Punti di vista da un altro pianeta

lunedì 6 settembre 2010

Esperimento di filosofia podologica

L'avete mai visto un piede? Voglio dire, osservato per bene, a lungo e da distanza ravvicinata? Va bene un piede qualsiasi, il vostro o quello del vostro vicino di ombrellone, purché possibilmente senza fronzoli, smalti alle unghie, tatuaggi, cavigliere, anelli o altri ninnoli. Un piede. Nudo e crudo. Al naturale. Magari appena prima di una sessione di pedicure, con le sue dita, le sue unghiette - un filino lunghe è meglio - i suoi calli e i suoi ispessimenti sul tallone. Ebbene, se non l'avete mai fatto, vi consiglio di farlo. Svuotate la vostra mente da altri pensieri, e restate a fissarlo per un po'. Solo lui, separato dal resto del corpo. Ma non cinque secondi. Abbiate un po' di pazienza. Fatelo per almeno alcuni minuti. E vedrete che, se vi sarete concentrati abbastanza, dopo un po' succederà qualcosa di strano, qualcosa di molto simile a quello che accade quando fissate per un po' le lettere di una parola. La parola è come se esplodesse, perdendo i suoi attributi di significato, come se fosse oggetto di una regressione alla radice del segno. Allo stesso modo, vedrete che l'arto (vostro o di un altro) smetterà di essere l'appendice corporea umana che nascondete nelle scarpe e che siete abituati a conoscere fin dalla vostra nascita, e tornerà indietro fino al suo primigenio significato animale.

Dopodiché vi serve un orso. Lo so che non è facile, ma fate uno sforzo. Per l'esperimento sarebbe meglio un orso dal vivo, in quanto una fotografia può non sortire l'effetto desiderato. Ma in mancanza d'altro, potete provare anche con quella. Il punto è che - comunque sia - ciò che vi serve è un bel piede di orso. L'esperimento io l'ho fatto all'Alternativer Bärenpark di Worbis, minuscola e caratteristica cittadina a una sessantina di chilometri a sud est di Göttingen, la celebre città universitaria nel cuore della Germania ai margini meridionali della Bassa Sassonia. Dunque, a nessuno verrebbe in mente di venire a Worbis, se non ci fosse questo fantastico parco che, in una cospicua superficie boscosa, in cui praticamente in gabbia ci sei tu - visitatore - mentre gli animali sono liberi intorno a te, ospita soprattutto numerosi esemplari di orsi e lupi, i primi recuperati in giro per il mondo da situazioni di maltrattamenti, prigionia e condizioni di vita penose. Qui i plantigradi vivono nella natura in pace e serenità, accuditi con amore e rispetto dagli addetti al parco. E, benché non siano del tutto liberi di andare dove gli pare e piace - malgrado l'ampissima superficie di cui dispongono, c'è naturalmente una recinzione esterna -, credo che questa soluzione consenta loro un'esistenza più che soddisfacente, soprattutto se rapportata a quella che facevano prima. Ma torniamo all'esperimento.

Avrete notato che sopra ho chiamato gli orsi "plantigradi", ovvero - per chi non lo sapesse - mammiferi che camminano poggiando a terra l'intera pianta del piede. Anche voi umani, per esempio, siete "plantigradi". Come pure noi marziani. Dunque cercate un piede di orso e fate la stessa cosa che avete fatto con quello umano. Fissatelo per qualche minuto. Di sopra, ma anche dal lato degli artigli e della pianta. Come già successo per quello umano, dopo un po' vedrete che anche il piede di orso perderà i suoi connotati di piede di orso, per regredire verso un'immagine concettuale che è sorprendentemente sovrapponibile a quella ottenuta durante l'osservazione del piede umano. In altre parole, attraverso questo semplice esperimento, si raggiunge la percezione della consapevolezza di una "vicinanza" animale con l'orso. Ma non fatevi fregare pensando si tratti di un semplice riconoscimento di somiglianza. Perché la sensazione, che pur forse c'è, non si limita a questo. È qualcosa di più intimo e arcano. Il recupero della cognizione di un profondissimo e indissolubile legame ancestrale che ogni essere intelligente (umano come pure marziano) ha con la propria natura animale, che migliaia di anni di (pretesa) civiltà hanno fatto senza dubbio perdere di vista, ma che non può essere cancellato dal tessuto della realtà.

Terminato l'esperimento, quando vedo uno degli orsi sguazzare nel laghetto giocando con un tronco, non posso fare a meno di pensare che molto probabilmente lui è molto più felice di tanti visitatori che si trovano qui (anche di me), e che ciascun essere umano potrebbe vivere molto meglio se solo fosse capace di recuperare almeno un po' della sua ursinità ancestrale.

