Punti di vista da un altro pianeta

lunedì 12 dicembre 2011

La crema elettronica e l'inchiostro chantilly

Se ne dicono di cose sugli e-book. Ne ho già scritte alcune anch'io, magari cadendo pure in contraddizione. Perché gli argomenti a riguardo sono controversi e dovrebbero essere affrontati con oggettività, senza romanticismi o emotività, spogliandosi il più possibile dalle rigide programmazioni delle nostre abitudini. Ci sono quelli, ovvi, sul risparmio di milioni di tonnellate di carta. E ci sono quelli, abbastanza inoppugnabili, che vedono un futuro degli e-book legato soprattutto alla didattica. Nessuno potrà negare il passo avanti (non solo osteoarticolare) nell'evitare una gioventù di zaini piombati da libri e dizionari. Lo stesso vale per la fredda manualistica e l'editoria tecnica. Nessuno rimpiangerà l'odore della carta nel leggere un manuale di Visual Basic o di Python su un e-reader, ma nemmeno un articolo di psicoterapia transculturale. Le cose però si fanno più complicate quando ci si trova a parlare di e-book e narrativa, ovvero quando nell'atto del leggere ci sono di mezzo le suggestioni dell'immaginazione.

Questa considerazione mi è sorta mentre leggevo Voci dalla luna, di cui ho parlato nel mio precedente post, romanzo breve di Andre Dubus edito da Mattioli 1885 in un'edizione davvero deliziosa. Ebbene, quando ho preso in mano questo libro, non ho potuto fare a meno dal provare un piacere fisico per quell'oggetto. Per la scelta della copertina in cartone opaco martellato che coccola i polpastrelli, per l'ossimoro degli angoli arrotondati delle pagine che ti vien voglia di accarezzarli, per la tonalità dolce della carta come una crema chantilly, per la sorpresa del carattere tipografico come un panorama inedito dietro una curva, per l'impaginazione che ti fa respirare. Piaceri che di certo non avrei provato se l'avessi avuto in formato e-book.

Aggiungo che queste considerazioni provengono da un feticista del libro, da uno che i libri li legge ma li rimette a posto che non sembrano neanche stati aperti, da uno che i libri non li presta neanche sotto tortura. Così mi sono chiesto se la mia lettura del libro di Dubus e la mia assai elevata considerazione di esso si siano giovate di una sorta di super additivo dovuto alla materialità del libro. In fondo la storia è la storia, no? I concetti sono sempre i concetti, no? Le emozioni che trasmettono le parole sono le stesse, perché le parole sono le stesse anche lette mediante uno schermo e-ink, no? No. E sì. Cioè, ci sono a mio avviso due considerazioni da fare. La prima è una metafora. Perché mai quando consideriamo i piaceri del gusto ci pare ovvio che "anche l'occhio vuole la sua parte", mentre per i piaceri della mente dovremmo sbattercene? Dell'occhio, come pure di tutti gli altri sensi (ovvero appiattirli sui sensi sempre uguali restituiti dall'e-reader)? La seconda è legata a quella che potrebbe essere un'associazione implicita e istintiva tipica del lettore. Nel suo essere fisico, il libro esiste, e se il libro ci parla di vita, tutta la vita di cui parla esiste un po' di più se possiamo toccarla.

Ebbene, tutte queste considerazioni sembrerebbero farci fuggire a gambe levate dall'e-book. Tuttavia non credo che sia così. Anzi, queste riflessioni mi hanno portato a una conclusione a mio avviso la più sensata e ragionevole possibile, che potrebbe mostrarci un interessante orizzonte (editoriale) per il futuro. Vediamo se qualcuno di voi ci arriva. Ne parliamo comunque nel prossimo post.

/continua

17 commenti:

  1. Io non sono un tipo "tecnologico", non uso neppure il t9 per gli sms, e adoro i libri e il loro odore.
    Eppure, sia a livello editoriale che organizzativo, non mi pare che l'e-reader sia una brutta idea.

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  2. rimarrano i libri stampati per i romantici come noi...pari ai cioccolatini di lusso

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  3. In attesa del prossimo post, stavolta mi limito a concordare... praticamente su tutto.

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  4. Non so se la conclusione di cui parli è questa, ma credo che accadrà entro una decina d'anni al massimo: il libro in hardcover, curato, di pregio e dal costo piuttosto alto (come quello di Dubus, che al solito mi hai invogliato a leggere), resterà in vita; il tascabile verrà fagocitato dall'ebook.

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  5. @MrJamesFord: difatti non lo è. Il punto è da un lato la ritrosia a cambiare un supporto così "perfetto" come il libro (come dice giustamente Zio Scriba), dall'altro il capire in che modo possiamo aspettarci che cambierà. Del resto quando ha potuto la tecnologia ha sempre cambiato le nostre abitudini e l'e-book non farà difetto in tal senso. Senza contare che il problema in un certo senso sarà solo nostro, ovvero della generazione che vive il cambiamento. Per le prossime il rischio di non sapere neanche che cos'è il "libro cartaceo" è assai realistico.

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  6. @D.: nostalgie e romanticherie valgono, sì, ma comunque fino a un certo punto. E poi i cioccolatini di lusso mica sono una romanticheria: sono strafottutamente buoni e basta! ;-)

    @Zio Scriba: ti ringrazio, caro Zio, e dunque ti do appuntamento alla prossima.

