Punti di vista da un altro pianeta

giovedì 3 ottobre 2013

La sindrome dell'autoscrittore

Se, come da sempre sostengo, l'introduzione delle tecnologie di wordprocessing, dagli antidiluviani WordStar su MS-DOS, agli avanzatissimi Word e OpenOffice, è stata l'introduzione del Male nel mondo letterario, avendo favorito la moltiplicazione del numero di (pseudo)scrittori in circolazione - provate a scrivere un romanzo a mano o con una Lettera 22, poi ne riparliamo -, l'arrivo dei Social Network, coniugato alla diffusione dell'ebook (e dunque alla sciagurata possibilità dell'autopubblicazione indiscriminata), è stato l'equivalente dell'evocazione della Bestia e di tutte le sue legioni di diavoli.

Perché ormai, se siete connessi a Twitter, Facebook, gruppi, pagine fan, ma anche a forum, blog eccetera, e vi interessate in qualche modo di letteratura ad ampio spettro, difficilmente riuscirete a scansare le legioni di sconosciuti autoscrittori cavalletta che, come l'ottava piaga d'Egitto, ti inseguono brandendo la segnalazione delle loro (imperdibili!) opere come asce. Seguono recensioni (sempre entusiastiche!), statistiche di vendita di Amazon (sempre ai primi posti!), estratti (mozzafiato!) e offerte speciali (presto, presto che scadono!). E lasciamo perdere i (penosi) booktrailer, grazie.

Ora, premessa l'odiosità di questo comportamento, invito tutti costoro - ma anche coloro che pensassero di seguirne le antipatiche orme - i quali avessero la (smisurata) fortuna di leggere questo post, di riflettere per un momento su cosa spinge un lettore (vero) a comprare un libro (vero). Esercizio tutt'altro che peregrino. Innanzitutto credo sia necessario distinguere tra diverse categorie di autori. Per esigenze di brevità, mi limiterò a tre significative: (1) gli autori famosi ai più (e affermati), (2) gli autori sconosciuti ai più (ma affermati), (3) gli autori sconosciuti ai più (ma esordienti, o comunque non affermati).

A tutti i lettori capita di leggere molti libri della categoria (1), da Wallace a Auster, da Dostoevskij a Melville ecc. ecc. ce ne sono a bizzeffe. Del resto, se sei un lettore (vero), serio e appassionato, e dunque ti informi, parli, discuti, cerchi, sei curioso, ami sperimentare, nel labirinto dell'editoria scoprirai anche scrittori della categoria (2) meno conosciuti, ma ugualmente validissimi, ancorché non illuminati dai riflettori della ribalta. In fondo queste due categorie coincidono nel fatto che si tratta comunque di scrittori che hanno raggiunto una legittimazione del pubblico a stare lì in base alla qualità del loro lavoro. Se però tu sei uno scrittore della categoria (3) - e non sei nemmeno mio amico - perché io dovrei acquistare un libro tuo, piuttosto che di uno dei milioni di altri sconosciuti come te, e dedicarti tempo prezioso (e insostituibile) della mia vita?

Comprare un libro, ancorché un ebook da pochi centesimi, significa comunque sborsare dei soldi, e nel caso dei libri i soldi si tirano fuori perché possiedono un qualche tipo di garanzia. Una garanzia che (parlo soprattutto della narrativa), se non è data dall'autore stesso in quanto sconosciuto, può anche essere solo sottoscritta implicitamente dalla casa editrice, di cui abbiamo imparato a fidarci perché sappiamo essere garante di scelte editoriali di qualità, o dalla collana, o dal curatore (se si è lettori così sofisticati da tenere d'occhio queste cose). Difficile che, in mancanza di uno di questi aspetti, si prenda in mano un libro di narrativa. Figuriamoci dunque quando c'è di mezzo l'autopubblicazione, in cui i tre suddetti aspetti sono del tutto assenti.

