Punti di vista da un altro pianeta

lunedì 13 settembre 2010

Un marziano a Berlino (1 di 2)

Quali sono le ragioni per cui una città ti resta nel cuore e un'altra invece no? Per le curve delle sue architetture? Per gli zampilli delle sue fontane? Per il fiato che i suoi spazi rapisce? Per il tono del colore del suo cielo? Per i profumi dei suoi quartieri? Per gli sguardi dei suoi abitanti? O per lo stato d'animo con cui la vivi? Insomma, prima di partire, Berlino per me era una scatola nera. Chiusa. E neanche a scuoterla, riuscivo a immaginare che cosa aspettarmi. Perché forse anche a causa dei suoi trascorsi bellici (e pre-bellici), Berlino è stata scacciata dal giardino dell'immaginario popolare, al contrario di Parigi e Londra. Quasi una punizione divina. Dunque per chi, come me, non c'era mai stato, Berlino non era più di una bandierina su una mappa di Google.

È anche vero che qua e là su Berlino ho letto meraviglie. Fantastica! La più bella città d'Europa. «Ci andrei a vivere di corsa!» La Marlene Dietrich delle città, insomma. Tuttavia ci vuole molta più energia a criticare che a lodare. O molto più coraggio. Perciò, quando sono emerso dalla metropolitana che mi ha portato in centro dalla periferia dove ho l'hotel, e mi sono calato nella sua realtà, non avevo con me un campionario di aspettative da liquidare in saldo. Ero come il sensore di una macchina fotografica che non ha ancora visto la luce. Eppure, ho sentito che Berlino non mi accoglieva. Mi raccontava la sua storia importante, interessante e travagliata, ma con urbana freddezza, come una donna che lo capisci da come ti guarda e da come mette le mani, che ti tiene a distanza, che ti fa capire di essere irraggiungibile. Proprio come Marlene Dietrich.

Sulle prime ho pensato di essere vittima di un accidente comunicativo. Se non capisci un tubo di tedesco, aggirarti per una città in cui ogni insegna, ogni pubblicità, ogni indicazione è scritta in un idioma a te del tutto - tranne in rari casi - estraneo, non aiuta al reciproco avvicinamento. Per cui potrebbe essere un gioco da ragazzi per il tuo inconscio trasferire la colpa della tua ignoranza in un preteso rifiuto della città nei tuoi confronti. Ma non mi sembrava abbastanza. Così ho ritenuto che fosse colpa (anche) della pioggia battente che ha messo a dura prova le mie antenne e in solo mezza giornata ha violato la finora supposta impenetrabilità della mia giacca impermeabile che era riuscita a passare indenne sia alle più violente piogge irlandesi, che ai nubifragi estivi della Scozia. Ciò nonostante non volevo credere nemmeno a questo. Certo, trovare alle 18:30 la toilette dell'Europa Center di Budapester Straße sprangata come Fort Knox, perché alle 18 chiude (NB quando però il centro commerciale chiude dopo le 19), non fa un'ottima impressione alle viscere in ambasce. Ma non poteva questo bastare a farmi abbandonare la convinzione ostinata che ci dovesse essere dell'altro, dietro. Qualcosa di più spesso ed etereo insieme. Uno spettro che mi inseguiva. Era come se lo intuissi con la coda dell'occhio, ma sparisse una volta inquadrato di fronte. A domani per (forse) la soluzione.

/continua

15 commenti:

  1. "Dunque per chi, come me, non c'è mai stato, Berlino non è più di una bandierina su una mappa di Google."
    Vero, verissimo. Non mi ha mai attirato molto, eppure quasi tutti me ne hanno parlato bene...

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  2. che si tratti, molto banalmente, di città "non a misura d'uomo?" A me lo stesso effetto, di opprimente estraneità rispetto alla mia anima, l'ha sempre fatto la pur vicinissima Milano...

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  3. ... ... ... Suspance ... ... ... (Che poi quella che hai percepito tu è la stessa sensazione che mi ha dato la Berlino di Wim Wenders, pur non essendoci mai stata di persona)

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  4. @Alessandro Cavallotti: come dicevo, anche io ne avevo sentito parlare solo bene. E questo, a posteriori, mi è suonato come un paradosso...

    @Zio Scriba: e dunque viene da chiedersi: "Che significa davvero l'espressione 'a misura d'uomo'"? Se è vero che è l'uomo che fa le città, può l'uomo fare qualcosa non a misura di se stesso? Sembra un paradosso. E' soltanto colpa della "misura fisica" degli edifici (troppo grandi) o delle strade (troppo larghe) o dell'inquinamento (troppo puzzolente)?