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  7. @abo: sì, la conclusione è di fatto più o meno come dici tu al 90%. Ma c'è un aspetto editoriale ulteriore che però non dico adesso, altrimenti non mi leggi il prossimo post! ;-)
    Quanto a Dubus, allora mi farà piacere avere le tue impressioni.

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  8. Orsu sono buoni si, ma se li compro nel negozio specializzato che sa di cioccolato e non al supermercato mi sento romantica... potevo scrivere "vieux jeu", ma non mi sento così vecchia...

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  9. Si tratterà della stampa "on demand"? Ci sono quantità enormi di libri irreperibili e che non vengono ristampati per ragioni "di mercato", come ci sono libri che non vengono stampati proprio, perché potrebbero interessare un pubblico troppo limitato. Si tratterebbe di trasformare le librerie collegandole in rete con tutti gli editori e tutte le biblioteche, da cui visionare e scaricare, a costi contenuti, e-book ma anche pdf o altro da stampare e rilegare sul momento, con copertina e tutto il resto. Niente enormi magazzini, niente rese, niente maceri. I costi dei macchinari potrebbero essere ripartiti tra editori, stato e librerie (che ci metterebbero di nuovo finalmente la competenza). Troppo utopistico?

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  10. Non lo so. Io so solo che la prima cosa che faccio quando entro in una libreria è annusare. L'odore (anzi il profumo) della carta. Poi guardo cosa c'è.
    I libri "odorano".
    Ed è anche questo il bello.
    Superbianchi

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  11. Mi piacciono i libri, ma soprattutto quello che c'e' scritto. Leggo sia su carta sia su e-reader, e su quest'ultimo soprattutto i classici, ma anche saggistica e narrativa contemporanea; sono centinaia i libri che ho letto solo una volta ed ora sonnecchiano nella polvere e nell'umidita' della libreria di casa: sarebbe stato meglio averli in formato digitale. Attendo con impazienza l'e-book didattico per mio figlio che attualmente e' costretto a portare a scuola uno zaino di otto chili, nella totale indifferenza del corpo insegnante.

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  12. @D.: non avevo pensato anche all'aspetto del negozio. Sotto questo aspetto c'è già una differenza abissale tra una libreria tradizionale e una su Internet. Soprattutto se la libreria tradizionale è una piccolo negozio che frequenti abitualmente, in cui dunque ti dai del tu col libraio e ci scambi quattro chiacchiere di libri ogni volta che ci vai. Infatti non vedo perché anche i piccoli librai non possano vendere anch'essi e-book, copiandoteli direttamente sul tuo e-reader. Basterebbe che tenessero un computer in negozio. Ma sembra che questo canale sia (almeno per ora) completamente ignorato.

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  13. @Tullix: non so... in realtà non confido molto alla "stampa on demand". Anzi, per quello che posso vedere, la "stampa on demand", almeno per come la stiamo vedendo ora, sta facendo grossi danni alla cultura con siti come Ilmiolibro.it. La versione di cui parli tu è più funzionale e suggestiva. Ma non credo che un cliente sarebbe disposto ad aspettare i tempi di stampa e di rilegatura del libro. E poi temo che il costo dei macchinari sarebbe difficilmente sostenibile da un singolo soggetto, come pure nella ripartizione che suggerisci. Secondo me ha invece molto senso farla solo per gli editori, che possono dunque fare piccolissime tirature in base alla richiesta mantenendo contenuti i costi ed evitando lo spreco (e il rischio) dell'invenduto.

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  14. @Anonimo (Superbianchi): a parte le librerie antiquarie su cui potrei darti ragione, per il resto la faccenda dell'odore (secondo me) è solo un'autosuggestione (letteraria?).

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  15. @Francesca: mi piacciono le opinioni come la tua su questo argomento, disincantate, pragmatiche, per certi versi controcorrente e per questo anche coraggiose. Mi piacciono perché sono un inno alla purezza del contenuto del libro, slegato (finalmente?) dalle sue interfacce, belle sì, ma comunque accessorie. Che possono valere qualcosa, certo, ma che di fatto contano poco o nulla rispetto a quello che la narrazione può e deve trasmettere. Grazie! :-)

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  16. @Il grande marziano: Ho fatto la prova, ho aperto un libro e ci ho messo dentro il naso: profumava di carta. Poi ho avvicinato il naso al computer: non ho sentito nulla. Per cui confermo: i libri "odorano".
    Questo non vuol dire che un'alternativa non possa o non debba esserci, ma solo che a me il libro piace così com'è!
    Superbianchi

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  17. @Anonimo (Superbianchi): non ho mai detto che i libri non odorano. In effetti nelle librerie "normali" di odori non se ne sentono, a meno di non mettere il naso dentro ai singoli libri come hai detto di avere fatto. Del resto facilmente tutto ciò che ha una qualche natura biologica ha odore. Ma questo non implica necessariamente un giudizio estetico. La tua associazione odorelibro=piacerelibro nasce da una sovrastruttura culturale (ma questo forse vale per qualsiasi cosa). Ciò non sminuisce comunque la legittimità della tua preferenza, s'intende.

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