E allora? Allora, cari autoscrittori, che raramente perdete l'occasione di proclamarvi tali, considerate che si legge chi piace come scrive, chi piace cosa scrive, temi, stili, prospettive. Si legge chi in qualche modo si è imparato a stimare, direttamente, o perché qualcuno di cui ci fidiamo ci ha assicurato che in qualche modo può valerne la pena. Una specie di sponsor, insomma. Ma autorevole. Vi piaccia o no è così che in qualche modo funziona. Tutto il resto, fidatevi, è sollecitazione all'indisponenza (dunque controproducente) e un'illusione di possibilità di successo che invece è tempo prezioso buttato nel cesso.

14 commenti:

  1. Mi è capitato di leggere racconti autoprodotti (solo racconti, perché a mio modesto parere sono il biglietto da visita di uno scrittore e fanno perdere meno tempo) che il più delle volte sono stati perdite di tempo. Io ho questa strana sensazione che i motivi di tale diffusione siano due:
    1.L'effetto "specchietto per le allodole", cioè sembra che con Internet chiunque possa diventare famoso. E poi ci troviamo harlem shake e gam gam style che tanto "autoprodotti" non mi sembrano
    2.La totale mancanza di talento che fa virare verso strade all'apparenza "più semplici" (Internet, appunto).
    Naturalmente non sto generalizzando perché in questo senso anche le case editrici hanno delle grosse colpe. Non è che Stephenie Meyer (nome a caso, eh!) sia garanzia di qualità, eppure ha venduto milioni di tuailait. Stesso vale per molti altri (vedi le 50 sfumature). Però se uno legge Harmony è perché qualcuno gli garantisce che lì dentro troverà quello che cerca. Non è solo un discorso di qualità.
    E poi arriviamo al punto, che secondo me è il vero male dei mali: non legge più nessuno. Sembra una frase fatta e di circostanza ma è vero. Il senso che voglio darne io è che in un momento di crisi, in cui lavoro ce n'è poco, troppi si buttano nella scrittura e pochi nella lettura, il ché è comprensibile da un lato ma totalmente sbagliato dall'altro e si vedono nascere "autoprodotti" come fossero funghi, a volte molto velenosi per chi legge con passione.
    Scusa la pappardella ma hai scosso il lettore furente che c'è in me! ;)

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    1. Lieto di avere scosso il Lettore Furente!
      Ci sono tanti fattori. Di certo si è moltiplicato il concetto che sia possibile (e facile) riuscire ed essere famosi, anche perché esistono molte più possibilità per provarci o illudersi di farlo.

      Quanto al fatto che "non legge più nessuno", mi chiedo: ma ha mai letto qualcuno? Che ha come corollario l'altra domanda cruciale: tra gli autoscrittori, quanti Lettori (veri) ci sono?

      Riuscire a suscitare pappardelle come le tue, ovvero opinioni interessanti e motivate, è sempre gratificante e molto ben accetto! ;-)

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  2. Mi capita spesso di leggere e recensire le opere di sedicenti scrittori, molto molto permalosi.
    La verità è che si tratta perlopiù di robaccia, e mi duole ammetterlo dato che vedevo nell'autopubblicazione una possibilità e non un ripiego.

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    1. Domanda spontanea: e allora perché ti ostini a leggere e recensire quella che si rivela essere per lo più robaccia? ;-)

      In realtà è una possibilità per un'esigua minoranza che viene soffocata dal ripiego di tutti gli altri.

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    2. Perché mi piace spaziare tra generi e autori diversi, leggendo classici, esordienti e scritte nei cessi degli autogrill.
      PS: anch'io ho un manoscritto teoricamente pronto per la pubblicazione, e non ho ancora deciso se tentare la via dell'editoria tradizionale o del self. Però nella scrittura son piuttosto "stitico", quindi diciamo che mantengo alta il rapporto libri letti/scritti :-)

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    3. Spaziare tra generi e autori diversi è un conto, beccarsi robaccia è un altro... Per il resto spesso non ci sono abbastanza cassetti.

