistema e sulle persone che ne dispongono. Tuttavia di fatto non incide in nessun modo, proprio perché quel 51% di fatto non sta dicendo niente perché ci sono milioni di motivi per cui uno non è andato a votare. E anche (soprattutto) perché all'atto pratico, rispetto alle regole democratiche costituzionali, quell'astensione non ha alcuna implicazione pratica. Non serve a niente.

      Cosa credi che succederebbe se l'astensione arrivasse al 60%? Te lo dico io, niente di niente, tranne un bel po' di bei dibattiti a Ballarò, Porta a Porta e L'infedele. Fine.

      E' vero che - all'atto pratico - non incide nemmeno la scheda bianca, ma la scheda bianca è un atto, non un non-atto. E questo, ancorché una questione apparentemente di lana caprina o come dici tu giustamente pseudo-filosofica, è l'unica distinzione che a mio avviso può essere presa sul serio (come dice bene Saramago nel suo romanzo, che ti consiglio). Magari forse non dal potere, ma almeno dalle coscienze dei cittadini.

      Purtroppo queste sono le regole della democrazia che, peraltro, è ancora il sistema migliore che abbiamo. Sono le persone che la esercitano a non esserlo.

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    8. Purtroppo leggo il post solo ora e quindi solo ora rispondo nonostante il fatto che, per restare in tema, non avrà probabili effetti visto che è passato quasi un mese. Ma rispondo lo stesso ed esercito così la mia "azione" :-)
      Secondo me la differenza sostanziale, e non filosofica, fra il non andare a votare e la scheda bianca è il fatto che votando, pur se a vuoto, esercito il mio diritto di scelta, diritto conquistato a suon di lotte e battaglie, diritto che ormai diamo per scontato ma che scontato non è, diritto che vale la pena di esercitare prima che pure quest'ultimo atto di civiltà democratica venga a mancare.
      Questa è la differenza; e non la sento come solo filosofica. Può darsi che poi nel panorama politico non cambi nulla ma un popolo che se me frega o un popolo che, pur con una scheda bianca,
      dice: -mi fate schifo ma vengo comunque qui e vi tengo d'occhio- fa la differenza. E un popolo che tiene d'occhio, e te lo dice, ti assicuro che fa paura.
      SPB

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  5. alla base c'è la facilità con cui si ritengono intercambiabili i termini politica e partiti, che ormai si tratta di un errore entrato nell'uso comune. Pur trattandosi di una generalizzazione aberrante, antipolitica mi sembra comunque la definizione che si avvicina di più.

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    1. Ok, se politica = partiti, allora antipolitica = antipartiti: ci può stare. Tuttavia l'accezione che i media ne fanno e dunque il messaggio che passa subliminalmente al cittadino medio, secondo me, è sottilmente diverso.

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