Punti di vista da un altro pianeta

martedì 14 settembre 2010

Un marziano a Berlino (2 di 2)

D'accordo, il soggiorno berlinese è stato un po' movimentato. Del resto non è stato proprio un toccasana per l'umore neppure il non ritrovare l'automobile dove l'avevo lasciata la mattina. Ho impiegato un quarto d'ora, nemmeno poi tanto in fondo, a scoprire che nel pomeriggio era stata prelevata dalla solerte Polizei e portata altrove. Mi è stato poi spiegato alla Stazione di Polizia - se ho ben capito lo stentatissimo inglese della figlia di Derrick - che in Germania non è obbligatorio segnalare in alcun modo i Passi Carrabili (tranne per il lieve abbassamento del marciapiede, s'intende), anche quando si riferiscano, come nel caso capitato a me, a normalissimi portoni per i quali a nessun essere pensante verrebbe da immaginare la presenza di un accesso veicolare di qualche tipo, e ho capito così che i tedeschi sono talmente ligi alle regole, che non hanno bisogno nemmeno delle regole stesse. È chiaro che sommando piccoli e grandi disagi e disavventure assortite, si può pensare che abbia raggiunto una massa critica tale da avermi ostacolato il godimento della città. Ma tornato sul mio pianeta, a distanza di giorni e con l'umore di nuovo rientrato nei ranghi, mi sarei aspettato una specie di riconciliazione con la città. E invece no. Quel vago senso di "separazione" è rimasto.

Eppure la mia conoscenza e la mia cultura sono tornate da Berlino accresciute. E dunque anche la mia visione del (vostro) mondo e, più in generale, la mia esperienza. Per cui senza dubbio oggi mi sento un individuo migliore. Nonostante ciò, non percepisco quel tipico sentimento post-vacanziero che è la nostalgia, il bisogno, l'impulso a volerci ritornare perché non ho visto tutto quello che volevo vedere e non ho fatto tutto quello che volevo fare. Nondimeno a Berlino ho visitato un sacco di posti assai stimolanti. Il Museo della Storia Tedesca, il Museo della DDR, il Museo del Muro, ho visto la Fernsehturm e Alexanderplatz, quel che resta di Checkpoint Charlie, gli avanzi del Muro e i viali immensi di Karl-Marx-Allee, le tipica urbanità granitiche di Berlino Est, e il look patinato di Berlino Ovest. Ed è ripercorrendo idealmente quello che ho visto e ho provato, che riesco finalmente a collegare punti distanti tra loro, e intuire così quel vago disegno di fondo, quella filigrana quasi invisibile, che mi spiega dove stavo sbagliando.

Non è indifferenza quella di Berlino. Non è sufficienza. Non è incompatibilità. È la reazione alla manifestazione di un dolore. Perché Berlino è una città ferita e la ferita ha la forma dei segni di un muro sull'asfalto. Una città che ancora oggi porta i segni di quasi un secolo di tormenti, di conflitti, di follie, di famiglie divise, di sogni spezzati. E molti di questi possono essere testimoniati non da pochi reduci ultraottantenni che si riuniscono una volta l'anno, ma dalla gente che incontri tutti giorni in metropolitana. Tutto questo, insomma, è recente e lo si vede dietro gli occhi delle persone che l'hanno vissuto. E allora stringe il cuore vedere la comparsa del soldato della DDR che, per qualche spicciolo, timbra veri visti su finti passaporti a beneficio del solito gregge di turisti belanti. Lui lo fa per sbarcare il lunario o pagarcisi qualche libro all'università. Lui, che magari è nato il giorno in cui il Muro è crollato, e suo papà e sua mamma quelle cose le hanno vissute sul serio. Come suo nonno, che ha visto le svastiche sventolare, e magari le aste di quelle bandiere le ha tenute in mano pure lui. È vero, è incomunicabilità, quella che ho sentito. L'incomunicabilità dell'angoscia, il rispetto muto e silenzioso per essa, il desiderio di leccarsi le ferite in disparte, l'isolamento del senso di colpa. È la difficoltà di incontrare e quindi di comprendere una città che ha vissuto - così di recente - qualcosa che non puoi veramente capire, se non ti sei distrutto le mani per cercare di buttare giù almeno un pezzo, anche piccolo, di quel maledetto Muro.

/continua

11 commenti:

  1. Hai ragione, non ci avevo pensato alle tracce così recenti di quel terrificante muro. E dire che "il Muro di Berlino" è un'espressione che ognuno di noi avrà usato e sentito migliaia di volte. Forse, da parte mia, un episodio di rimozione psicologica?

    Quanto alla tua dissavventura, mi spiace tanto che sia capitata proprio al mio amico marziano e non a qualche italiota maleducato abituato a fare il bello e il cattivo tempo (anzi, il cattivo e il pessimo) col suo Suv del cazzo.
    Io provo un'ammirazione infinita per popoli così civili e ligi alle regole di convivenza da non aver bisogno di troppi segnali (o di qualcuno che gli spieghi, ad esempio, che non si sputano le gomme masticate per terra...)
    Da noi, per non far parcheggiare sui marciapiedi o davanti ai portoni devi scriverci Campo Minato. Ma ci parcheggiano lo stesso...