/continua

24 commenti:

  1. Questo esperimento mi ricorda un libro che ho letto molti anni fa, quando cercavo di imparare a disegnare. Si intitola "Disegnare con la parte destra del cervello" (di Betty Edwards) e prevede un esercizio simile al tuo: osservare un piede o una mano, cercare di disegnarlo senza riprodurlo in quanto tale, ma tracciando le linee senza pensare che sia un piede o una mano e senza guardare il foglio. Sulle prime è un po' estraniante, ma è un'operazione che ha risultati sorprendenti sulla capacità di vedere le cose.

    Quanto al recupero dell'ursinità ancestrale, con me sfondi una porta aperta, e poi l'Alternativer Baerenpark è bellissimo.

    RispondiElimina
  2. di Göttingen mi ricordo gli alloggi universitaria e la serra...vabbè, io provo con piedi umani ma spero di non fare esplodere troppe verruche !

    RispondiElimina
  3. @knitting bear: vero, è una cosa molto simile. Guardare una cosa spogliandola delle sovrastrutture che siamo soliti conferirgli con la ragione e la cultura, per ridurla alla sua essenza primordiale.

    Per quanto riguarda l'ursinità, con te mi sa che non è una porta aperta, mi sa che manca proprio la porta. :D

    @diz: in realtà l'Alternativer Baerenpark non è a Göttingen, ma a Worbis, cittadina che sta a una sessantina di chilometri a sud-est di Göttingen. A proposito, riguardo a Göttingen ti rimando al prossimo post.
    PS Careful with that foot, diz.

    RispondiElimina
  4. Mi capita di avere pensieri molto simili a quello tuo conclusivo quando passeggio attorno al lago, invidiando di un'invidia dolce le folaghe e i cigni per la loro esistenza placida e liquida: se sistesse la reincarnazione, credo che diventare uno di loro sarebbe una promozione, e non una retrocessione!

    Quanto al giustissimo discorso di vicinanza e parentela, basti pensare a quanto poco diverso sia il nostro DNA rispetto a quello dei moscerini...

    RispondiElimina
  5. Malgrado non ami per nulla i parchi in cui gli animali non siano 'completamente' liberi, questo parco mi piacerebbe molto visitarlo! Che bel post pieno di intimità e di uguaglianza con l'animale, sembra un esercizio per non sentirci esseri superiori! ;)

    RispondiElimina
  6. Grattarsi la schiena contro lo stipite della porta può essere visto come un tentativo di "recupero della propria ursinità ancestrale"? Perchè è una delle cose che fa mio padre e che ho volutamente tralasciato di citare nel post in suo onore, ma che a sto punto acquista un nuovo e pregnante significato!

    RispondiElimina
  7. Bellissimo post. Provo delle sensazioni simili quando per l'appunto libero i miei piedi dalla "gabbia" in cui sono confinati e ritrovo il contatto con il terreno. Per qualche istante il mio cervello sostiene essere una cosa innaturale poi però si attiva quel processo di cui parli e ritorno alle origini. In questo caso non è un effetto ottico che tramuta in sensazione ma una presa di coscienza diretta. Interessante l'esperimento, un pò difficile trovare un orso ma mi guardo un pò in giro, qualcosa uscirà.
    Yin

    RispondiElimina
  8. bene aspetto, occhio alle parole di Barbara (http://www.youtube.com/watch?v=a2rU2NeSlpo&feature=related)

    RispondiElimina
  9. @Zio Scriba: mi illudo che sentirsi più vicini agli animali, comporti sentirsi più vicini anche agli uomini (o ai marziani), o per lo meno a riconoscere quelli che lo meritano.

    @petrolio: E' un esercizio per non sentirci superiori, ma è anche un esercizio per mettere in discussione il nostro schema di vita.
    Quanto ai "parchi" in cui gli animali non sono completamente liberi, ti assicuro che a Worbis stanno molto meglio di dove stavano prima. In genere, se gestiti con criterio, i parchi e gli zoo moderni dovrebbero adottare una politica di recupero degli esemplari e non di cattura dallo stato selvatico, e fornire agli animali un'adeguata superficie di territorio. In tal senso trovo che non ci sia nulla di male, anzi, è una pratica che va sostenuta e incoraggiata.

    @Vaniglia: grattarsi la schiena contro lo stipite della porta è un po' poco, ma può essere un indizio che c'è qualcosa di peloso che si nasconde nel sottobosco...

    @Erotici Eretici: ti ringrazio dell'apprezzamento. Se si ha una disponibilità interiore a "sentire" il mondo, il processo può avvenire in modi diversi. Anche, per esempio, fissando il mare aperto...

    @diz: grazie della segnalazione, non la conoscevo. Molto bella...

    RispondiElimina
  10. Ho fatto come hai detto, mi sono fermato ad osservare i piedi di una tizia sdraiata vicina a me in spiaggia.
    Poi però mi sono eccitato e ho rinunciato a cercare la foto di un orso preferendo un aperitivo con la donna in questione.
    Umani, gente materialista, che vuoi farci...

    RispondiElimina
  11. mi son bloccata a metà lettura. i piedi, per me, sono un film dell'(h)orrore. chi mi fa un riassunto?

