Punti di vista da un altro pianeta

venerdì 13 luglio 2012

Una volta, qui, era tutta città

Ci fu un'epoca, non molto tempo addietro, in cui si assistette a una specie di migrazione di massa: dalle campagne alle città. Perché la città era una terra promessa, la città era una cornucopia delle possibilità, foriera di ricchezze, di comodità e di cose mai viste. La città era un orizzonte di modernità e progresso. E modernità e progresso erano l'industria. L'industria era il lavoro. Il lavoro era la crescita. La crescita era la sicurezza. Andare in città significava (credere di) andare incontro al futuro con una speranza nuova, che era quasi una certezza, che quel futuro sarebbe stato meglio del passato, ovvero che i figli avrebbero potuto godere di una vita migliore di quella dei loro genitori. E la crescita è diventata la Crescita.

Per contro oggi sembra (proprio) che le cose non stiano più così. E per la prima volta da un secolo a questa parte, ma anche forse nell'intera storia dell'Uomo, quando in epoca pre-industriale alla meglio i figli stavano né più né meno come i loro genitori (epidemie e guerre e razzie a parte), i figli finiranno per stare peggio dei loro genitori. E se non accadrà ai figli, potete giurare che toccherà ai nipoti. Perché la Crescita è una bella favola con cui hanno voluto drogarci, essendo essa il carburante inebriante di un sistema (quello capitalista ultraliberista) che brucia la candela da due parti, una favola che non ha un lieto fine, non potendo essere protratta all'infinito per le semplici leggi della fisica, ma che come ogni favola ha una morale finale. E le morali fanno sempre male, perché ti sbattono in faccia i tuoi limiti.

Non credo dunque sia un caso che (proprio) adesso la città non abbia più tutta quell'attrazione di un tempo e che, complici le tecnologie informatiche che possono tenerci aggiornati e in contatto anche da posti decentrati, la campagna e con essa il paesaggio agrario (e il Festival che stiamo promuovendo in questi giorni è solo un piccolo esempio) stiano riconquistando in classifica posizioni che avevano perduto, catalizzando una lenta, ma significativa contromigrazione, che contribuisca a cercare di ripristinare quell'equilibrio con la Natura che il miraggio del progresso e della tecnologia (della Crescita) ci hanno fatto smarrire. Forse, per lo meno nel medio-lungo periodo, è l'unica àncora di salvezza cui possiamo sperare di aggrapparci.

/continua

6 commenti:

  1. La crescita è arrivata al massimo, ora c'è la fase di plateau e poi i sarà una lunga discesa. Noi siamo cresciuti come le colture batteriche a crescita esponenziale

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    1. Forse sembra un plateau, ma è già discesa. Il plateau in economia non esiste.

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  2. Ce ne stiamo rendendo conto noi, speriamo che i figli e i nipoti siano in grado di capirlo. Noi li abbiamo portati sul bordo di questo baratro, possiamo solo convincerli a fermarsi prima di precipitare, e avere la maturità di tornare indietro. Purtroppo questa maturità non sarà frutto dei nostri insegnamenti: se guardano a questi, il salto nel vuoto sarà inevitabile.
    E andare su Marte è impossibile, per i costi e per il poco tempo che ci resta.
    Ciao.

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    1. A dire il vero non mi pare che ce ne stiamo rendendo conto. Perlomeno lo stiamo facendo troppo in pochi. Normalmente l'uomo toglie la mano dal fuoco solo quando sente cominciare a bruciare. E quanto agli insegnamenti l'Uomo (e neanche sempre) impara solo dall'esperienza dei *propri* sbagli, non da quelli delle generazioni precedenti.

      Quanto a venire su Marte, in realtà costerebbe molto meno della gran quantità di soldi spesi in armamenti. E per arrivarci, nelle condizioni migliori, basterebbero solo sei mesi. E' la volontà che manca. E lasciami dire, per fortuna! ;-)

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