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  2. Vedo che sei un estimatore di Wenders... :-) E' anche vero che se io penso a Berlino vengo catapultata tempo zero in un'atmosfera da noire anni settanta, con Humprey Bogart che passeggia per strade grige e fumose, di notte, grigio e fumoso anche lui, con tanto cemento umido e zero colonna sonora di sottofondo...Solo il rumore dei suoi passi e forse hai ragione tu. Non riesco a immaginarmela altrimenti perchè i grigi del passato incombono anche sul presente e mi impediscono di dare un colore a una città corrosa dai suoi stessi ricordi...

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  3. @Zio Scriba: non so se è rimozione. So che certe cose finché non le vedi e non le tocchi con mano, per quanto tu le abbia sentite ripetere, non acquistano i connotati della realtà. Con tutto quello che ne consegue.

    Quanto alla disavventura, ormai l'ho digerita e la chiamo "esperienza", ancorché fatta alle undici di sera, dopo una massacrante giornata da turista-fai-da-te. In Italia c'è bisogno di escogitare tutte le sfumature del vietato, ovvero: "vietato", "severamente vietato", "assolutamente vietato". E poi mettere per strada sagome di vigili finti...

    @Vaniglia: se sei bello riposato (!), Wenders rivela sempre la sua grandezza. Ricordo di aver seguito incollato allo schermo "Fino alla fine del mondo". Bogart per me invece è Casablanca. Infine, sarò banale, ma per il noir ho bisogno di una città americana.

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  4. dear marz) secondo me hai guardato berlino da un solo punto di vista. il muro è solo una parte. ;-) evidentemente non avevi la guida giusta!

    love, mod

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  5. Concordo sul fenomeno della rimozione... Fenomeno che può essere ricollegato anche ai post sul campo di concentramento di Dachau... Una cosa è "per sentito dire" e una cosa è "vedere con i propri occhi", non c'è paragone.

    Turista fai da te? No Alpitour? ahiahiahiahiaiiii.

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  6. @mod: è vero, può darsi che mi sia lasciato "suggestionare" da un solo aspetto di Berlino, quello forse più appariscente, quello che Berlino mi ha fatto emergere dentro da un soggiorno di soli tre giorni. Ma credo sia più una questione di tempo, che di guida. La guida in effetti non è che l'ho usata granché. Diciamo che le mie sensazioni sono emerse anche dal confronto con analoghe esperienze (brevi e senza guide) vissute in altre grandi città europee. Da questo punto di vista, di certo Berlino è "diversa". E io ho cercato di capire dove sta questa "diversità".

    @Il rospo dalla bocca larga: No Alpitour, Phobos Tour.

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  7. Il rischio di aver scelto male, di aver visitato solo 'qualcosa' e non il 'tutto' dev'essere corso. Mi è capitato molte volte. Ma mi piace aver negli occhi, sulla lingua e nella testa 'una' immagine, 'un' vicolo… la mia vita è fatta di dettagli, di fotogrammi impressi. Mi piace questo 'post'… per me 'pre'!

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  8. @petrolio: certo, come dicevo a mod, quel rischio lo si corre nel momento in cui non si ha molto tempo a disposizione. E in tre giorni sono consapevole che ci sono moltissime cose che non ho visto/fatto. Però molto spesso, da viaggiatori, ci troviamo a visitare le città in questo modo un po' mordi-e-fuggi. So bene che un conto è "vivere" la città, altro è "visitarla". Ciononostante Berlino mi ha suscitato sensazioni molto diverse rispetto a Parigi o Londra (Roma non la conto), tanto per citare altre grandi città europee.

    Per questo penso che ci sia stato qualcosa che è andato comunque oltre il tempo trascorso là, e le scelte fatte. Una sensazione - magari anche superficiale o primordiale - che Berlino dà.

    O forse sono io che sono "diverso" e ho cambiato la mia sensibilità, rispetto a com'ero quando ho visitato altre città.

    Magari (più probabilmente) entrambe le cose.

    Grazie dell'apprezzamento. :-)

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  9. Comunque, sia il tuo é un contributo importante a cercare di capire. Berlino, più ancora della Germania, in un secolo scarso ha vissuto, come é noto, pagine esaltanti per la cultura e l'arte e e tragedie inenarrabili. Ogni spezzone aggiuntivo di conoscenza, a mio modesto avviso, risulta, pertano, prezioso.

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  10. @Adriano Maini: vero Adriano, e ti ringrazio di averlo sottolineato. Non è solo nel Muro, infatti, che risiede il nocciolo della questione (anche se quell'aspetto è il più recente e tangibile), bensì è l'intera storia berlinese degli ultimi cento anni a essere travagliata e dolorosa. E si sa che i tempi di sofferenza sono sempre molto stimolanti per l'arte e la cultura.

    Credo sia proprio questo, in senso lato, ad avermi fatto sentire Berlino diversa dalle altre grandi città europee. Poi è chiaro che, in un certo senso, è come se il Muro e la sua storia fosse diventato la rappresentazione distillata di questo dolore e travaglio secolari.

    Grazie della visita e del supporto.

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