    RispondiElimina
  12. Bravo marziano. Troppo spesso dimentichiamo di essere animali, appartenenti allo stesso regno degli orsi, dei coralli, delle iguiane, dei tafani e pure della tenia saginata.

    RispondiElimina
  13. @Emix: ahia, temo che tu non abbia seguito scrupolsamente le Istruzioni. Prova a farlo con quelli del bagnino. Vedrai che non sarai distolto dal pensiero dell'aperitivo.

    @ciku: i piedi non mordono sul collo, né ululano alla Luna Piena. Se vuoi riuscire nell'esperimento devi provare a farcela da sola.

    @Inneres Auge: mi sa che hai letto "Il lercio" di Welsh...

    RispondiElimina
  14. Facendo il tecnico ortopedico di piedi ne vedo a bizzeffe, di ogni tipo... Ma quelli d'orso mi mancano... Curioso esperimento comunque, va detto, e solo i tedeschi potevano avere questa idea...

    Se basta una foto per quello dell'orso, prometto che proverò! :D

    RispondiElimina
  15. @Il rospo dalla bocca larga: i tedeschi con l'esperimento non c'entrano nulla. Loro ci hanno messo gli orsi. L'esperimento è tutta farina marziana.

    Il problema è che una foto non ti mostra mai il piede nella sua interezza tridimensionale. Ma, come dico nel post, si può fare un tentativo.

    RispondiElimina
  16. Bello. Un esperimento di meditazione, più che di filosofia - se non per la cognizione "unionis, quam mens cum tota natura habet".
    Solo una cosa: mi racconti poi come hai fatto a convincere un orso che se ne stava là libero e felice a darti un piede da osservare per cinque minuti? Io non ce la farei neanche col vicino di ombrellone, anzi, neppure col me òm :)

    RispondiElimina
  17. @Ipazia: grazie, Ipazia. Comunque non serve che il piede dell'orso se ne stia fermo immobile. Puoi benissimo osservare il piede dell'orso, inseguendolo mentre l'orso si fa i fatti suoi, cosa che peraltro è decisamente meglio lasciargli fare.

    RispondiElimina
  18. non vale: quell'orso si era fatto il pedicure, si vede

    RispondiElimina
  19. ma i piedi dell'orso quali sono? Io vedo un piede umano in alto e poi giù la foto del piede di Borghezio retto dalla mano del Trota, di cui c'è anche una foto in mezzo, ma non si vede perché è sott'acqua

    RispondiElimina
  20. @metropoleggendo: vale vale. La regola di osservazione pre-pedicure è applicabile solo ai piedi umani.

    @Ubi Minor: passi la mano del Trota, ma come diavolo fai ad avere tanta familiarità col piede di Borghezio da saperlo riconoscere al volo?

    RispondiElimina
  21. conosco il nemico da capo a piedi...appunto ;)

    e cmq è colpa degli equinozi!! M'hai smontato una teoria :(

    RispondiElimina
  22. @Ubi Minor: secondo me ci sono parti anatomiche del nemico che sarebbe meglio evitare di conoscere...

    Morta una teoria se ne fa un'altra.

    RispondiElimina
  23. Bellissimo post, permeato dello stesso stupore che ha portato quasi tutti i popoli dell'emisfero nord a riconoscere nell'orso un essere ancestrale, spesso progenitore di uomini e genti.
    Il tuo esperimento può spiegare ancora di più questo fenomeno culturale se "espandi" la percezione non solo al piede, ma al corpo intero. Quanto sono differenti Homo e Ursus? Plantigradi, postura eretta, uso degli arti ecc.
    Ricordo che il mio professore di disegno quando dovevamo sfumare dei colori ci diceva di socchiudere gli occhi e di disegnare così, in modo da cogliere la sfumatura senza soffermarci su questo o quel colore. Beh fra le nostre due specie se socchiudessimo gli occhi sarebbero tante le omologie riscontrabili, e qui ritorniamo alla potenza simbolica che l'orso riveste per l'uomo. Sono completamente d'accordo con Ipazia quando dice che è un esperimento di meditazione, perchè lo è. E' come scavare nel nostro più profondo subconscio e riconoscere qualcosa che è presente in noi da sempre: l'appartenenza a qualcosa di più grande, un legame indissolubile con una "madre" che ha generato figli differenti ma pur sempre fratelli.

    RispondiElimina
  24. Grazie, Enzo. Hai aggiunto tutto quello che si doveva aggiungere.

    RispondiElimina

Poiché vorrei evitare di attivare la moderazione, vi prego di moderarvi da soli. Grazie.

License

Creative Commons License
I testi di questo sito sono pubblicati sotto Licenza Creative Commons.

Statistiche

Blogsphere

Copyright © Il grande marziano Published By Gooyaabi Templates | Powered By Blogger

Design by Anders Noren | Blogger Theme by NewBloggerThemes.com