    @Vaniglia: in effetti ne "Il cielo sopra Berlino" è rappresentata tutta la contraddizione dell'esistenza umana. Da un lato c'è la sensazione di estraneità dell'uomo, ovvero la sua difficoltà a trovare un posto, una via, nel mondo.

    Dall'altro il sommo desiderio dell'angelo di essere uomo perché amare per un solo minuto è sufficiente alla realizzazione dell'uomo sulla Terra.

    E nel suo racconto Wenders fa coincidere metaforicamente il mondo proprio con Berlino.

    Forse tra tutte le città possibili Wim Wenders ha scelto proprio Berlino, non solo perché è tedesco, ma perché Berlino gli comunicava quella sorta di contraddizione che ho sentito io? E' davvero molto interessante questa considerazione. A domani per sciogliere la suspense e magari fare qualche osservazione in più su questo aspetto.

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  5. Marziano F. e i blogger dello zoo di Berlino... Berlino mi manca... Ci sono andati dei miei amici e non me ne hanno parlato in toni entusiastici.

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  6. A me la Berlino di Wim Wenders è sembrata più autentica e meno estraniante di quella reale. Trovarmi fra quelle strade così larghe, così lunghe, fra quegli edifici enormi e moderni mi ha fatto sentire poco la vita della città.
    Sarà che sono abituata ai caruggi di Genova, sporchi e angusti, pieni di gente di tutti i colori, ma Berlino, così bionda e ordinata, mi è sembrata finta e tanto distante.

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  7. non ci andrei… ma allo stesso tempo farei uno sforzo per verificare! Mi piace anche smentire o provare le medesime (mai uguali) sensazioni di un altro viaggiatore! :)

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  8. @Il rospo dalla bocca larga: i tuoi amici sono i primi di cui non sento parlare bene di Berlino...

    @knitting bear: non credo sia un problema di autenticità. Del resto la finzione presuppone l'esistenza di una qualche realtà che la finzione dissimula. La Berlino che hai visto è autentica, come pure quella che ho visto io. Ma esistono forse dei filtri che gli mettiamo davanti noi, a farci credere qualcosa che non è? Insomma, dove sta l'autenticità? Nell'aderenza alle aspettative?

    @petrolio: domanda: perché non ci andresti?

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  9. @ Marziano: è probabile che la mia interpretazione sia ruto di preconcetti, ma in certi momenti ho avuto la sensazione che fosse un posto non usato, non vissuto davvero. Questa è un'impressione che non ho avuto in altre grandi città come Londra o Parigi.
    Non voglio aggiungere altro perchè aspetto la seconda puntata.

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  10. Il mio primo giorno trascorso in germania mi hanno fatto cenare alle 16.30, ho pensato "cavolo, sono su un'altro pianeta!" Ne ho avuto la conferma quando mi hanno servito a cena per sissertarmi un tè al karkardè con panna montata ! Della germamia ho dei bellissimi ricordi e ad esempio Kafka letto in tedesco non ha paragone...

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  11. Bè anche io ho dei bei ricordi della germania poi io amo le culture culinarie e non solo straniere soprattutto tedesca come ricordo che la mattina mi servivano il vino caldo molto scuisito con tipi di insalate con la majonese o come anche il salame e il prosciutto cotto.po a parte questo sono anche molto informatissimi del loro posto.Cmq molto interessante il tuo blog se volete potete fare un salto al mio blog

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  12. @knitting bear: molto spesso non sappiamo nemmeno di averli, i preconcetti. Ti aspetto sull'altro post. ;-)

    @diz: andiamoci piano col parlare di "essere su altri pianeti"...! :D
    Sulla panna montata, devo ammettere che all'estero ne abusano fin troppo, mentre circa Kafka in tedesco non riesco a comprendere il tuo piacere, visto che per me sono off-limits anche i menù dei ristoranti.

    @metal_djinn: considerare la Germania come una "cultura culinaria" mi sembra un filo esagerato. A parte nella cucina dei derivati del maiale - e anche su quella ci sarebbe da sindacare - non è che abbia visto tutta questa varietà, sapienza e creatività ai fornelli. E circa il loro essere informatissimi del loro posto, ebbene, nella mia esperienza se lo sono per lo più se lo tengono per loro. Magari sono solo timidi.
    Grazie dell'apprezzamento. :-)

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  13. ach ! 10 anni di lingua tedesca e un tempo di vita vissuta oltre Reno

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  14. è la mia eterna indecisione… vado, non vado, poi vado! perché sono una curiosa malata! ci andrò ci andrò!

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  15. @diz: e allora non posso certo competere con la tua teutonicità. ;-)

    @petrolio: a volte l'indecisione (e lo dico pensando a me stesso) può forse essere un sintomo di pigrizia, più che di vero tentennamento. Ma qualsiasi cosa sia, bisogna scrollarsela di dosso e buttarsi. Dunque, buon viaggio!

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