      Quanto al famoso Rapporto, visto che "fisiologicamente" i tempi di scrittura sono molto più lunghi di quelli di lettura, quel rapporto DEVE essere comunque sempre alto. Se è basso, c'è qualcosa che non va.

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  3. Parole SANTE. Da autore della categoria 2 quale (im)modestamente mi considero, mi sono sentito intralciato dalle cavallette mitomani fin già dai miei primi passi, più di vent’anni fa, perché le migliaia di loro plichi che andavano a intasare le redazioni (che per difesa si chiudevano a riccio) impedivano materialmente a gente magari davvero brava ma priva di conoscenze o raccomandazioni di venire letta, di superare (o anche solo affrontare) la scrematura del purtroppo necessario ponte levatoio per avere accesso al Castello. Adesso è mille volte peggio: internet poteva essere la carta vincente per quei bravi outsider esclusi dal grande giro (e in piccola parte lo è, perché se Quattro soli a motore ha conquistato qualche centinaio di lettori VERI e appassionati e desiderosi di buoni romanzi lo devo quasi esclusivamente al mondo dei blog!) mentre invece si è trasformato nella piazza del mercato sovraffollata e impazzita in cui milioni di piazzisti del proprio ego (grazie alla facilità di pubblicazione e ai prezzi ridicolmente bassi che attirano i braccini corti, o almeno impietosiscono gli amici) strepitano per imporre il proprio prodottino, annullando quasi del tutto le speranze di chi merita, condannato a veder soffocata la sua voce fra le grida di una massa di venditori self-strilloni di gran lunga più numerosi dei possibili acquirenti. Ottenendo oltretutto l’effetto contrario: il buon lettore come te, disorientato, infastidito, indispettito, impossibilitato nel separare la gramigna, tornerà a rifugiarsi nei consigli quasi sempre in malafede della critica al servizio della grande editoria, finendo col comprare libri altrettanto scarsi e detestabili, ma che almeno non conterranno cinque refusi e quattro baggianate per pagina…
    Siamo alle solite: non si vuole capire che un mondo in cui parlano tutti è un mondo in cui non parla nessuno. Si loda tutti la meritocrazia, ma NON nel campo verso cui la cieca ambizione ci spinge.
    Se queste migliaia e migliaia di aspiranti scrittori italici avessero l’umiltà di mettersi a leggere (parole sante pure quelle di Eddy!) anziché pubblicare a raffica i loro capolavori, magari col tempo e la pazienza e l’applicazione sei o sette di loro diventerebbero Scrittori, e tutti gli altri diventerebbero Lettori. Ricreando così un rapporto numerico autori-lettori da paese civile, cioè simile a quello, ad esempio, della Francia.

    p.s. A sostegno di quanto dice Alessandro alla fine del suo commento, aggiungo che neppure io considero autopubblicazione ed ebook come “il diavolo” di per se stessi. Se arriverò a farmi conoscere abbastanza, e ad avere così qualche speranza in più di emergere dalla gramigna intricata di cui si parlava, sono soluzioni che in futuro potrei prendere in considerazione. Anche perché penso che il lavoro dell’auore-artista meriti più rispetto dal punto di vista delle percentuali: magari non il 70% di cui si parla a proposito di Amazon, ma neppure il 4% oil 5% cui è abituata (spesso perché costretta dai costi e dalle troppe entità che ci mangiano sopra di passaggio) l’editoria tradizionale.

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    1. Aggiungo solo che un mondo in cui parlano tutti è un mondo in cui non ASCOLTA nessuno. Per il resto, hai detto tutto, caro Zio.
      Un abbraccio!

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  4. Mah...Non avendo mai avuto fb, twitter, istagram etc...non mi pongo proprio il problema...Buona lettura!

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  5. Mah...non avendo mai avuto fb, twitter, istagram etc...non mi pongo proprio il problema. Buona lettura! f (33)

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